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mercoledì 25 gennaio 2012

Il grammofono: The Enchanted Island in HD ossia l'esperimento riuscito




Anzitutto, vi rifilo qui gli interpreti così il grosso del lavoro è fatto:
Joyce DiDonato, Sycorax
David Daniels, Prospero
Luca Pisaroni, Caliban
Danielle de Niese, Ariel
Lisette Oropesa, Miranda
Anthony Roth Costanzo, Ferdinando
Plácido Domingo, Neptune
Layla Claire, Helena 
Elizabeth DeShong, Hermia
Paul Appleby, Demetrius
Elliot Madore, Lysander


Metropolitan Opera House Orchestra & Chorus
direttore, William Christie


Insomma, ieri sera è andata in onda la trasmissione dell'Enchanted Island, prima mondiale di un pastiche barocco su musiche di Rameau, Vivaldi, Handel e chi più ne ha più ne metta. Essendo questa una prima mondiale, non ce la potevamo perdere, anche perché io, se continuo su questa pessima strada del "non mi va bene niente", difficilmente potrò assistere a un'altra prima di qualcosa che mi vada a genio...


... e forse che io non intervenga alle prime è un bene, chissà. L'ultima volta, per Le nozze di Figaro che il Luca cantava al Festival di Salisburgo due anni e mezzo fa, sono arrivata in teatro a dieci minuti dall'inizio, masticando una Wiener schitzel (Aspasia non me ne voglia se l'ho scritto scorretto) trangugiata in fretta e furia perché l'omino del chiosco ce l'aveva fritta sul momento, annullando il largo anticipo che ci eravamo prese. Non contenta di questo, avevo anche in mano una bottiglia di Coca Cola, mentre intorno a me tutte le befaniche dive teutoniche bardate a dovere si facevano immortalare da doviziose schiere di fotografi. Io, dal canto mio, avevo il mio bel daffare a schivarli...

Anche stavolta, c'era il Luca a consolarmi dalle disavventure preoperistiche (avevo litigato di nuovo col passaggio a livello di cui al Don Giovanni)... Un momento, Ho detto il Luca! Chi diavolo è quel tizio in divisa scimpanzé, la faccia pesantemente truccata di bianco e giallo e la folta chioma di rasta? E poi, andiamo, è troppo basso per essere il Luca! Con l'andazzo caracollante e gobbo che ha tenuto per tutta l'opera (per non mettere in soggezione i comprimari con la sua altezza, presumo) chi l'avrebbe riconosciuto? Poi, per fortuna, ha aperto bocca per cantare e tutto è andato in ordine. Era lui, proprio il nostro melodioso Luca che continua ad incantare quando fa il cattivo.


Perché fa il cattivo? Beh, povero, aveva i suoi buoni motivi per essere arrabbiato: Prospero, che in passato aveva amato e abbandonato sua madre, Sicorax, si era impossessato della sua isola e anche dello spiritello Ariel, loro servo. Sedici anni dopo questo tradimento, Prospero ordisce un piano per assicurare la felicità di sua figlia Miranda e fuggire dall'isola. Il piano consiste nel far naufragare la nave della famiglia reale (fra cui c'è il giovane principe Ferdinando, destinato ad amare Miranda) sulla costa dell'isola.


A causa di uno scambio di pozioni, però, la tempesta colpisce la nave sbagliata e porta sull'isola due coppie di innamorati, che si perdono di vista dando luogo ad equivoci con Calibano e Miranda. Che poi, diciamola tutta. Questi quattro (di cui uno si chiama Lysander, l'altra Hermia e solo per una sfacciata fortuna gli altri due rispondono ai più banali nomi di Elena e Demetrius) si presentano in scena su una barchetta che, se avete visto Amadeus, somiglia a quella con cui Constanze e compagnia salpano alla fine del Ratto. Ma non è questo il punto. Il punto è che avevano dei costumi BELLISSIMI, soprattutto il completo celeste coi ricami bianchi del tenore. Fra me e me mi dicevo compiaciuta "Adesso si ragiona! Speriamo che stiano in scena a lungo!"


Non l'avessi pensato! Dopo aver finito il gioioso quartetto (Siamo la coppia più bella del mondo e ci dispiace per gli altri. Ovviamente sto scherzando), la nave si inabissa e loro scompaiono. Quando, uno per uno, ricompaiono in scena, i costumi sono sbrindellati a dovere come per un vero naufragio! NOOO! Addio, bel giacchino con le perle! Addio, scarpette col fiocchetto! Addio, bei cappellini! Addio, nastri, fronzoli e trine! Lascia ch'io pianga mia cruda sorte!


Intanto, la strega Sicorax ha preparato una pozione per riacquistare i poteri (e, già che c'è, la giovinezza) e rimpossessarsi dell'isola. Non pensa però solo a se stessa, perché, capitatale a tiro Elena, le fa un incantesimo perché si innamori di Caliban, con cui poi gironzolerà e si farà spiegare le meraviglie esotiche dell'isola (esilarante il recitativo del Luca in cui riassume così il loro idillio "Fra noi non era solo una questione di botanica... ma anche di chimica!").


Demetrius (quello della giaccia celeste) è intanto capitato a tiro di Ariel, che, convinta che si tratti di Ferdinando, lo fa innamorare di Miranda (e lei di lui) con un incantesimo. Per farla breve, si scopre che non si tratta di Ferdinando. Ariel va a cercarlo sperando di trovarlo. Trova Lysander. Gli fa l'incantesimo. Incanta anche Miranda, che si dimentica di Dimitri, che però è ancora innamorato di lei. Per celebrare l'evento, Ariel fa comparire dei palloncini e un drappo di benvenuto sul fondale, ma... Si scopre che anche quella volta Ferdinando l'ha fatta franca.
Ariel, decisa a rimediare al suo errore, scende negli abissi per invocare l'aiuto di Nettuno. E come ci scende! Con un costumino da palombaro! E come la accoglie il Nettuno-Topone? Dicendole che ormai è stanco e vecchio! Sturiamoci bene le orecchie, perché credo che sarà l'ultima volta che il Topone ammetterà di avere un'età (Sibillo decrepito!). Il riferimento non ha divertito solo me, perché il poco diplomatico (ma tanto alla mano) pubblico del Met si è sganasciato all'affermazione. Proprio come in un telefilm americano...





Il primo atto (sì, questo è soltanto il primo atto) si chiude con la delusione di Prospero.


Nel secondo atto le cose vanno lentamente apposto: Elena ritrova Hermia e rivede Demetrius, per cui abbandonda Caliban, che, disperato, evoca una visione (risolta con un coloratissimo balletto) per consolarsi, rischiando di esserne travolto. L'incantesimo è infranto da Prospero.
Ariel riesce a far sì che i quattro innamorati si ritrovino, ciascuno con lo sposo giusto e Miranda trova finalmente il suo Ferdinando, per cui non serve la magia: i due si innamorano a prima vista. In sostanza, ci hanno tenuti sulle spine per due ore e mezza per farla finire così! E no!

Come me deve averla pensata anche Sicorax, che compare per rivendicare i suoi diritti con un cappello da corsaro con le piume di fagiano e un mantello che grida Papagena Papagena Papageeeena! Difatti, sulle prime Prospero è poco disposto a trattare, ma poi arriva Nettuno e come resistere al Topone? Da parte sua, Sicorax perdonerà a Prospero i torti passati e Prospero assicurerà la libertà ad Ariel...
Fino a questo momento, Ariel aveva un costume color bronzo. Al momento della liberazione, compare in scena con un completo color oro... UGUALE, dico UGUALE, a quello del Re Sole nelle vesti di Apollo. Qui si copia...


L'allestimento era incorniciato da un arco fisso che, con le proiezioni, diventava un ingranaggio, un mostro e quant'altro per rendere più efficace la scena. Ai lati estremi, si collocavano il laboratorio di Prospero e la casa di Sicorax. La foresta era quanto più selvaggia possibile, con grovigli di rami, poca luce, animali mostruosi e tutto ciò che poteva dare l'idea di un mondo lontano e incontaminato. Il capolavoro, però, rimane il fondale marino, costruito su misura di Topone per farlo figurare con tutta la solennità possibile. Alcune delle sirene erano appese in aria per dare l'idea della profondità, la sala del trono prevedeva il trono rialzato al centro e i coristi disposti ai lati di esso, dietro delle sagome di sirene e tritoni da cui facevano capolino soltanto le teste.


Adesso due parole sui cantanti. In generale non ci sono grosse pecche da rilevare: la Sicorax di Joyce DiDonato, tecnicamente impeccabile, è stata convincente nell'evoluzione del personaggio, da vecchia decrepita a sfavillante giovane, in grado di trascinare il pubblico nella sua aria di vendetta e anche di intenerirlo mentre consola Caliban in preda agli spasimi per la delusione d'amore; Daniels ha reso con cura un Prospero malandato in salute ma ancora determinato a spuntarla, con punte di eccellenza nel malinconico finale del primo atto; il Luca ha saputo tratteggiare bene il suo personaggio "cavernicolo" ma in cerca di una tenerezza che il suo aspetto respinge; ben assortite anche le due coppie di innamorati.


Voluttuosa nota di biasimo, invece, per lo spiritello Ariel, creaturina che nelle intenzioni doveva essere simpatica e che invece è stata assegnata all'inqualificabile De Niese. E' stata una disperazione dall'inizio alla fine, con una voce di per sé spiacevole e estremamente sgraziata, che meriterebbe una sana revisione dall'acuto al grave, per non parlare delle sguaiatissime agilità che hanno fatto gridare "Vogliamo la Bartoli!" (non credevo l'avrei mai detto) al momento di Agitata da due venti (per l'occasione ribattezzata in altro modo, ma non ricordo le parole riadattate).


Ovviamente, l'eroe della serata non poteva che essere il Topone, ancora sulla cresta dell'onda (non a caso interpreta Nettuno) per quanti anni abbia. Salvo un paio di brevissime defaillance, ha dimostrato ancora una perfetta padronanza del suo strumento, tale da giustificare il caloroso applauso "in fiducia" al suo ingresso, non fosse che per lo splendore della scenografia e per la sigla della Champions League (scusa, Georg Friedrich, ma così è se vi pare...).


Bella la direzione di Christie, ben ordinata ed elegante, un tocco che ci voleva in quest'opera così particolare.


Insomma, io sono uscita soddisfatta dal cinema e con la sensazione di aver visto quasi quattro opere in una. Anche questa ha quel che di onirico proprio di tutte le opere barocche (onirico nel senso che si dà il buonanotte alla trama perché l'importante è vezzeggiare quelle benedette ugole d'oro), ma, a causa della trama intricata, ha riassunto in se stessa tutti gli elementi a noi noti.

mercoledì 7 dicembre 2011

Il grammofono: Rodelinda in HD

Oggi ci toccherà bella. Dalla Scala ci propineranno un Don Giovanni che promette tuoni e fulmini e che, più che allettarmi, mi preoccupa. In effetti, le notizie che si sono succedute in questi giorni sono inquietanti, ma alla fin fine nulla che esuli dal solito regista onnipotente e imprescindibile a discapito di quell'imbecille del compositore che non conosceva la differenza fra sincope e semicroma e quell'illetterato del librettista che confondeva l'endecasillabo con la metafora... Beh, staremo a vedere (con gli occhi fuori dalle orbite, temo...).


Soprattutto, questo Don Giovanni lo vivremo ancora peggio visto che siamo felicemente reduci dalla Rodelinda trasmessa ieri sera dal Metropolitan.
Ecco il cast:
Rodelinda: Renée Fleming
Eduige: Stephanie Blythe
Bertarido: Andreas Scholl
Unulfo: Iestyn Davies
Grimoaldo: Joseph Kaiser
Garibaldo: Shenyang
Orchestra del Metropolitan
diretta da Harry Bicket
Prima di cimentarmi nella descrizione della serata, vorrei fare due appunti:
1. è assai triste che in Italia sia talmente raro (praticamente impossibile) sentire Handel che l'unica volta in cui lo trasmettono è al cinema e dall'estero. Bisognerebbe decidersi a tirare fuori questo compositore dalla naftalina, nei pochi anni che ancora rimangono ai teatri italiani se continueremo così (ma almeno avremo la consolazione di finire in gloria);
2. in sala (capienza circa cento-centoventi posti) eravamo in CINQUE: io, Aspasia, la nostra amica della scorribanda londinese, e due signori sulla cinquantina. FINE. Dov'erano tutti? È uno SCANDALO! È INAMMISSIBILE! Ma è anche comprensibile visto che potremmo ormai chederci con don Abbondio «Georg Friedrich! Chi era costui?» Il Met, invece, era eloquentemente pieno come un uovo...
Insomma, per questo Olimpo di privilegiati (talmente pochi che le Muse nel Parnaso ci superavano di numero...) è andata in scena una delle più belle opere di cui sono stata spettatrice, non solo musicalmente, ma anche scenograficamente. E qui partiamo con una cronaca che, una volta tanto, non sarà nera.
La scenografia e i costumi. Dire che erano meravigliosi è poco: l'ambientazione era settecentesca, nonostante l'epoca longobarda immaginata nel libretto, ma l'anacronismo è scusabile poiché richiamava l'epoca del compositore. Le comparse e i protagonisti giravano con improbabili parrucche boccolose, calzette di seta, pantaloni alla zuava e, le donne, con ampi vestiti ricamati. Molto bello soprattutto il vestito di Rodelinda nel terzo atto, blu con bordi in oro, e la giacca di rappresentanza di Grimoaldo, su cui non c'era più spazio per i lustrini tanto era carica.
Gli ambienti (camera da letto, cortiletto interno, cimitero, stalla, prigione e sfarzosa biblioteca a due piani che da sola valeva l'opera) cambiavano come se fossero mossi da un tapis-roulant, salvo per la prigione sotterranea in cui la scena si sollevava. Dagli esterni del castello, abbiamo postulato che lo scenografo sia venuto ad ispirarsi qui in Friuli al castello di Villalta e, quanto al fondale agreste, ricordava la campagna toscana al massimo del suo splendore. Tutto il mondo è paese, no? Ma mi viene da piangere al pensiero di quello che ci aspetta stasera...



VILLALTA

La direzione è stata sostanzialmente buona, rapida ma non forsennata e coinvolgente. Le uniche pecche sono stati dei brevi sbandamenti dei fiati, che a quanto pare aspettano sempre noi per andare in crisi (rimane memorbile quello di Rinaldo).
I cantanti sono stati tutti all'altezza della situazione, ma forse quella che mi è piaciuta di meno è stata proprio la primadonna Renée Fleming, in seria difficoltà negli acuti e abbastanza limitata anche nel grave. Talora problematici anche gli acuti di Joseph Kaiser, che per il resto non aveva altre carenze salto alcuni pasticci con le doppie e le scempie. Comunque l'ho apprezzato di più nell'aria del primo atto che nelle seguenti, in cui erano maggiormente percepibili le difficoltà.
Niente male l'Eduige di Stephanie Blythe, la più applaudita dal pubblico in sala, benché fra noi siano volati alcuni commenti bonariamente maligni sulla sua stazza non proprio minuta e sul fatto che, se si fosse fatta giustizia da sé e avesse preso a ceffoni l'usurpatore, probabilmente l'opera sarebbe finita con due atti d'anticipo.
I due controtenori, Scholl e Davies, vocalmente più chiari della Renata, sono stati degli ottimi comprimari, estremamente soddisfacenti benché nel duetto a conclusione del secondo atto fra Bertarido e Rodelinda i due fossero a tratti dissonanti.
La Cina è vicina con il cattivo Garibaldo, Shenyang, estremamente trascinante (sarà che io ho un debole per i cattivi) e privo dei difetti di pronuncia che spesso menomano i cantanti orientali. Oltre ad essere l'unico tutto d'un pezzo della trama (troppo realistico per trionfare in un libretto settecentesco - difatti non arriva alla fine...), ha avuto anche un'uscita ad effetto in groppa ad un cavallo vero che forse, di tutte le bizzarie che in questi tempi si chiedono ai cantanti, è stata la trovata più simpatica e meno pericolosa.
Registro anche una sorprendente assenza di risatine da parte del pubblico, straordinariamente composto salvo per i comprensibili boati negli applausi finali.

Adesso non ci resta che sperare per il meglio per la prima alla Scala. Non per essere prevenuta, ma probabilmente domani vi troverete quattro colonne di imprecazioni. È il paradosso che comporta assistere a due opere con due intenti diversi in due giorni.

martedì 6 dicembre 2011

Signori di fuori son già i suonatori: Rodelinda in HD

Oggi è un grande giorno: è San Niccolò, una delle feste che due bambinone come noi non possono passare sotto silenzio. Difatti ci faremo in regalo di presenziare alla Rodelinda trasmessa per gentile concessione del Metropolitan.
Quest'anno, però, c'è una differenza di non lieve entità rispetto ai regali degli anni scorsi, perché quest'anno non sarà il solito Niccolò a portarci i doni:

QUEST'ANNO, IL 6 DICEMBRE ARRIVA LA BEFANA

dove per Befana si intende lei:


la Renata Fleming.

Non serve aggiungere che siamo esaltate come per la Prima Comunione.

A stasera!

sabato 5 novembre 2011

Il grammofono: In nome dell'opera sovrana

Sollevata dall’incombenza di raccontarvi ciò che abbiamo sentito dalla più che esauriente cronaca di Aspasia (che peraltro nelle linee-guida coincide con le mie impressioni), voglio comunque metterci il becco, giusto per qualche puntualizzazione.
L'ambiente. Ho sottolineato più volte il mio sospetto per qualunque cosa valichi i confini del secolo Decimonono, ma devo dire che questa trovata del cinema non mi è dispiaciuta affatto, sarà che i fratelli Lumière hanno messo a punto la loro invenzione giusto al limitare di quel secolo (si sono salvati per un pelo, in pratica).
La direzione. Sono d'accordo con Aspasia sulla direzione abbastanza piatta, che in realtà mi aveva fatto sperare in qualcosa di meglio dopo l'ouverture in cui il direttore aveva enfatizzato la tensione. Poi ci siamo un po' addormentati sugli allori, purtroppo...
I cantanti. Ritengo che il miglioramento del Leporello del nostro beneamato Luca sia dovuta soprattutto ai tempi meno frenetici rispetto a quelli della registrazione di Glyndebourne, in cui il direttore aveva come unico scopo quello di finirla, il più alla svelta possibile e si salvi chi può. Insomma, era un indemoniato. Qui, per fortuna, Leporello ha avuto modo di esprimersi meglio, con una resa meravigliosa. VAI, LUCA!
Per quanto riguarda gli altri uomini, sono sostanzialmente d'accordo con Aspasia, anche se tengo a sottolineare le facce da osteria di Masetto, che spesso e volentieri sembrava avvinazzato. Pazienza, un po' di sketch. :)
Le donne. Barbara Frittoli si conferma fra le mie cantanti preferite con questa magnifica interpretazione di Donna Elvira, più che coinvolgente, travolgente. Marina Rebeka, sebbene non mi sia dispiaciuta in generale, ha purtroppo una voce stridula che su Non mi dir bell'idol mio l'avrebbe penalizzata non poco se non si fosse aiutata con la tecnica. A parte questo, non è stata un'esecuzione esecrabile.
Zerlina... Beh, Zerlina pazienza. E' peggiorata dalla Zaide che avevamo ascoltato in un lontano pomeriggio operistico (con la regia di quel criminale di Guth, che ha costretto i cantanti, non si sa bene per quale motivo, a impiastricciarsi di ketchup!) e per di più aveva una gonna che sembrava una di quelle coperte di patchwork...

Mi incarico ora di raccontarvi le mie peripezie prima e dopo l’opera.
Anzitutto, le peripezie in questa nuova vicenda musicale non erano contemplate: si profilava una serata tranquilla, senza i soliti colpi di scena alla Armida&Aspasia Inc. e senza la solita frenesia, perché, anche se avessimo gridato, in preda a un delirio contemplativo, “Bravo, Luca!”, il Luca non ci avrebbe udite, lungi da noi, oltreoceano addirittura! E men che meno eravamo in pensiero per i biglietti, perché davamo per scontato che saremmo stati in pochi (ben ventidue in una sala che ha una capienza più di cinque volte superiore...).
In effetti, partendo di casa avevo quasi un groppo alla gola, mentre riflettevo fra me e me che non avrei avuto grandi retroscena da raccontare, disdicevole per una che si è messa in testa di superare in follie le più accanite primedonne.
Non avevo calcolato IL nemico per eccellenza, il passaggio a livello. Questo dannato prodotto del progresso è ubicato a circa cinquecento metri da casa mia e non esagero quando dichiaro che è l’infrastruttura più odiata della regione: il disgraziato se ne sta bello e chiuso anche per venti minuti di fila, pur di far dispetto all’automobilista disperato che geme e piagnucola davanti a lui, implorandolo di sollevare quelle maledette sbarre. Solo allorché l’automobilista disperato decide di fare inversione e prendere la strada parallela, più scomoda e più lunga, il passaggio a livello decide che è ora di far passare i viandanti, ma sempre dopo che l’automobilista disperato è arrivato già a metà della via.
Io ho avuto l’onore di averlo come ostacolo privilegiato per raggiungere la fermata dell’autobus ai tempi del Liceo, per andare a giocare con le amiche, addirittura per recarmi al Tempio e ancora ogni tanto decide di perseguitarmi. L’altra sera, però, l’ha fatta grossa.
Mi ero preparata per tempo, davo per scontato che il passaggio a livello non mi avrebbe dato noie perché non c’erano treni di passaggio a quell’ora, mi sentivo orgogliosa perché prevedevo, per una volta, di arrivare in dorato anticipo... La superbia è peccato capitale, insegna un nostro caro amico fiorentino, che coi superbi aveva un certo feeling perché si considerava superbo anche lui.
Io ho scontato la superbia l’altra sera, non camminando sotto un pondo, ma mordendo il volante nella disperata attesa che quel maledetto passaggio a livello ci facesse passare, perché qualcuno che per il suo bene è meglio che resti anonimo aveva deciso di far passare proprio in quel momento un imprevedibile treno merci! E, nella mia fortuna, non potevo neanche girare la macchina e andare dall’altra parte perché ero stretta fra due vetture...

Tutte nel cor vi sento
Furie del crudo Averno
lunge a sì gran tormento
amor, mercé, piètà.

Volevo qualcosa da raccontare e l’ho avuto eppure, chissà perché, non ero granché contenta sul momento...
Alla fine, dopo aver marciato a spron battuto per paesini dimenticati come Nogaredo, Trivignano, Buttrio (chi li ha mai sentiti, questi nomi?), e ringraziando mio malgrado il fratello bocciofilo, grazie ai cui allenamenti ho imparato la strada (non tutti i fratelli vengono per nuocere), sono arrivata sulla statale.
“Adesso andrà tutto bene” pensavo.
Macché, adesso veniva appena la fila chilometrica, con tanto di deviazione da montagna russa!

CENSURA [imprecazioni in Uzbekistano antico]

Alla fine, grazie all’intercessione di Santa Radegonda, sono arrivata in tempo (talmente in tempo che ho preso persino il gelato).

Credevo che fosse finita qui: IN GLORIA, che meglio di così si muore. E invece, manca ancora una parte.
Tornata a casa, mi godo il sonno del giusto. Cos’è accaduto? Beh, che il Commendatore mi ha teso un agguato.
Ho sognato che io e Aspasia eravamo andate in viaggio a Vienna (e dove, altrimenti? In uno dei luoghi mozartiani per eccellenza!) e ce ne stavamo belle belle ad ammirare gli eleganti edifici. Ad un tratto, ci chiama una voce da oltretomba, ci giriamo e ci troviamo al cospetto del Commendatore, truccato e abbigliato proprio come nella produzione del Met.
Il buon vecchio si avvicina a noi, per nulla intimorite, e ci chiede se avessimo visto passare don Giovanni e, eventualmente, da che parte si fosse diretto. Noi, cordiali, gli facciamo segno che “è andato per di là”, indicando la fine della via. Il Commendatore ringrazia e si dirige dalla parte che gli abbiamo indicato.
Vuoi vedere che, prima di andare a cena da don Giovanni, il Commendatore ha davvero sbagliato strada ed è stato per merito mio e di Aspasia se alla fine ha fatto giustizia?

Questo è un altro peccato di superbia, però. Al prossimo passaggio a livello!

venerdì 4 novembre 2011

Il grammofono: Don Giovanni live in HD



Un moto di gioia mi sento nel petto...
Sarà scontato, visto che parlo dell'amato Wolfy, ma questo verso esprime in modo esauriente il mio stato d'animo all'uscita dal cinema dove io e Armida abbiamo assistito alla proiezione di Don Giovanni.
Onestamente ero partita con non poche riserve. Insomma... il cinema... Di certo non è un luogo che comunemente si associa all'opera. Certo. Non è come andare a teatro, manca l'atmosfera unica che si ha entrando in questi "templi" della musica, il contatto "diretto" con gli esecutori e così via. Ciò nonostante ho trovato l'esperimento (per me, visto che in realtà questa è tutt'altro che la prima esperienza di trasmissione) molto interessante. Innanzitutto l'aspetto visivo. L'alta definizione ci consente di apprezzare dettagli, come i costumi o le espressioni dei volti, che in teatro solitamente sfuggono (e anche la bellezza soprattutto della Frittoli e della Rebeka). Certamente ci sono ancora difetti, qualche primo piano di troppo e cambi di inquadratura un po' "spiazzanti", ma il complesso mi pare assolutamente soddisfacente. 
Discorso leggermente diverso per l'audio. Certamente è un mio problema, ma io non sopporto un volume troppo forte, indipendentemente dal tipo di musica. Per il mio gusto personale quello di ieri sera era un po' troppo alto. A parte questo il suono (anche se non sono un'esperta) mi è sembrato di ottima qualità. Certo, non si coglie il volume delle voci, ma questo vale anche per dischi e trasmissioni radiofoniche.

Veniamo allo spettacolo.
In un periodo di allestimenti perlopiù orribili, quello visto ieri sera mi è parso attraente come un'oasi nel deserto.
Sullo sfondo la facciata, a dire il vero un po' scolorita, di un palazzo con balconi e finestre da cui uscivano i personaggi che in certe occasioni si apriva per mostrare scene d'interno. Libretto sostanzialmente rispettato, costumi SPLENDIDI.
La direzione di Luisi non mi ha entusiasmato; a parte delle imprecisioni di coordinazione tra buca e palco, la mia impressione generale è stata di scarsa fantasia: siamo arrivati tranquilli alla fine, ma senza particolari emozioni. Molto buona la prestazione di Marina Rebeka (Donna Anna): bella presenza scenica (forse un tantino fredda, ma Da Ponte non ha lasciato intendere molto di diverso) , timbro piacevole anche se un po' "aguzzo", padronanza dell'estensione e fraseggio adeguato. La Donna Elvira di Barbara Frittoli è stata molto coinvolgente, anche se leggermente forzata in acuto. La peggiore delle donne è stata senza dubbio Mojca Erdmann (Zerlina), soprano dal timbro non particolarmente piacevole, fraseggio inesistente, dizione migliorabile e insufficiente resa del personaggio. In altre parole, ieri l'ho sentita, domani la dimentico.
Fra gli uomini spicca la prova del nostro amato Luca Pisaroni. Se devo dirla tutta, il suo Leporello dello scorso anno a Glyndebourne non mi aveva del tutto convinta, invece questa prova mi ha letteralmente conquistata. E' stato senza dubbio il mattatore della serata, sia scenicamente che vocalmente, senza scadere in caratterizzazioni volgari che vanno di moda tra certi suoi colleghi...
Un po' meno brillante Kwiecien (Don Giovanni). Ottimo nella recitazione, ma meno fascinoso vocalmente: canta quasi tutto correttamente me non brilla.
Come Don Ottavio Vargas ha dimostrato belle intenzioni nel cercare di tratteggiare un personaggio nobile, anche se non sempre la voce ha risposto adeguatamente.
Non particolarmente significativi, ma corretti, Joshua Bloom (Masetto) e Stefan Kocan (il commendatore).

Un piccola nota. Quello che negli Usa e in altri paesi è stato trasmesso in diretta, da noi è arrivato in differita.  Tenuto conto di questo, i 15 euro pagati mi sembrano un po' troppi. Visto che si trattava di una novità, sarebbe stato interessante tenere i prezzi più bassi per incentivare l'affluenza di pubblico, a dire il vero scarsina, eravamo in 26, magari convincendo qualcuno che di solito non frequenta i teatri. Aggiungo anche che l'iniziativa è stata scarsissimamente pubblicizzata. Io, per venirne a conoscenza, ho dovuto tenere d'occhio il sito della catena che distribuiva l'evento in Italia, a sua volta scoperto navigando su quello nel MET...
Ho detto pubblico scarso, ma comunque presente (un trafiletto sui giornali secondo me avrebbe fatto molto, ma accontentiamoci) e soprattutto attento e variegato. In sala erano rappresentate tutte le fasce d'età (salvo i bambini) con una rilevante presenza di giovani. Cogliendo i commenti all'uscita dalla sala (che si è svuotata solo al termine della proiezione, che ha mostrato anche le uscite alla ribalta e una buona dose di applausi) mi è parso di capire che regnasse una generale soddisfazione con punte di entusiasmo. La distribuzione, all'uscita, di sconti per una delle prossime proiezioni credo che incentiverà ulteriormente i presenti a tornare, e magari anche a spargere la voce e a portarsi dietro qualche amico. Io lo farò di certo!

Ps. Il pubblico newyorkese è noto per ridere a sproposito. L'ha fatto anche ieri. Finale Ah dov'è il perfido. Alla frase di Donna Anna
Lascia, o caro, un anno ancora
allo sfogo del mio cor
è partita la risatazza. Fossi stata la Rebeka avrei tirato una granata sulla platea XD.


Dal blog di Amfortas potrete evincere un'altra versione dei fatti