Non è esattamente una donna il cantante con cui vado a rispondere alla Fedora Barbieri di Aspasia, ma, visto che il signore in questione si è cimentato più e più volte in arie che sono appannaggio proprio del repertorio femminile, non sarà del tutto fuori luogo collocarlo in questa sede.
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lunedì 12 febbraio 2018
giovedì 23 novembre 2017
Per lui che adoro: Ascolti per Dmitri Hvorostovsky
Non so neanche da dove cominciare questo post, tanto più che non avrei mai creduto che l'ora di commemorare uno dei miei cantanti preferiti sarebbe arrivata così presto. Sarà ormai giunta anche a voi la notizia della dipartita del grande baritono russo Dmitri Hvorostovsky, scomparso ieri dopo una lunga malattia.
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lunedì 30 ottobre 2017
Cantami o diva: Titta Ruffo canta Verdi
Quando penso a Titta Ruffo, non riesco a immaginarmelo davvero come l'ennesimo mostro sacro di inizio Novecento, ovviamente dando a "mostro" un'accezione dispregiativa tale da far apparire blasfemo l'attributo. Anzi, al confronto di tutti i cantanti di cui mi sono occupata finora in questa rubrica, l'odierno baritono potrebbe dirsi il mio preferito... senza ironia, ma relativamente parlando, è chiaro.
venerdì 13 ottobre 2017
MTV: Rigoletto
Visto e considerato che ieri era il compleanno di una leggenda operistica... come dire... di un certo spessore nonché peso (Luciano Pavarotti), per l'appuntamento settimanale con la rubrica MTV, vi propongo visione e ascolto di un suo Rigoletto, dove il grande tenore modenese (nelle vesti del Duca di Mantova, manco a dirlo) è affiancato dal soprano Edita Gruberova (Gilda) e dal baritono Ingvar Wixell (Rigoletto).
BUON ASCOLTO!
lunedì 21 agosto 2017
Cantami o diva: Enrico Caruso canta Verdi
Alle volte il "salvare per i posteri" può ritorcersi contro a un cantante in morte quanto ciò aveva fatto la sua fortuna in vita. Il tenore napoletano Enrico Caruso è stato il primo cantante ad aver davvero beneficiato della nascente industria discografica, cosicché ancor oggi, a dispetto delle impervie difficoltà che la sua voce deve affrontare per librarsi al di sopra degli agghiaccianti disturbi che la limitata tecnologia del tempo ha saputo preservare quasi meglio che i suoni prodotti dall'umano strumento, noi possiamo bearci al calore delle sue note, nonostante esse sembrino provenire spesso e volentieri non da un palcoscenico o da una sala d'incisione, ma dai profondi, inquietanti meandri di una degradante friggitrice.
sabato 28 aprile 2012
Per lui che adoro: Riccioli d'oro 2, la vendetta
Voi pensavate che lo avessimo dimenticato...
e che fosse state un fuoco di paglia presto consumato.
Anche lui pensava che lo avessimo dimenticato...
e si era già rinfrancato.
Invece, dopo quasi un anno, noi gli siamo rimaste fedeli. Non siamo mica delle Arture Talbo che lo piantano per una regina qualsiasi!
Ne abbiamo parlato con devozione (dove trovate un altro che vi spara ben quattro Fa sovracuti in Credeasi misera, o, almeno, ci prova? Sono quelle prodezze che ripagano il biglietto, o, almeno, ci provano...).
Abbiamo pregato che passasse di nuovo in zona (e colgo l'occazione per lanciare l'appello: Amore, ritorna, le colline sono in fiore!).
Lo abbiamo ricordato con il sospiro svenevole d'ordinanza.
Abbiamo eretto il suo Rigoletto a memento per la vita (come dimenticare quei boccoli biondi, quelle calzettine di seta, quella giacca dorata?).
Io, personalmente, continuo a rimordermi la coscienza e a spargere d'amaro pianto perché la registrazione che immortalava il grande evento è andata perduta.
Ma certe emozioni non si cancellano dal cuore...
e neanche dal web, dove Aspasia ha rintracciato il prezioso reperto di cui in calce.
Avrete capito che sto parlando di Ivan Magrì, al secolo IL DIVO (sospiro svenevole).
Ma spezzati, cuor mio, di più non posso dire: la commozione ha sommerso il resto del mio discorso.
E forse, chissà, è meglio così. Vi potrete godere il nostro eroe senza essere rintronati da me.
Più che buon ascolto, vi auguro BUON DIVERTIMENTO!
martedì 27 marzo 2012
Una voce poco fa: Operazione "Meglio un gobbo oggi che un Duca domani" - Rigoletto (Trieste, 25/03/2012)
E' verità universalmente riconosciuta che le vostre diaboliche blogger odino Giuseppe Verdi. Ciò nonostante ci ostiniamo ad andare a teatro a vedere le sue opere perché (e anche qui vi sparo uno dei miei amati elenchi puntati):
Julia Novikova (Gilda), già nota per aver ricoperto questo stesso ruolo nel famoso Rigoletto televisivo con il Topone (alias Placido Domingo), mi ha sorpreso mettendo in mostra una voce più sonora e corposa di quanto mi aspettassi (intendiamoci, il volume non è torrenziale, si tratta pur sempre di un soprano leggero, ma dall'ascolto televisivo me l'ero immaginata più leggera, soprattutto nel registro centrale). Il timbro non è particolarmente prezioso, un filino "vetrosa" per le mie orecchie, ma la voce è estesa e sostanzialmente ben emessa, inoltre ha cercato una via interpretativa tradizionale ma accurata mediante l'uso della mezzavoce (anche se, ho rilevato qualche errore di intonazione, soprattutto nei pianissimi). Unica delusione il mi bemolle della Vendetta: intonato ma piccolo piccolo. Nel complesso un'interpretazione più che riuscita che il pubblico ha dimostrato di gradire.
- i teatri lo inseriscono costantemente e abbondantemente (leggasi TROPPO) nelle loro stagioni
- andare a teatro ci piace a prescindere
- magari c'è qualcuno bravo che canta
- magari c'è qualcuno che produce delle perle nere (nel caso dell'opere del bussetano, è la circostanza che più auspichiamo).
Incoraggiate da un cast piuttosto interessante, ci siamo recate in quel di Trieste cariche di speranze :). Vi anticipo fin d'ora che, in sostanza, siamo uscite da teatro abbastanza soddisfatte.
I protagonisti della serata sono stati:
- Luca Salsi - Rigoletto
- Francesco Meli - Il duca di Mantova
- Julia Novikova - Gilda
- Michail Ryssov- Sparafucile
- Francesca Franci - Maddalena
- Nicolò Ceriani - Il conte di Monterone
- Angelo Nardinocchi - Marullo
- Mario Bolognesi - Matteo Borsa
- Giuliano Pelizon - Il conte di Ceprano
- Marca Calcaterra - La contessa di Ceprano
- Loredana Pellizzari - Il paggio della duchessa
- Ivo Federico - Usciere del conte
- Corrado Rovaris - Direttore
- Michele Mirabella - Regista
Si parte un pò in sordina con un ouverture un tantino insipida. Per il resto della recita la direzione è andata a fasi alterne. Alcuni momenti molto precisi e incisivi, altri meno (ad esempio un "Sì, vendetta" troppo veloce, per i miei gusti) e qualche fiato lasciato intervenire con eccessiva veemenza.

Magnifico il Rigoletto (e, se non sbaglio, si trattava di un debutto) di Luca Salsi. Voce sonora, estesa e di bel colore, fraseggio intenso (penso soprattutto a Cortigiani, vil razza dannata e nel duetto finale con Gilda) ed elegante, non cede mai ad effettacci che spesso si sentono dagli interpreti del buffone. Di gran lunga (per me, ma anche per il pubblico in sala) il trionfatore della serata. Spero di poterlo risentire prossimamente anche in altri ruoli.
Francesco Meli (Duca di Mantova), forse il componente più celebre del cast, si è comportato esattamente come avevo previsto. Premetto che non amo particolarmente il tenore genovese, ma di certo non al punto di non riconoscerne le qualità. Uno dei motivi per cui è particolarmente ammirato è il timbro. A me, onestamente, non piace affatto, ma è un rilievo del tutto soggettivo. Nonostante il fatto che la parte, dal punto di vista vocale, sia decisamente adatta a lui, a mio avviso il personaggio non viene reso in modo corretto. Nei momenti in cui il libertino dovrebbe uscire in tutta la sua spavalderia (soprattutto Questa o quella, La donna è mobile e Bella figlia dell'amore) il personaggio non è convincente. L'esecuzione vocale è corretta, ma manca la sfrontatezza, manca l'arroganza del nobile che passa impunemente da una fanciulla all'altra. Molto meglio nel secondo atto, dove la scrittura e le tematiche affrontate, soprattutto in Parmi veder le lagrime, sono più vicine al temperamento di Meli, anche se, dal mio punto di vista, l'interprete è sempre un pò lezioso, più attendo ad emettere dei bei suoni che a cercare il giusto accento per dare vita e spessore al personaggio. Da rilevare, inoltre, qualche acuto non perfettamente a fuoco (ad esempio la chiusa de La donna è mobile, il si è preso bene, ma in chiusa si strozza un po'), qualche presa di fiato di troppo e delle note in piano che hanno deragliato verso il falsetto.
Positiva la Maddalena di Francesca Franci. Fortunatamente non è stata il solito incrocio tra un trans e un orco che troppo spesso ci ritroviamo in questo ruolo. La Franci è stata puntuale nei suoi interventi, mettendo in mostra un piacevole timbro mezzosopranile.
Molto bravo Michail Ryssov nei panni di Sparafucile. Forse il timbro è un tantino chiaro per i miei gusti, ma le note ci sono tutte e l'interprete è stato più accurato di quanto di solito sentiamo per questo ruolo, risolto di solito con accenti truci ed emissione lasciata allo stato brado.
Piuttosto incerto e fisso in acuto il Monterone di Nicolò Ceriani. Non mi è piaciuto il Paggio dall'emissione stridula di Loredana Pellizzari, mentre mi hanno convinto Ivo Federico (Usciere di corte), Annika Kaschenz (Giovanna), Marta Calcaterra (Contessa di Ceprano), Angelo Nardinocchi (Marullo), Giuliano Pelizon (Conte di Ceprano) e Mario Bolognesi (Borsa).
Molto buona la prestazione del coro, tornato in grande forma. Compatto e preciso, si è fatto davvero onore.
L'allestimento, che avevo già visto nel 2006 (anche se, questa volta, la regia è stata curata da Michele Mirabella) si rifà a quella tradizione "decorativa" che tanto amo. Esattamente quello che ci si aspetta di vedere in un Rigoletto. Costumi d'epoca, scene eleganti e funzionali (anche se l'abbozzo del ritratto del duca non si poteva vedere...), cantanti "lasciati cantare" in pace. Niente colpi di scena (come se non ci bastassero quelli che Piave ha pensato)? Niente simbologie? Niente riferimenti all'attualità? A me non sono affatto mancati. Sarei estremamente felice di poter vedere più spesso altre produzioni così "semplicemente belle" in cui i veri protagonisti sono la musica e il libretto, non le idee strampalate del regista!
Una piccola nota finale. Il pubblico. I presenti hanno dimostrato di gradire lo spettacolo. Grande successo per i tre protagonisti (Salsi su tutti) e per l'ottimo Sparafucile, giustamente festeggiato. devo dire che mi ha preoccupato notare che, per una domenicale pomeridiana, con un primo cast di livello internazionale, il teatro non fosse gremito. In loggione, dove io mi trovavo, i posti erano quasi tutti occupati, salvo quelli di solo ascolto. Stesso discorso per la seconda galleria. Ma è nei palchi e in platea ce si notavano vuoti importanti. Trattandosi di Rigoletto mi sarei aspettata ben altra folla. Interpreto questo come un segnale di disaffezione da parte del pubblico nei confronti del teatro. Certo, i rimescolamenti dei torni di abbonamento e i cambi di tariffe hanno infastidito non pochi (me compresa) e le ferrovie di certo non incentivano chi non ha voglia di guidare fino a Trieste, ma credevo che il titolo e i nomi presenti avrebbero comunque attratto più pubblico, anche di triestini, che non avevano il problema dello spostamento ferroviario.
Un peccato.
Positiva la Maddalena di Francesca Franci. Fortunatamente non è stata il solito incrocio tra un trans e un orco che troppo spesso ci ritroviamo in questo ruolo. La Franci è stata puntuale nei suoi interventi, mettendo in mostra un piacevole timbro mezzosopranile.
Molto bravo Michail Ryssov nei panni di Sparafucile. Forse il timbro è un tantino chiaro per i miei gusti, ma le note ci sono tutte e l'interprete è stato più accurato di quanto di solito sentiamo per questo ruolo, risolto di solito con accenti truci ed emissione lasciata allo stato brado.
Piuttosto incerto e fisso in acuto il Monterone di Nicolò Ceriani. Non mi è piaciuto il Paggio dall'emissione stridula di Loredana Pellizzari, mentre mi hanno convinto Ivo Federico (Usciere di corte), Annika Kaschenz (Giovanna), Marta Calcaterra (Contessa di Ceprano), Angelo Nardinocchi (Marullo), Giuliano Pelizon (Conte di Ceprano) e Mario Bolognesi (Borsa).
Molto buona la prestazione del coro, tornato in grande forma. Compatto e preciso, si è fatto davvero onore.
L'allestimento, che avevo già visto nel 2006 (anche se, questa volta, la regia è stata curata da Michele Mirabella) si rifà a quella tradizione "decorativa" che tanto amo. Esattamente quello che ci si aspetta di vedere in un Rigoletto. Costumi d'epoca, scene eleganti e funzionali (anche se l'abbozzo del ritratto del duca non si poteva vedere...), cantanti "lasciati cantare" in pace. Niente colpi di scena (come se non ci bastassero quelli che Piave ha pensato)? Niente simbologie? Niente riferimenti all'attualità? A me non sono affatto mancati. Sarei estremamente felice di poter vedere più spesso altre produzioni così "semplicemente belle" in cui i veri protagonisti sono la musica e il libretto, non le idee strampalate del regista!
Una piccola nota finale. Il pubblico. I presenti hanno dimostrato di gradire lo spettacolo. Grande successo per i tre protagonisti (Salsi su tutti) e per l'ottimo Sparafucile, giustamente festeggiato. devo dire che mi ha preoccupato notare che, per una domenicale pomeridiana, con un primo cast di livello internazionale, il teatro non fosse gremito. In loggione, dove io mi trovavo, i posti erano quasi tutti occupati, salvo quelli di solo ascolto. Stesso discorso per la seconda galleria. Ma è nei palchi e in platea ce si notavano vuoti importanti. Trattandosi di Rigoletto mi sarei aspettata ben altra folla. Interpreto questo come un segnale di disaffezione da parte del pubblico nei confronti del teatro. Certo, i rimescolamenti dei torni di abbonamento e i cambi di tariffe hanno infastidito non pochi (me compresa) e le ferrovie di certo non incentivano chi non ha voglia di guidare fino a Trieste, ma credevo che il titolo e i nomi presenti avrebbero comunque attratto più pubblico, anche di triestini, che non avevano il problema dello spostamento ferroviario.
Un peccato.
venerdì 16 settembre 2011
Una voce poco fa: Ceci n’est pas une opera seria! Cronache di una commedia annunciata. Rigoletto (Gorizia, 25 Luglio 2011)

Dopo la citazione da un celebre quadro di Magritte, mi corre l’obbligo di fare una precisazione.
Noi D E T E S T I A M O Magritte.
E O D I A M O Verdi.
(In effetti, è più breve l’elenco delle personalità che ci piacciono.)
Perché diavolo siete andate a vedere Rigoletto, allora? obietterete.
Beh, perché si va a vedere Rigoletto?
Per ridere!
Immagino lo sgomento di Piave davanti a questa sfacciata affermazione. Probabilmente, dopo averne ammazzati tanti nei suoi briosi libretti, quel povero poeta si sarebbe buttato lui stesso giù da un ponte, disperato e afflitto, chiedendosi dove avesse sbagliato.
Gettiamo immediatamente il salvagente al povero Piave: lui non ha colpa. La colpa è del Divo (sospiro svenevole) e di quasi tutti coloro che gli hanno fatto dorata aureola in quella goliardica sera. Nomiamoli uno per uno, anzitutto:
Il duca di Mantova Ivan Magrì (il Divo)
Rigoletto Vasile Chisiu
Gilda Linda Kazani
Sparafucile Abramo Rosalen
Maddalena/Contessa di Ceprano Silvia Pasini
Giovanna/Paggio della duchessa Valentina Volpe
Il conte di Monterone Claudio Mattioli
Il conte di Ceprano Giovanni Alberico Spiazzi
Marullo Florin Cristian Simionca
Borsa Lee Do Geol
Coro e Orchestra della Società Filarmonica
Maestro del coro Giuliano Fabbro (onore e gloria, dato che il coro è stata una delle cose migliori)
Direttore Giampaolo Zennaro
Ora che abbiamo tributato i meritati allori ai protagonisti (non sia mai che il Divo si offenda), passiamo, com’è consuetudine, a me e Aspasia, che rivendichiamo sempre e comunque il nostro angolino, forti del fatto che senza melomani non esisterebbe l’opera e che pertanto, paradossale ma vero, le protagoniste siamo noi (anche perché, cari divi, sareste disoccupati se le platee fossero vuote).
Abbiamo conosciuto il Divo grazie alla Barcaccia, breviario di ogni melomane, dove quest’anno l’eroe ha trionfato per uno stock di esilaranti Fa sovracuti nel contesto di un infelice Credeasi misera, guadagnandosi una figura barbina di proporzioni ecumeniche. È risultato, grazie a questa performance, vincitore nella categoria “Perle nere” che, per chi non segue il programma, è la rubrica dedicata al meglio del peggio dell’opera.
Da quel momento, è rimasto nei cuoricini mio e di Aspasia come uno dei cantanti che ha più suscitato il nostro ludibrio, anzi, Ludibrio. Appena abbiamo visto affisso in strada il cartellone del Rigoletto, dopo la battuta d’uopo «Ma non c’è un altro compositore, a parte Verdi?» (risposta: «No»), siamo partite in quarta in cerca dei biglietti con insolita impazienza: avevamo letto il caro nome! Dovevamo ASSOLUTAMENTE gustare questo prodigio dal vivo!
Non credo che abbiamo mai atteso tanto un’opera di Verdi: fin dalla mattina del giorno X, fremevamo di impazienza, pregando ardentemente che non si scatenassero gli elementi (in quei giorni, nelle nostre zone il tempo era particolarmente instabile e, giusto ben per stare sedute tre ore nell’aperta piazza, abbastanza freddino) e che il Divo mantenesse tutte le promesse con cui ci aveva lusingate.
Interludio. RIGOLETTO. Un nome, una garanzia, direte.
ILLUSI!
Io e Aspasia abbiamo storpiato questo nome in mille maniere: in principio era Topoletto o Grigoletto in memoria della produzione andata in onda sulla RAI l’anno scorso (e noi sosteniamo che Grigoletto suoni meglio del nome originale perché quella “G” all’inizio dà una maggior spinta alla pronuncia. Quanto a Topoletto, è una storpiatura dalla Barcaccia, dove Domingo viene sempre chiamato Topone), poi è diventato Rigolato, dal nome di un paese della Carnia, poi Ridoletto, per evidenti ragioni di berlina; infine, per influsso delle precedenti, Grigolato.
Ci siamo un po’ lasciate prendere la mano, sì...
Gorizia, Piazza Vittoria, ore 21.15. Le primedonne, cioè noi, avevano i posti in quarta fila e ingannavano il tempo passando in rassegna le varie ed eventuali sciagure, sempre di “barcacciana” memoria, che sarebbero potute occorrere durante lo spettacolo: dal mitico capitombolo su “pensieeeer” del povero Gedda (non a caso sigla delle Perle) a un altrettanto considerevole Bella figlia dell’amore, in cui il contralto attaccava con una strofa d’anticipo...
Dopo il trascurabile, cupo preludio (che forse è stato l’unico momento di pretesa serietà, ma anche no, perché l’orchestra era quello che era...), si inizia subito con le meraviglie: il Divo (sospiro svenevole) si presenta sul palcoscenico con un completino color oro, graziose calzettine di seta dello stesso colore, in perfetta tinta con la dorata chioma (Erano i capei d’oro al Divo sparsi).
Aspasia, impugnato il binocolo, l’ha subito puntato come un mastino, emergendo dalla sua inquisizione a metà fra il ridanciano e il perplesso «Rossetto alla ciliegia, eye-liner, matita e ombretto azzurro».
Ci siamo guardate per un attimo, in profonda crisi.
«È più truccato di me!» ha protestato Aspasia.
Questo significa solo una cosa: non è Divo.
È D I V I S S I M O! (doppio sospiro svenevole, quando ci vuole ci vuole)
RISATAZZA.
Intanto, il Divo parte con la prima aria, Questa o quella, con cui si presenta per quello che è (una dis-Grazia), ma non ancora fischiabile per imperdonabili errori. Poco male, ci sono ancora due arie, il duetto con Gilda, il quartetto del terzo atto... Occasioni per rifarsi abbondano, tanto più che la direzione spiccatamente bandistica e l’orchestra scalcinata contribuiranno in maniera non irrilevante.
Arriva Rigoletto... Mio Dio! Quest’uomo (che Aspasia ha poi scoperto essere assoldato per lo stesso ruolo nientemeno che alla SCALA! Che sento? Orrore!) è stato il degno compare del suo Duca, cioè ha contribuito notevolmente a rallegrare l’aspetto plumbeo dell’opera. Non un accento che ricordasse al pubblico che Rigoletto è un personaggio sardonico e maligno! Eravamo a livelli di farsa di bassa lega. E non solo l’interpretazione faceva acqua (altroché! stavamo affondando!), ma anche la tecnica e la pronuncia erano abbastanza empiriche!
Niente, comunque, in confronto al disastroso Monterone: sembrava dovesse lasciarci le penne fin da “Ch’io gli parli”, per le difficoltà percebilissime e la voce ingolata.
Una rivelazione positiva è stata invece Sparafucile (N.d.A.rmida: personaggio che dà il nome a un circolo di pesca nei pressi di Mantova. L'Autrice ringrazia Aspasia per la cortese informazione) che, con buona pace di divi e primedonne, è stato l’unica nota positiva della serata. Voce di bel timbro e sicura, ottima interpretazione. Ha letteralmente sopraffatto Rigoletto nel duetto del primo atto (e nell’ultimo, è stato l’unico a uscire indenne dal terzetto con Maddalena e Gilda).
Veniamo ora a Gilda, da Aspasia efficacemente definita “una zanzara”, giusto per darvi il polso della situazione. Ci siamo chieste quanto effettivamente l’avremmo sentita senza l’amplificazione, necessaria dato lo spazio aperto: il registro grave era quasi inudibile già così. A parte il fastidioso ronzio, la sua interpretazione niente affatto esaltante (anziché una creatura angelicata sembrava di avere a che fare con una contadinotta, aiutata in questo da un riprovevole costume marrone...).
Ah dunque amiamoci: qui il Divo ha avuto il suo primo momento di fulgore, visto che si è allegramente perso a metà della cadenza, ed è stata una piacevole gara a “chi canta peggio” col soprano.
Caro nome: lasciamo da parte Gilda, paradossalmente irrilevante, se non per quell’accidente di Mi bemolle alla fine, che rovina sempre il contesto. Qui, il protagonista era un altro, uno di quelli che dovrebbe stare in sordina, nascosto nei meandri cupi e bui delle quinte o segregato in qualche angolo ribassato ai lati del palco: il SUGGERITORE. Quest’individuo sconosciuto e inquietante, senza volto e senza nome, ha deciso di vendicare la sua ingrata professione e i suoi frustrati predecessori facendo sketch da questo momento alla fine.
«G-U-A-L-T-I-E-R M-A-L-D-È... C-A-R-O N-O-M-E» ha scandito orgogliosamente l’importuno, successo bissato allorché il Divo, eclissato proprio all’acme della gloria, si è sentito gridare, bello scandito (altrimenti non vale) «L-A D-O-N-N-A È M-O-B-I-L-E!»
Probabilmente questo suggeritore deve avere avuto una qualche ruggine di non lieve entità col soprano e col tenore, perché altrimenti non si spiegherebbe il palese astio nei loro confronti: per suggerire addirittura l’inizio delle arie più famose, voleva a tutti costi far fare loro le figure dei cretini... e permettere a noi di sganasciarci...
Atto secondo: che ho sempre detestato perché la prima metà è dedicata a Rigoletto che impreca e la seconda a Gilda che piagnucola. PERÒ (un però compiaciutissimo, immaginatevi la mia faccina beata – abbellitemi anche un po’, vi prego!) PERÒ stavolta a esordire c’è LUI (sospiro svenevole): Parmi veder le lagrime, che già registra clamorose affinità con Come Paride vezzoso, stavolta è stato un autentico pezzo da opera buffa, ma i divi sanno piegarsi a questo ed altro per rivendicare l’attenzione del loro pubblico...
Avanti con l’atto noioso (in cui non mi sono distratta abbastanza da non notare che Cortigiani vil razza dannata voleva essere un allegro pezzo d’operetta e non la manifestazione del ferito amore paterno), fino alla riscossa: Sì vendetta, che nelle mani del direttore giusto diventa l’apogeo del bandistico... E noi, come da migliore tradizione verdiana, siamo precipitati in piena sagra... Ovviamente, ciò ha scatenato gli applausi del pubblico circostante, che non riesce a resistere quando lo si imbecca con musiche da osteria... Mah...
Atto terzo. Finalmente! Lo aspettavamo al varco!
La donna è mobile: se Parmi veder le lagrime lasciava presagire il peggio, questo ce l’ha confermato. Fin dall’attacco, l’orchestra è stata pronta ai nostri intimi desiri, partendo stonata.
«Adesso ci regala la Perla! Adesso ci regala la Perla!» tifavamo noi, col fiato sospeso, gli occhi accesi e scintillanti, neanche i tifosi allo stadio pregando per il goal...
LUI (sospiro svenevole) qui ha dato il meglio di sé, ha dato sfogo a tutti i suoi virtuosismi, terminando con un clamoroso “pensierrrrrrrrrrrrr” [sic! Peccato che l’audio sia andato in malora...] che ci ha fatto temere ce lo giocassimo prima di Gilda...
Così non è stato: il Divo deve sempre ricevere la quotidiana dose di applausi, che sono fioccati dopo un Bella figlia dell’amore in cui non c’era uno che se la cavasse bene, perché nemmeno Maddalena (che si è presa l’incomodo di portare in scena anche la Contessa di Ceprano) è stata all’altezza della situazione. Anzi, si è forse rivelata la peggiore della serata: brutta voce, in overdose di catarro, e, per di più, estremamente affaticata e sgraziata. Ricordava paurosamente l’impareggiabile Natalia De Andrade... Mi chiedo come sia riuscita a... ehm... “cantare”, si fa per dire, perché non c’era granché che meritasse questo appellativo...
In queste deplorevoli condizioni, agitati da due venti, siamo approdati al porto, con una “Maledizione” grottesca. C’era poco di meglio da aspettarsi, quando un interprete non ha coscienza del proprio personaggio...
Applausi, applausi, applausi... Le due befane dietro di me, in visibilio per il Divo (sospiro svenevole), si sono addirittura alzate in piedi per rendergli onore e hanno esclamato “In piedi anche voi!”, cioè io e Aspasia. Sgomenta, mi sono girata verso di loro. La mia occhiata deve averle fulminate: va bene ridere, va bene scherzare, ma queste due erano esaltate davvero! O tempora, o mores!
Un’ultima precisazione riguardo al Divo, che mi dispiace abbandonare così presto. Costui, oltre a scorrazzare su e giù per il palco, gongolante per il successo (fuori di sé per averla fatta franca ancora una volta, presumo...), ha anche preso per mano il direttore al posto della primadonna. Dove osano i tenori...
Scusatemi, devo precipitarmi, perché adesso c’è Verdi che vuole buttarsi giù dal famoso ponte...
Devo precipitarmi a dargli una spinta, intendo... :)
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