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venerdì 20 luglio 2018

sabato 8 dicembre 2012

Il grammofono: Lo Hobbit... ehm... Lohengrin

Apriamo con una nota di colore (perché oggi mi manca la fantasia e temo che questa recensione sarà noiosa come poche, quindi cercherò di essere breve... Chissà se ci riuscirò...):  a metà primo atto, la cara Armida mi ha spedito il seguente sms: "pensa che strano vedere un'opera in diretta sulla rai. Per quello nevica!" (aggiornamento meteo, Casa Aspasia e dintorni sono ricoperti da un soffice strato di neve fresca e non sembra che la nevicata dia segno di volersi fermare a breve: le magie dell'opera).



venerdì 9 dicembre 2011

Il grammofono: Don Giovanni o quello che era...

Oggi sono indiavolata come vuole il nostro titolo: son due giorni che rifletto su quella boiata che è stata la prima alla Scala di quest’anno e non riesco a trovare una definizione migliore che TRUFFA!
Già da un paio d’anni (dalla Carmen la cui regia era poco meglio di questa – più animata, per lo meno) il mio cavallo di battaglia è diventato: una volta non si entrava alla Scala se non ci si chiamava Maria Callas e adesso non ci entra se non ci si chiama Erwin Schrott. Riferimento non del tutto casuale visto che quest’anno ad inaugurare la stagione c’era sua moglie/amante/pubblica concubina (sono anni che ci chiediamo se Schrott e l’Annina Netrebko siano sposati o no. Un giorno, sospetto anche loro si chiederanno una volta per tutte se «Son tue cifre?»). Bando ai pettegolezzi, poiché del cast che ci hanno proposto salverei (ampiamente, aggiungo) solo il protagonista (cosa in cui il regista mi ha assecondata con una licenza clamorosa) e la Frittoli, sono piuttosto indignata per la scelta degli altri interpreti: non c’era nessuno di meglio? Un Masetto un po' più aggraziato? Un Commendatore distinto? Un Leporello che non sembrasse ubriaco (ma questo poveretto ha cantato con la Bartoli e non si esce immuni da esperienze del genere)? Una Zerlina che non facesse accapponare la pelle? Un don Ottavio con un minimo di coscienza? Una donna Anna che non cantasse dall’inizio alla fine come se masticasse chewing gum (stonando a piacere)?
Anche la direzione è stata al di sotto delle mie aspettative, con tempi da far invidia a una Ferrari, ma ho trovato esagerati i fischi rivolti alla fine a Baremboim, non fosse che per il fatto che sono stati più abbondanti per lui che per il regista, il vero delinquente. Suppongo che il povero Baremboim non ne potesse più neppure lui di questo scempio, perciò ha cercato di finirla il più alla svelta possibile.
Non sono abituata a fare paragoni fra produzioni, perché penso che ognuna dovrebbe essere presa in se stessa, che ognuna ha dei punti positivi e dei punti negativi. Tuttavia, il mio pensiero è andato con struggente malinconia alla prima del 1987: un innocuo Don Giovanni che seguiva pedissequamente (e gradevolissimamente) il libretto, con una donna Anna del calibro della Gruberova e Muti sul podio. In neanche venticinque anni siamo decaduti di brutto...
Anzitutto, questa storia del teatro nel teatro mi lascia alquanto perplessa: non è un’idea nuova e credo che ne abbiamo tutti le scatole piene... Almeno, se dobbiamo seguire la moda, seguiamola nel bene, non nel male. Tutto ciò che posso dire di questa regia è che è stata assolutamente triste e, per una che riverisce il compositore e il librettista prima di un qualunque regista pacchiano, sacrilega. Anzitutto, l’idea di considerare don Giovanni un innocente traviato è opinabile, soprattutto perché quest’innocenza si basa sull’assunto che le tre donne dell’opera, vipere insidiose, non lascino al protagonista altra scelta che agire come agisce. Vorrei sottolineare che, se lui non fosse andato a pestare loro la coda, non sarebbe accaduto niente e che la sua natura è chiaramente evidente dai recitativi con Leporello, un servo e perciò incapace di frenare il suo padrone, a cui oltretutto ammicca durante la mascherata con donna Elvira.
Esordio: un accattivante Leporello in tenuta dimessa si presenta sul retro di un teatro, come si nota dalla scena girata da comparse in tenuta da tecnici. Anziché imprecare contro i privilegi nobiliari che permettono al padrone di spassarsela, Leporello si sarebbe sentito più a suo agio criticando un sovrintendente.
Ovviamente, don Giovanni nel frattempo se ne sta a letto con donna Anna, che stavolta è più bendisposta delle precedenti. La Netrebko ha i capelli scuri arricciati in piega Marilyn Monroe e mi aspettavo che attaccasse da un momento all’altro Diamonds are a girl’s best friends (così forse avrebbe concluso qualcosa di buono?).
Il Commendatore arriva come un divo, infrachettato e con bastone da passeggio, e probabilmente si arrabbia con don Giovanni non perché stava seducendo sua figlia, ma perché adesso era costretto a sfidarlo e a rovinarsi una serata allegra.
Povera donna Elvira! Già nell’abominevole Don Giovanni di Trieste era entrata in impermeabile (copia esatta di quello che indossava la nostra professoressa di Greco quasi settantenne), ma quello manteneva una certa sobrietà. Questo propinato alla povera Frittoli era a quadretti. Si vede che donna Elvira aveva tanta fretta di inseguire don Giovanni da mettere la prima cosa che avesse trovato e precipitarsi fuori (infatti, toltasi il soprabito, rimane in sottoveste).
Ma in Ispagna son già mille e tre: il non picciol libro (attenzione, prego: non picciol, cioè in quarto, massimo in ottavo, e libro, oggetto di materiale cartaceo o pergameneaceo che si può agevolmente portare in una borsa) è diventato una gigantesca parete su cui le avventure amorose del don sono segnate con stanghette tagliate... Comodo, visto e considerato che questi due hanno girato mezza Europa.
Poi vengono Zerlina e Masetto, di bianco vestiti per appaiarli, così come donna Anna e don Ottavio sono in nero e donna Elvira e Leporello (nel secondo atto) sono in rosso. A parte questo richiamo, se mio marito lo sventurato giorno del nostro matrimonio si presentasse vestito di bianco credo che lo pianterei sull’altare. Ma è inutile cercare la creanza in un circo.
Alla fine del primo atto, tutti sono in rosso... Rosso passione, presumo. Belli i vestiti delle donne, che rimandavano quasi all’epoca dell’ambientazione originaria. Sbandamento di brevissima durata: per il finale, eccole riprendere le loro sottovesti chiare o scure.
Il secondo atto si apre con donna Elvira che sospira non da un normale balcone, ma da un pertugio nel sipario. Tutto il mondo è teatro, caro il mio Shakespeare... E infatti, dopo che la cameriera di donna Elvira a cui puntava don Giovanni è scesa da lui, i due si accomodano sul palco e seguono il resto dell’atto come spettatori (o meglio, visto che è don Giovanni a muovere la macchina, come un regista che si pasce dell’opera sua).
Il Commendatore è stato spedito a cantare da un cimitero al palco reale, con somma gioia delle due cariatidi che aveva ai fianchi, Monti e Napolitano. La domanda è: perché? Spieghiamo il regista la differenza fra palco reale e palcoscenico; ne avremo tutti dei vantaggi.
Con Aspasia, riflettevo su quanto fosse chic e al contempo strano, che un fantasma gironzoli in frac, ma lei mi ha fatto giustamente notare che alla prima alla Scala si va eleganti.
La cena. Niente orchestra sul palco, ingombrato da un’enorme tavola che raggiungeva le quinte. Visto che don Giovanni cenava solo soletto nel mezzo, il resto era tristemente vuoto... Finché non compare donna Elvira, improvvisata cubista, che balza sul tavolo e canta da lassù, tipo gli ubriachi in osteria. Olè!
Per non parlare del finale, drasticamente cambiato a favore di don Giovanni, che è l’unico che non precipita negli inferi! Non ci sono parole... E non ce ne sono perché non è il caso di spenderne per una stupidaggine che, discussa, assumerebbe maggior importanza di quella che ha. Meglio passarla sotto silenzio e avere pietà dei posteri, poiché dai registi noi non ne otterremo.

mercoledì 7 dicembre 2011

Il grammofono: L'occasione sprecata ossia Don Giovanni

Eccoci qui. L'evento tanto atteso (ma anche no...) si è consumato e adesso sono qui a tirare le somme con le immagini della serata ancora fresche nella mia mente. 
Partiamo dalla regia, così mi tolgo qualche sassolino dalle scarpe: E' ORA DI FINIRLA!!!
Non ne posso più di questi registi pseudo geniali che spadroneggiano nei teatri d'opera neanche fossero degli dei discesi in terra ad aprire gli occhi a noi poveri spettatori imbecilli e ad imporre le loro visioni (nella maggior parte dei casi) assurde dei melodrammi ai cantanti. BASTA! Se Carsen (e con lui moltissimi colleghi) è convinto del fatto che Da Ponte spieghi male la vicenda di Don Giovanni nel suo libretto, ne scriva uno nuovo e la smetta di manipolare quello esistente! Dov'è il rispetto per l'autore?! Dov'è il rispetto per una costruzione geniale (e il libretto del Don Giovanni, con buona pace dei cari registi, lo è) che per secoli ha affascinato centinaia di migliaia di spettatori?!  Trovo inammissibile che al giorno d'oggi, per capire quello che sta succedendo in scena, il pubblico sia costretto a leggere pagine e pagine del programma di sala in cui il regista spiega la sua visione, che a suo avviso dovrebbe essere chiarificatrice! Se ha bisogno di ulteriori spiegazioni non è chiarificatrice per niente! Spesso ci si barrica dietro alla scusa che "la musica di Mozart (o dell'autore di turno) vada da un altra parte". Ebbene, se all'epoca ha deciso di adottarlo, si vede che libretto gli andava bene così...
Non starò qui ad elencare le trovate, alle volte assurde, alle volte del tutto inutili, che si sono susseguite sulla scena, darei troppo immeritato spazio a questi moderni despoti teatrali che fanno solo del male a quest'arte.
Veniamo ora al canto.
Anche da questo punto di vista la serata non è stata delle più esaltanti.
L'attesissima Anna Netrebko si è comportata bene, ma non benissimo. La voce è splendida, ma quando sale perde il suo smalto, ogni tanto (in particolare nel primo atto) l'intonazione oscilla e le prese di fiato sono un po' troppo frequenti, ma in generale, tiene. Cerca di sfumare e di interpetare: a volte ci riesce, altre va a vuoto e risulta monotona. L'indiscusso carisma la "salva" e le sua prova, a conti fatti, risulta discreta (ma da una delle primedonne del momento, obiettivamente, ci si aspetterebbe di più).
La cantante di casa, Barbara Frittoli si è dimostrata il miglior elemento del cast. La voce, di timbro piacevole e ben emessa, si piega ad una resa del personaggio (cavallo di battaglia del soprano) molto coinvolgente. L'unico appunto si potrebbe fare su qualche grave leggermente traballante, ma la prestazione resta comunque splendida (e in miglioramento rispetto alla comunque ottima prova offerta nell'HD dal Met, sempre in Donna Elvira).
Zerlina (Anna Prohaska) è stata decisamente la peggiore della serata. Batti, batti insipido e Vedrai carino pieno di errori: intonazione, gravi sguaiati, acuti metallici, recitativi parlati... Non ci siamo proprio...
Vocalmente molto buono il Don Giovanni di Peter Mattei che sfoggia una voce bella e calda e una buona emissione. La dizione è corretta e solo nella travolgente Fin ch'han dal vino perde leggermente il filo del discorso. Peccato però che il suo Don sembri poco un diabolico seduttore e molto di più un bonaccione, un Figaro rossiniano. Ciò nonostante i copiosi applausi ricevuti sono stati più che meritati.
Terfel, presta a Leporello una voce arida di colori, a tratti con suoni fissi, e la definizione del personaggio non mi convince del tutto (ma forse la colpa non è del tutto sua). Ricordo sue interpretazioni precedenti più di mio gusto: forse Mozart non rientra più nel suo repertorio ideale.
Masetto (Štefan Kocán), pur meno disastroso, è degno compagno dell'amata Zerlina. Dovrebbe essere un GIOVANE sposo, non un'orco con voce cavernosa.
Giuseppe Filianoti fatica enormenente nei panni di Don Ottavio. La voce è tirata, gli acuti  sono rigidi e fibrosi e l'intonazione sembra un miraggio; mancano la nobilà e l'eleganza del personaggio. Se Dalla sua pace non brilla per intensità, Il mio tesoro è un vero e propro calvario. A sua parziale discolpa va detto che Baremboim adotta adotta un tempo forsennato che lo manda letteralmente in crisi nelle agilità.  
Molto buono, infine, il Commendatore di Kwangchul Youn.
Baremboim arriva in fondo abbastanza bene, ma con scarsissima ispirazione.

Per concludere, una piccola considerazione: la Scala si fregia, a torto o a ragione, di essere il più grande teatro d'opera al mondo. Quindi, l'inaugurazione della sua stagione dovrebbe portare in scena quanto di meglio offra il panorama operistico contemporaneo. Servono le grandi voci, una grande bacchetta, coro e orchestra tirati a lucido e un titolo che possa consentire agli interpreti di mettere in mostra il meglio di se. Stasera è successo questo? Non credo. Il titolo scelto non dimostra eccessiva fantasia (anche perché si è visto alla Scala poco più di un anno fa, se non sbaglio), ma non si può negare la presa che quest'opera ha sul pubblico. Abbiamo avuto una primadonna di grido, che forse, però, non è stata impiegata nel suo ruolo migliore ( in quel caso ci sarebbe voluta una scelta più "coraggiosa" e originale; ad esempio Iolanta...). Stesso discorso vale per il direttore. Si dirà che in origine era prevista un'altra opera (la Netrebko, anni fa, aveva firmato per Lucia di Lammermoor, salvo poi toglierla dal proprio repertorio), ma, visto che comunque per allestire questa non si è certo andati al risparmio, non si poteva fare qualcosa di meglio? E' quindi l'evento "prima alla Scala" ridotto alla sola mondanità? L'obiettivo non è più mostrare il teatro al massimo del suo splendore? E' questo il meglio possibile per la Scala? Io non credo proprio. Poche settimane fa sono stata alla Scala e ho assistito ad uno spettacolo che su queste pagine ho definito storico. QUELLO era un evento! Se ci si è riusciti in novembre, perché a dicembre è impossibile? Visto che le possibilità ci sono si poteva e si DOVEVA fare di meglio. 
Resta l'amaro in bocca.