lunedì 30 ottobre 2017

Cantami o diva: Titta Ruffo canta Verdi

Quando penso a Titta Ruffo, non riesco a immaginarmelo davvero come l'ennesimo mostro sacro di inizio Novecento, ovviamente dando a "mostro" un'accezione dispregiativa tale da far apparire blasfemo l'attributo. Anzi, al confronto di tutti i cantanti di cui mi sono occupata finora in questa rubrica, l'odierno baritono potrebbe dirsi il mio preferito... senza ironia, ma relativamente parlando, è chiaro.




Nelle incisioni verdiane che vi propongo, fra cui spicca uno dei ruoli preferiti del nostro, quello di Rigoletto, è ancora possibile apprezzare alcune caratteristiche che giustificano - molto meglio e in modo molto più condivisibile rispetto ad altri cantanti dell'epoca - la fortuna di Ruffo. Nel quarto volume della Grande enciclopedia dell'opera lirica, si fa presente che "le sue interpretazioni verdiane, sebbene rese elettrizzanti dall'ampiezza del fraseggio e dall'intensità del suono, sembrano piuttosto carenti, riudite oggi in disco, di gioco chiaroscurale e poco rispettose dei segni dell'autore" e questo è assolutamente vero, come si può udire proprio in Rigoletto:



Ciononostante, prosegue l'Enciclopedia, "all'epoca in cui Ruffo operò, questa tendenza rappresentava anche una reazione a un certo miniaturismo baritonale che, impersonato da Mattia Battistini prima, quindi da Riccardo Stracciari, poteva apparire a una parte di pubblico prolisso e lezioso". Niente di veramente tragico e di veramente insopportabile, quindi, se si riesce a contestualizzare una certa "maniera" tenendo presente i tempi.
Del resto, dal primo Novecento non può certo pretendere troppo, anche se Ruffo si difende piuttosto bene grazie a "eccezionale potenza e squillo, specie nel registro acuto, grande estensione, omogeneità e compattezza di vibrazioni", tutte qualità che le registrazioni lasciano ancora intendere piuttosto bene, basti per questo sentire Di Provenza il mare, il suol:



Aggiungo come ultimo brano Credo in un dio crudel dall'Otello:



Avrete capito da questi piccoli assaggi che il vero problema qui non è Titta Ruffo, ma le ORCHESTRE. Avrete avuto modo di sentire anche voi come queste siano agghiaccianti (per quanto siano deplorevoli in tutte e tre le registrazioni, ringrazio il cielo di non aver ascoltato per la prima volta l'introduzione alla scena da Rigoletto da sola e al buio). In confronto a queste, anche un cantante meno "serio" di Ruffo sarebbe apparso come un'ancora di salvezza.
In conclusione, come ricorda il curatore della voce "Titta Ruffo" nell'Enciclopedia, il nostro era "uomo prestante, brioso, arguto, eccellente conversatore, straordinario imitatore di voci e di atteggiamenti". Per una volta, potrei azzardarmi a concludere sostenendo che sono davvero i migliori quelli che se ne vanno.

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