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mercoledì 19 ottobre 2016

lunedì 27 gennaio 2014

Per lui che adoro: BUON COMPLEANNO WOLFY!

Pare che ormai mi sia specializzata nel fare gli auguri di compleanno. Dopo aver celebrato il nostro tenore preferito, è venuto il momento di onorare il nostro compositore preferito con questo modesto omaggio. S'intende che il regalo è tutto per voi. ;)





mercoledì 25 gennaio 2012

Il grammofono: The Enchanted Island in HD ossia l'esperimento riuscito




Anzitutto, vi rifilo qui gli interpreti così il grosso del lavoro è fatto:
Joyce DiDonato, Sycorax
David Daniels, Prospero
Luca Pisaroni, Caliban
Danielle de Niese, Ariel
Lisette Oropesa, Miranda
Anthony Roth Costanzo, Ferdinando
Plácido Domingo, Neptune
Layla Claire, Helena 
Elizabeth DeShong, Hermia
Paul Appleby, Demetrius
Elliot Madore, Lysander


Metropolitan Opera House Orchestra & Chorus
direttore, William Christie


Insomma, ieri sera è andata in onda la trasmissione dell'Enchanted Island, prima mondiale di un pastiche barocco su musiche di Rameau, Vivaldi, Handel e chi più ne ha più ne metta. Essendo questa una prima mondiale, non ce la potevamo perdere, anche perché io, se continuo su questa pessima strada del "non mi va bene niente", difficilmente potrò assistere a un'altra prima di qualcosa che mi vada a genio...


... e forse che io non intervenga alle prime è un bene, chissà. L'ultima volta, per Le nozze di Figaro che il Luca cantava al Festival di Salisburgo due anni e mezzo fa, sono arrivata in teatro a dieci minuti dall'inizio, masticando una Wiener schitzel (Aspasia non me ne voglia se l'ho scritto scorretto) trangugiata in fretta e furia perché l'omino del chiosco ce l'aveva fritta sul momento, annullando il largo anticipo che ci eravamo prese. Non contenta di questo, avevo anche in mano una bottiglia di Coca Cola, mentre intorno a me tutte le befaniche dive teutoniche bardate a dovere si facevano immortalare da doviziose schiere di fotografi. Io, dal canto mio, avevo il mio bel daffare a schivarli...

Anche stavolta, c'era il Luca a consolarmi dalle disavventure preoperistiche (avevo litigato di nuovo col passaggio a livello di cui al Don Giovanni)... Un momento, Ho detto il Luca! Chi diavolo è quel tizio in divisa scimpanzé, la faccia pesantemente truccata di bianco e giallo e la folta chioma di rasta? E poi, andiamo, è troppo basso per essere il Luca! Con l'andazzo caracollante e gobbo che ha tenuto per tutta l'opera (per non mettere in soggezione i comprimari con la sua altezza, presumo) chi l'avrebbe riconosciuto? Poi, per fortuna, ha aperto bocca per cantare e tutto è andato in ordine. Era lui, proprio il nostro melodioso Luca che continua ad incantare quando fa il cattivo.


Perché fa il cattivo? Beh, povero, aveva i suoi buoni motivi per essere arrabbiato: Prospero, che in passato aveva amato e abbandonato sua madre, Sicorax, si era impossessato della sua isola e anche dello spiritello Ariel, loro servo. Sedici anni dopo questo tradimento, Prospero ordisce un piano per assicurare la felicità di sua figlia Miranda e fuggire dall'isola. Il piano consiste nel far naufragare la nave della famiglia reale (fra cui c'è il giovane principe Ferdinando, destinato ad amare Miranda) sulla costa dell'isola.


A causa di uno scambio di pozioni, però, la tempesta colpisce la nave sbagliata e porta sull'isola due coppie di innamorati, che si perdono di vista dando luogo ad equivoci con Calibano e Miranda. Che poi, diciamola tutta. Questi quattro (di cui uno si chiama Lysander, l'altra Hermia e solo per una sfacciata fortuna gli altri due rispondono ai più banali nomi di Elena e Demetrius) si presentano in scena su una barchetta che, se avete visto Amadeus, somiglia a quella con cui Constanze e compagnia salpano alla fine del Ratto. Ma non è questo il punto. Il punto è che avevano dei costumi BELLISSIMI, soprattutto il completo celeste coi ricami bianchi del tenore. Fra me e me mi dicevo compiaciuta "Adesso si ragiona! Speriamo che stiano in scena a lungo!"


Non l'avessi pensato! Dopo aver finito il gioioso quartetto (Siamo la coppia più bella del mondo e ci dispiace per gli altri. Ovviamente sto scherzando), la nave si inabissa e loro scompaiono. Quando, uno per uno, ricompaiono in scena, i costumi sono sbrindellati a dovere come per un vero naufragio! NOOO! Addio, bel giacchino con le perle! Addio, scarpette col fiocchetto! Addio, bei cappellini! Addio, nastri, fronzoli e trine! Lascia ch'io pianga mia cruda sorte!


Intanto, la strega Sicorax ha preparato una pozione per riacquistare i poteri (e, già che c'è, la giovinezza) e rimpossessarsi dell'isola. Non pensa però solo a se stessa, perché, capitatale a tiro Elena, le fa un incantesimo perché si innamori di Caliban, con cui poi gironzolerà e si farà spiegare le meraviglie esotiche dell'isola (esilarante il recitativo del Luca in cui riassume così il loro idillio "Fra noi non era solo una questione di botanica... ma anche di chimica!").


Demetrius (quello della giaccia celeste) è intanto capitato a tiro di Ariel, che, convinta che si tratti di Ferdinando, lo fa innamorare di Miranda (e lei di lui) con un incantesimo. Per farla breve, si scopre che non si tratta di Ferdinando. Ariel va a cercarlo sperando di trovarlo. Trova Lysander. Gli fa l'incantesimo. Incanta anche Miranda, che si dimentica di Dimitri, che però è ancora innamorato di lei. Per celebrare l'evento, Ariel fa comparire dei palloncini e un drappo di benvenuto sul fondale, ma... Si scopre che anche quella volta Ferdinando l'ha fatta franca.
Ariel, decisa a rimediare al suo errore, scende negli abissi per invocare l'aiuto di Nettuno. E come ci scende! Con un costumino da palombaro! E come la accoglie il Nettuno-Topone? Dicendole che ormai è stanco e vecchio! Sturiamoci bene le orecchie, perché credo che sarà l'ultima volta che il Topone ammetterà di avere un'età (Sibillo decrepito!). Il riferimento non ha divertito solo me, perché il poco diplomatico (ma tanto alla mano) pubblico del Met si è sganasciato all'affermazione. Proprio come in un telefilm americano...





Il primo atto (sì, questo è soltanto il primo atto) si chiude con la delusione di Prospero.


Nel secondo atto le cose vanno lentamente apposto: Elena ritrova Hermia e rivede Demetrius, per cui abbandonda Caliban, che, disperato, evoca una visione (risolta con un coloratissimo balletto) per consolarsi, rischiando di esserne travolto. L'incantesimo è infranto da Prospero.
Ariel riesce a far sì che i quattro innamorati si ritrovino, ciascuno con lo sposo giusto e Miranda trova finalmente il suo Ferdinando, per cui non serve la magia: i due si innamorano a prima vista. In sostanza, ci hanno tenuti sulle spine per due ore e mezza per farla finire così! E no!

Come me deve averla pensata anche Sicorax, che compare per rivendicare i suoi diritti con un cappello da corsaro con le piume di fagiano e un mantello che grida Papagena Papagena Papageeeena! Difatti, sulle prime Prospero è poco disposto a trattare, ma poi arriva Nettuno e come resistere al Topone? Da parte sua, Sicorax perdonerà a Prospero i torti passati e Prospero assicurerà la libertà ad Ariel...
Fino a questo momento, Ariel aveva un costume color bronzo. Al momento della liberazione, compare in scena con un completo color oro... UGUALE, dico UGUALE, a quello del Re Sole nelle vesti di Apollo. Qui si copia...


L'allestimento era incorniciato da un arco fisso che, con le proiezioni, diventava un ingranaggio, un mostro e quant'altro per rendere più efficace la scena. Ai lati estremi, si collocavano il laboratorio di Prospero e la casa di Sicorax. La foresta era quanto più selvaggia possibile, con grovigli di rami, poca luce, animali mostruosi e tutto ciò che poteva dare l'idea di un mondo lontano e incontaminato. Il capolavoro, però, rimane il fondale marino, costruito su misura di Topone per farlo figurare con tutta la solennità possibile. Alcune delle sirene erano appese in aria per dare l'idea della profondità, la sala del trono prevedeva il trono rialzato al centro e i coristi disposti ai lati di esso, dietro delle sagome di sirene e tritoni da cui facevano capolino soltanto le teste.


Adesso due parole sui cantanti. In generale non ci sono grosse pecche da rilevare: la Sicorax di Joyce DiDonato, tecnicamente impeccabile, è stata convincente nell'evoluzione del personaggio, da vecchia decrepita a sfavillante giovane, in grado di trascinare il pubblico nella sua aria di vendetta e anche di intenerirlo mentre consola Caliban in preda agli spasimi per la delusione d'amore; Daniels ha reso con cura un Prospero malandato in salute ma ancora determinato a spuntarla, con punte di eccellenza nel malinconico finale del primo atto; il Luca ha saputo tratteggiare bene il suo personaggio "cavernicolo" ma in cerca di una tenerezza che il suo aspetto respinge; ben assortite anche le due coppie di innamorati.


Voluttuosa nota di biasimo, invece, per lo spiritello Ariel, creaturina che nelle intenzioni doveva essere simpatica e che invece è stata assegnata all'inqualificabile De Niese. E' stata una disperazione dall'inizio alla fine, con una voce di per sé spiacevole e estremamente sgraziata, che meriterebbe una sana revisione dall'acuto al grave, per non parlare delle sguaiatissime agilità che hanno fatto gridare "Vogliamo la Bartoli!" (non credevo l'avrei mai detto) al momento di Agitata da due venti (per l'occasione ribattezzata in altro modo, ma non ricordo le parole riadattate).


Ovviamente, l'eroe della serata non poteva che essere il Topone, ancora sulla cresta dell'onda (non a caso interpreta Nettuno) per quanti anni abbia. Salvo un paio di brevissime defaillance, ha dimostrato ancora una perfetta padronanza del suo strumento, tale da giustificare il caloroso applauso "in fiducia" al suo ingresso, non fosse che per lo splendore della scenografia e per la sigla della Champions League (scusa, Georg Friedrich, ma così è se vi pare...).


Bella la direzione di Christie, ben ordinata ed elegante, un tocco che ci voleva in quest'opera così particolare.


Insomma, io sono uscita soddisfatta dal cinema e con la sensazione di aver visto quasi quattro opere in una. Anche questa ha quel che di onirico proprio di tutte le opere barocche (onirico nel senso che si dà il buonanotte alla trama perché l'importante è vezzeggiare quelle benedette ugole d'oro), ma, a causa della trama intricata, ha riassunto in se stessa tutti gli elementi a noi noti.

lunedì 23 gennaio 2012

Signori di fuori son già i suonatori: The Enchanted Island al cinema in HD

Domani alle 19 nei cinema aderenti verrà trasmesso in differita del MET "The enchanted island", opera allestita a New York in prima mondiale. 
Sgombriamo subito il campo da eventuali dubbi: non si tratta di un'opera nuova. O meglio, è nuova nell'insieme, ma i brani in essa contenuti sono tutti tratti da composizioni del '700 già eseguite. La novità sta nel fatto di averle estrapolate dal loro contesto originario per riassemblarle sullo scheletro di un nuovo libretto in lingua inglese basato su "La tempesta" e "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare.
Diciamo che l'esperimento pare abbastanza ardito: mescolare autori (Handel, Vivaldi, Rameau, ecc...) relativamente vicini come epoche di attività, ma non certo affini come stile, e soprattuto adattare brani nati per altri scopi (alcuni provengono da composizioni sacre o Oratori) per creare un'opera unitaria a me suonava come un tentativo di compilare un "Greatest Hits" che potesse rendere l'opera barocca facilmente digeribile per un pubblico che in gran parte la ignora. Non discuto sui singoli brani (anche se traduzioni e trasposizioni di tonalità possono fare dei bei danni...) che di certo funzioneranno a dovere, ma non si tratta di un concerto, bensì di un opera in cui, si presume, si segua in filo logico e abbia una certa omogeneità. Onestamente sono un po' scettica, ma non pongo limiti allo provvidenza!
Un altra nota dolente potrebbe essere la trama: piuttosto contorta e con troppi personaggi principali. Temo che su questo versante Jeremy Sams (autore di libretto e "musica") abbia un tantino esagerato.
Ma ci sono, ovviamente, anche dei validissimi motivi che rendono, per me, questa trasmissione ghiottissima. L'allestimento pare essere sfarzoso, di carattere Disneyano, coloratissimo e molto movimentato. Ma quello che mi alletta di più è il cast in cui spiccano tre fra i cantanti più amati dalle vostre diaboliche blogger:

Miranda: Lisette Oropesa 

Sycorax: Joyce DiDonato 
Prospero: David Daniels 
Ferdinand: Anthony Roth Costanzo 
Neptune: Plácido Domingo 
Caliban: Luca Pisaroni

L'adorata e adorabile Joyce Di Donato illuminerà la scena con la sua proverbiale bravura nella coloratura e talento da attrice, l'inesauribile Topone debutterà nel miliardesimo ruolo della sua ormai millenaria carriera e IL Luca certamente non mancherà di fornirci argomenti validi per sghignazzare. Purtroppo per goderci loro dovremmo sopportare la sempre indigesta Danielle de Niese, ma purtroppo dovremmo farcene una ragione. Speriamo, inoltre, nell'esperta direzione di William Christie.

Sentiremo e riferiremo!

sabato 5 novembre 2011

Il grammofono: In nome dell'opera sovrana

Sollevata dall’incombenza di raccontarvi ciò che abbiamo sentito dalla più che esauriente cronaca di Aspasia (che peraltro nelle linee-guida coincide con le mie impressioni), voglio comunque metterci il becco, giusto per qualche puntualizzazione.
L'ambiente. Ho sottolineato più volte il mio sospetto per qualunque cosa valichi i confini del secolo Decimonono, ma devo dire che questa trovata del cinema non mi è dispiaciuta affatto, sarà che i fratelli Lumière hanno messo a punto la loro invenzione giusto al limitare di quel secolo (si sono salvati per un pelo, in pratica).
La direzione. Sono d'accordo con Aspasia sulla direzione abbastanza piatta, che in realtà mi aveva fatto sperare in qualcosa di meglio dopo l'ouverture in cui il direttore aveva enfatizzato la tensione. Poi ci siamo un po' addormentati sugli allori, purtroppo...
I cantanti. Ritengo che il miglioramento del Leporello del nostro beneamato Luca sia dovuta soprattutto ai tempi meno frenetici rispetto a quelli della registrazione di Glyndebourne, in cui il direttore aveva come unico scopo quello di finirla, il più alla svelta possibile e si salvi chi può. Insomma, era un indemoniato. Qui, per fortuna, Leporello ha avuto modo di esprimersi meglio, con una resa meravigliosa. VAI, LUCA!
Per quanto riguarda gli altri uomini, sono sostanzialmente d'accordo con Aspasia, anche se tengo a sottolineare le facce da osteria di Masetto, che spesso e volentieri sembrava avvinazzato. Pazienza, un po' di sketch. :)
Le donne. Barbara Frittoli si conferma fra le mie cantanti preferite con questa magnifica interpretazione di Donna Elvira, più che coinvolgente, travolgente. Marina Rebeka, sebbene non mi sia dispiaciuta in generale, ha purtroppo una voce stridula che su Non mi dir bell'idol mio l'avrebbe penalizzata non poco se non si fosse aiutata con la tecnica. A parte questo, non è stata un'esecuzione esecrabile.
Zerlina... Beh, Zerlina pazienza. E' peggiorata dalla Zaide che avevamo ascoltato in un lontano pomeriggio operistico (con la regia di quel criminale di Guth, che ha costretto i cantanti, non si sa bene per quale motivo, a impiastricciarsi di ketchup!) e per di più aveva una gonna che sembrava una di quelle coperte di patchwork...

Mi incarico ora di raccontarvi le mie peripezie prima e dopo l’opera.
Anzitutto, le peripezie in questa nuova vicenda musicale non erano contemplate: si profilava una serata tranquilla, senza i soliti colpi di scena alla Armida&Aspasia Inc. e senza la solita frenesia, perché, anche se avessimo gridato, in preda a un delirio contemplativo, “Bravo, Luca!”, il Luca non ci avrebbe udite, lungi da noi, oltreoceano addirittura! E men che meno eravamo in pensiero per i biglietti, perché davamo per scontato che saremmo stati in pochi (ben ventidue in una sala che ha una capienza più di cinque volte superiore...).
In effetti, partendo di casa avevo quasi un groppo alla gola, mentre riflettevo fra me e me che non avrei avuto grandi retroscena da raccontare, disdicevole per una che si è messa in testa di superare in follie le più accanite primedonne.
Non avevo calcolato IL nemico per eccellenza, il passaggio a livello. Questo dannato prodotto del progresso è ubicato a circa cinquecento metri da casa mia e non esagero quando dichiaro che è l’infrastruttura più odiata della regione: il disgraziato se ne sta bello e chiuso anche per venti minuti di fila, pur di far dispetto all’automobilista disperato che geme e piagnucola davanti a lui, implorandolo di sollevare quelle maledette sbarre. Solo allorché l’automobilista disperato decide di fare inversione e prendere la strada parallela, più scomoda e più lunga, il passaggio a livello decide che è ora di far passare i viandanti, ma sempre dopo che l’automobilista disperato è arrivato già a metà della via.
Io ho avuto l’onore di averlo come ostacolo privilegiato per raggiungere la fermata dell’autobus ai tempi del Liceo, per andare a giocare con le amiche, addirittura per recarmi al Tempio e ancora ogni tanto decide di perseguitarmi. L’altra sera, però, l’ha fatta grossa.
Mi ero preparata per tempo, davo per scontato che il passaggio a livello non mi avrebbe dato noie perché non c’erano treni di passaggio a quell’ora, mi sentivo orgogliosa perché prevedevo, per una volta, di arrivare in dorato anticipo... La superbia è peccato capitale, insegna un nostro caro amico fiorentino, che coi superbi aveva un certo feeling perché si considerava superbo anche lui.
Io ho scontato la superbia l’altra sera, non camminando sotto un pondo, ma mordendo il volante nella disperata attesa che quel maledetto passaggio a livello ci facesse passare, perché qualcuno che per il suo bene è meglio che resti anonimo aveva deciso di far passare proprio in quel momento un imprevedibile treno merci! E, nella mia fortuna, non potevo neanche girare la macchina e andare dall’altra parte perché ero stretta fra due vetture...

Tutte nel cor vi sento
Furie del crudo Averno
lunge a sì gran tormento
amor, mercé, piètà.

Volevo qualcosa da raccontare e l’ho avuto eppure, chissà perché, non ero granché contenta sul momento...
Alla fine, dopo aver marciato a spron battuto per paesini dimenticati come Nogaredo, Trivignano, Buttrio (chi li ha mai sentiti, questi nomi?), e ringraziando mio malgrado il fratello bocciofilo, grazie ai cui allenamenti ho imparato la strada (non tutti i fratelli vengono per nuocere), sono arrivata sulla statale.
“Adesso andrà tutto bene” pensavo.
Macché, adesso veniva appena la fila chilometrica, con tanto di deviazione da montagna russa!

CENSURA [imprecazioni in Uzbekistano antico]

Alla fine, grazie all’intercessione di Santa Radegonda, sono arrivata in tempo (talmente in tempo che ho preso persino il gelato).

Credevo che fosse finita qui: IN GLORIA, che meglio di così si muore. E invece, manca ancora una parte.
Tornata a casa, mi godo il sonno del giusto. Cos’è accaduto? Beh, che il Commendatore mi ha teso un agguato.
Ho sognato che io e Aspasia eravamo andate in viaggio a Vienna (e dove, altrimenti? In uno dei luoghi mozartiani per eccellenza!) e ce ne stavamo belle belle ad ammirare gli eleganti edifici. Ad un tratto, ci chiama una voce da oltretomba, ci giriamo e ci troviamo al cospetto del Commendatore, truccato e abbigliato proprio come nella produzione del Met.
Il buon vecchio si avvicina a noi, per nulla intimorite, e ci chiede se avessimo visto passare don Giovanni e, eventualmente, da che parte si fosse diretto. Noi, cordiali, gli facciamo segno che “è andato per di là”, indicando la fine della via. Il Commendatore ringrazia e si dirige dalla parte che gli abbiamo indicato.
Vuoi vedere che, prima di andare a cena da don Giovanni, il Commendatore ha davvero sbagliato strada ed è stato per merito mio e di Aspasia se alla fine ha fatto giustizia?

Questo è un altro peccato di superbia, però. Al prossimo passaggio a livello!

venerdì 4 novembre 2011

Il grammofono: Don Giovanni live in HD



Un moto di gioia mi sento nel petto...
Sarà scontato, visto che parlo dell'amato Wolfy, ma questo verso esprime in modo esauriente il mio stato d'animo all'uscita dal cinema dove io e Armida abbiamo assistito alla proiezione di Don Giovanni.
Onestamente ero partita con non poche riserve. Insomma... il cinema... Di certo non è un luogo che comunemente si associa all'opera. Certo. Non è come andare a teatro, manca l'atmosfera unica che si ha entrando in questi "templi" della musica, il contatto "diretto" con gli esecutori e così via. Ciò nonostante ho trovato l'esperimento (per me, visto che in realtà questa è tutt'altro che la prima esperienza di trasmissione) molto interessante. Innanzitutto l'aspetto visivo. L'alta definizione ci consente di apprezzare dettagli, come i costumi o le espressioni dei volti, che in teatro solitamente sfuggono (e anche la bellezza soprattutto della Frittoli e della Rebeka). Certamente ci sono ancora difetti, qualche primo piano di troppo e cambi di inquadratura un po' "spiazzanti", ma il complesso mi pare assolutamente soddisfacente. 
Discorso leggermente diverso per l'audio. Certamente è un mio problema, ma io non sopporto un volume troppo forte, indipendentemente dal tipo di musica. Per il mio gusto personale quello di ieri sera era un po' troppo alto. A parte questo il suono (anche se non sono un'esperta) mi è sembrato di ottima qualità. Certo, non si coglie il volume delle voci, ma questo vale anche per dischi e trasmissioni radiofoniche.

Veniamo allo spettacolo.
In un periodo di allestimenti perlopiù orribili, quello visto ieri sera mi è parso attraente come un'oasi nel deserto.
Sullo sfondo la facciata, a dire il vero un po' scolorita, di un palazzo con balconi e finestre da cui uscivano i personaggi che in certe occasioni si apriva per mostrare scene d'interno. Libretto sostanzialmente rispettato, costumi SPLENDIDI.
La direzione di Luisi non mi ha entusiasmato; a parte delle imprecisioni di coordinazione tra buca e palco, la mia impressione generale è stata di scarsa fantasia: siamo arrivati tranquilli alla fine, ma senza particolari emozioni. Molto buona la prestazione di Marina Rebeka (Donna Anna): bella presenza scenica (forse un tantino fredda, ma Da Ponte non ha lasciato intendere molto di diverso) , timbro piacevole anche se un po' "aguzzo", padronanza dell'estensione e fraseggio adeguato. La Donna Elvira di Barbara Frittoli è stata molto coinvolgente, anche se leggermente forzata in acuto. La peggiore delle donne è stata senza dubbio Mojca Erdmann (Zerlina), soprano dal timbro non particolarmente piacevole, fraseggio inesistente, dizione migliorabile e insufficiente resa del personaggio. In altre parole, ieri l'ho sentita, domani la dimentico.
Fra gli uomini spicca la prova del nostro amato Luca Pisaroni. Se devo dirla tutta, il suo Leporello dello scorso anno a Glyndebourne non mi aveva del tutto convinta, invece questa prova mi ha letteralmente conquistata. E' stato senza dubbio il mattatore della serata, sia scenicamente che vocalmente, senza scadere in caratterizzazioni volgari che vanno di moda tra certi suoi colleghi...
Un po' meno brillante Kwiecien (Don Giovanni). Ottimo nella recitazione, ma meno fascinoso vocalmente: canta quasi tutto correttamente me non brilla.
Come Don Ottavio Vargas ha dimostrato belle intenzioni nel cercare di tratteggiare un personaggio nobile, anche se non sempre la voce ha risposto adeguatamente.
Non particolarmente significativi, ma corretti, Joshua Bloom (Masetto) e Stefan Kocan (il commendatore).

Un piccola nota. Quello che negli Usa e in altri paesi è stato trasmesso in diretta, da noi è arrivato in differita.  Tenuto conto di questo, i 15 euro pagati mi sembrano un po' troppi. Visto che si trattava di una novità, sarebbe stato interessante tenere i prezzi più bassi per incentivare l'affluenza di pubblico, a dire il vero scarsina, eravamo in 26, magari convincendo qualcuno che di solito non frequenta i teatri. Aggiungo anche che l'iniziativa è stata scarsissimamente pubblicizzata. Io, per venirne a conoscenza, ho dovuto tenere d'occhio il sito della catena che distribuiva l'evento in Italia, a sua volta scoperto navigando su quello nel MET...
Ho detto pubblico scarso, ma comunque presente (un trafiletto sui giornali secondo me avrebbe fatto molto, ma accontentiamoci) e soprattutto attento e variegato. In sala erano rappresentate tutte le fasce d'età (salvo i bambini) con una rilevante presenza di giovani. Cogliendo i commenti all'uscita dalla sala (che si è svuotata solo al termine della proiezione, che ha mostrato anche le uscite alla ribalta e una buona dose di applausi) mi è parso di capire che regnasse una generale soddisfazione con punte di entusiasmo. La distribuzione, all'uscita, di sconti per una delle prossime proiezioni credo che incentiverà ulteriormente i presenti a tornare, e magari anche a spargere la voce e a portarsi dietro qualche amico. Io lo farò di certo!

Ps. Il pubblico newyorkese è noto per ridere a sproposito. L'ha fatto anche ieri. Finale Ah dov'è il perfido. Alla frase di Donna Anna
Lascia, o caro, un anno ancora
allo sfogo del mio cor
è partita la risatazza. Fossi stata la Rebeka avrei tirato una granata sulla platea XD.


Dal blog di Amfortas potrete evincere un'altra versione dei fatti

giovedì 20 ottobre 2011

MTV: Finalmente!

Durante l'intervallo della trasmissione in HD di Anna Bolena dal Met, la buona vecchia Renèe (che però noi familiarmente chiamiamo Renata) Fleming ha intervistato tre componenti del cast del Don Giovanni attualmente in scena a New York e che a breve verrà trasmesso nei cinema di tutto il mondo.



Barbara Frittoli esprime perfettamente quello che hanno pensato tutti i melomani italiani quando hanno scoperto che le dirette del Met sarebbero state fruibili anche in Italia: "FINALMENTE!"
Peccato però che, almeno per l'Anna Bolena, i cinema aderenti all'iniziativa fossero tutti troppo lontani per permetterci di presenziare... Preghiamo intensamente affinché un cinema più accessibile trasmetta Don Giovanni.
Per il resto, intervista sostanzialmente abbastanza inutile, salvo per avere il piacere di rivedere in circolazione Kwiecien dopo l'incidente alla schiena.

Note (assolutamente futili, quindi necessarie) a margine:
- IL Luca deve aver pensato che sarebbe stato intervistato da seduto; non posso spiegare altrimenti giacca camicia e cravatta da matrimonio abbinati ad una specie di jeans (che già io DETESTO per principio) per giunta bruttini. Orsù Luca!
- La Renata si sta befanizzando che è un piacere.
- La Frittoli sfoggia al collo un'imitazione del turibolo di Santiago de Compostela.
- La Renata che, alla parole del Luca, che ricorda quando da bambino ascoltava alla radio le dirette del Met, mugolava commossa sapeva tanto di nonna che si compiace delle prime parole del nipotino. XD

lunedì 3 ottobre 2011

Una voce poco fa: Operazione Se non è barocco, è un pastrocchio o sia E vegno in parte ove non è che Luca (Londra, 24-29 Agosto 2011) - Primo atto

Partiamo con Rinaldo. Correva il giorno di grazia 25 Agosto. Per quanto riguarda il cast, mi trovo un pochino imbarazzata, visto che sono stati tutti talmente bravi che ho poche malignità da rilevare. Ecco gli intrepidi protagonisti:

Sonia Prina (Rinaldo)
Varduhi Abrahamyan (Goffredo)
Tim Mead (Eustazio)
Anett Fritsch (Almirena)
Brenda Rae (Armida)
Luca Pisaroni (Argante)
William Towers (A Christian Magician)
Oliver Mercer (Herald)
Rhian Lewis (Woman)
Charlotte Beament e Rebecca van den Berg (Sirene)

Glyndebourne Festival Opera
Orchestra of the Age of Enlightenment
direttore: Ottavio Dantone
regista: Bruno Ravella

Sui cantanti, come ho anticipato, ho pochi rilievi da fare: il Rinaldo di Sonia Prina è stato convincente ma purtroppo in difficoltà nel registro grave e ogni tanto impreciso nelle agilità, mentre Almirena era a tratti scialba benché talentuosa. Molto bravi i controtenori. Mi sono piaciute molto le variazioni di Brenda Rae in Molto voglio molto spero, anche se l’ho apprezzata di più nei pezzi successivi, come nel duetto con Argante del terzo atto, Al trionfo del nostro furore. Ovviamente neanche Argante ci ha deluse: il Luca ha sempre detto che gli piace interpretare i cattivi e qui la malignità si è sentita in pieno, scatenato com’era.
Proprio nel contesto dell’aria di sortita del Luca, Sibilar gli angui d’Aletto, ho una malignità (che non è malignità, è verità, ma la verità è sempre cattiva) da registrare a proposito dei fiati, che hanno clamorosamente steccato, come sarebbe avvenuto in ancora un paio di punto clou...
Bella anche la direzione, con tempi serrati ma mai frenetici.

Veniamo ora alle dolenti note (EVVIVA!!!), cioè la REGIA. Finalmente, cari registi, ce l’avete fatta! Vi sarà dedicato, come avete sempre ambito, più spazio che non a cantanti e direttori! Per tacere di chi ha composto libretto e musica: se mai regista ha stravolto una trama, infatti, questa è stata l’opera sacrificale.
Alla faccia dei crociati, egregio Torquato Tasso, la scena si è spostata in una scuola dei nostri tempi, con tanto di cattedra, banchi, divise (dalla mia posizione mi sembravano uno sfacciato richiamo a quelle di Harry Potter. Fa’ che non sia vero! Fa’ che non sia vero!), bulli, secchioni e un’audace professoressa con completino in pelle (che sarebbe l’Armida contemporanea, me infelice!). Con l’ouverture ha inizio lo show (o lo scempio): un sospiroso Rinaldo contempla la fotografia di Almirena, ma viene infastidito dagli immancabili compagni dispettosi, che stracciano la fotografia e si azzuffano con Rinaldo. Arrivano i professori (Armida e Argante), con cappello e toga, separano i contendenti e lanciano il tema della lezione: “i crociati credevano nella missione cristiana o no?” Il seguito della recita sarà improntato a questo doppio strato, con gli alunni che si camuffano da crociati. Persino Rinaldo, infatti, indossava la corazza d’ordinanza solo in qualche momento cruciale, come l’aria trionfale Or la tromba in suon festante.
Il vestito di Argante, con tanto di cotta di maglia e mantello, era forse l’unico che potesse lontanamente ricordare una guerra fra Cristiani e Saraceni, solo che, vista l’ambientazione, qui il nostro risulta avere una tresca con un’allieva, visto che Almirena è anch’essa una studentessa (ma su questo ritorno fra un attimo, vado in ordine di apparizione).
Le cosiddette “Furie terribili” che circondano Armida altro non sono che delle bad girls in minigonna, con la delicatezza e la grazia di un elefante in cristalleria, e che mi hanno ricordato paurosamente la mia prima adolescenza, in cui andavano di moda Gwen Stefani e il suo seguito di Giapponesine o Filippine o Cinesine o quello che diavolo erano. Beh, le seguaci di Armida erano ricalcate su quel modello.
Dell’abbigliamento di Armida ho già accennato sopra. Ovviamente, non poteva mancare il frustino, grande tocco di classe, con cui, a un certo punto, la nostra ha dato un’amorevole pacca sulla nuca del busto del principe Alberto collocato in fondo al palco. Avrei pagato per vedere la faccia sgomenta della regina Vittoria...
Poi arriva Almirena, una sognante secchiona. Poverina, hanno fatto di tutto per imbruttirla: salopette grigia lunga fino ai piedi, treccione bionde, occhiali della più brutta forma e misura. Mancava solo l’apparecchio ai denti (forse c'era, chi lo sa!). Quando verrà rapita dalle presunte Furie terribili, verrà rinchiusa in una camerata dal sapore di collegio, dove si ambienterà tutto il secondo atto.
Il colpo di genio (si fa per dire) del primo atto, però, è consistito nel finale, con Rinaldo che chiede al cielo e ai numi di armargli il braccio in sella a... (suspance) una bicicletta! E tutti gli scagnozzi dietro, in bicicletta anche loro. Mi pare che, a un certo punto, ci sia stata anche un’impennata... Se questi sono stati i mezzi più potenti che i Cristiani avevano a disposizione, sfido che non sono riusciti a riconquistare il Sacro Sepolcro!
È stato carino il duetto delle sirene, in cui si fingeva una recita scolastica con tanto di telone che simulava il mare. Ciò che mi ha lasciata perplessa, invece, è stato il fatto che si sia sfruttata quest’occasione per dissacrare ulteriormente la serietà handeliana, perché, oltre alle due sirene canore, ce n’erano altre cinque o sei che si davano al nuoto sincronizzato, con risa del pubblico.
L’apoteosi del kitsch, ciò che ha scatenato l’ilarità della sala e mi ha fatto mettere le mani nei capelli, è stata la battaglia finale...
Battaglia? AHAHAH! Ecco come fu.

Si ode un fischio prolungato.
Sobbalzo, presa alla sprovvista, chiedendomi cosa stesse succedendo (che diavolo ci azzecca un fischio a teatro, durante un’opera che, nelle intenzioni di quei due cretini del librettista e del compositore, si intendeva seria?).
Beh, trovate d’ordinaria follia.
Una di quelle cose a cui avrei sperato di non assistere mai a teatro.
Da destra arriva un pazzo lanciato a tutta velocità, con fischietto in bocca e pallone sotto braccio.
Non ricordo se fosse vestito da arbitro o no, ma quello doveva essere.
Un arbitro.
Sì, un arbitro.
Un arbitro di una partita di calcio.
Una partita di calcio fra le Furie terribili pop e i Cristiani alla Grifondoro.
Una delle Furie terribili pop ad un certo punto si lancia in una rovesciata alla Holly e Benji di infantile memoria, al rallentatore, sostenuta da altre due compagne.
A dimostrare che la regina Vittoria è riuscita nell’intento di non far dimenticare l’adorato marito, non poteva mancare uno sketch col pallone che va fuori campo e colpisce il busto del principe Alberto sulla testa. La Vic ci avrebbe condannati tutti alla pena capitale, soprattutto perché ridevamo tutti, compresa la “regina madre” di fianco a me...
Quando abbiamo fatto il resoconto alla nostra socia non-operista, non ci credeva.
Non volevo crederci neanch’io, a onor del vero...

Una voce poco fa: Operazione Se non è barocco, è un pastrocchio o sia E vegno in parte ove non è che Luca (Londra, 24-29 Agosto 2011) - Prologo


Per non smentirmi, anche questa memorabile avventura si apre con un ridente scorcio campestre con me e Aspasia in primo piano (sia io che lei abitiamo in zone campagnole, infatti). A differenze degli ameni, soavi paesaggi e delle vezzose damine dei vedutisti settecenteschi, tuttavia, le due protagoniste sono armate fino ai denti, lanciate nell’ennesima, intrepida caccia al biglietto. Una volta tanto, tuttavia, l’allarme è scattato con largo anticipo, a fine Aprile, quando la mia socia informaticamente evoluta ha lanciato il Mi bemolle di battaglia.
«Il Luca canta Argante in Rinaldo! A Londra! A fine Agosto! Andiamo, vero?»
«Sono pronta!» ho risposto, ritta come un generale. Figurarsi se avessi risposto di no! Il Luca, Händel e Londra erano tre validissimi motivi per indurmi ad abbandonare la mia sedentaria vita da pseudo-intellettuale senza il minimo rimpianto.
Spieghiamo per gradi. Il Luca. Al secolo, Pisaroni. Costui è uno dei nostri idoli, uno di quelli per cui ci siamo già distinte per epiche sortite d’ordinaria follia: la prima a Salisburgo, due anni fa, per delle memorabili Nozze di Figaro con un cast stellare, e la seconda... Beh, la seconda è stata un fiasco (qui ci vorrebbe uno degli schizzi del Gioak quando fiaschi ben più gravi occorrevano a lui, stellina). Avevamo in programma di assaltare la Fenice per il concerto di Capodanno di quest’anno, passando addirittura sopra i prezzi stratosferici del teatro per la gioia: uno dei nostri miti cantava praticamente sotto le finestre di casa nostra!
Troppo facile, troppo scontato, troppo banale. Le cose fatte così a noi riescono sempre male. Non poteva funzionare.
Ci abbiamo provato lo stesso, comunque. Visto che il sito della Fenice è un disastro, neanche lo avessi creato io, mi sono spinta in una solitaria strafet Spedition (spero di aver azzeccato la grafia) per requisire i biglietti ed evitare così di pagare sovrapprezzi di spedizione... Ahimè, benché su internet fossero ancora disponibili un paio di posti in loggione (maledetta tecnologia! Mi hai fregato di nuovo!), in realtà erano già esauriti. Nelle mie orecchie ronzava la tromba dei caduti...
Dopo questa clamorosa sconfitta, abbiamo seppellito l’ascia di guerra per qualche mese, ma l’eventualità di aprire di nuovo le ostilità, con un’invasione di tutto rispetto, solleticava particolarmente il nostro spirito bellicoso.
Il 7 Maggio, giorno di apertura delle prevendite, Aspasia si è piazzata davanti al computer e, dopo aver sudato freddo per più di mezz’ora (era la trecentesima in attesa...), è riemersa esultante dallo scontro e mi ha comunicato la buona novella, all’immortale, dantesco grido di

E vegno in parte ove non è che LUCA!

che in origine non aveva il significato che gli attribuiamo noi, ma non credo che il Padre Dante sia nelle condizioni di protestare, anche perché di sostenitori ne ha pochini...

E siamo partite, lanciate come caccia bombardieri, con al seguito una nostra socia non-operista ma patita di Londra, colei alla quale dobbiamo il logo del blog.
Non racconterò dettagliatamente i sei giorni di goliardica vacanza, ma mi limiterò a segnalare alcuni episodi di rilievo, prima di arrivare alle opere (perché in realtà sono state due: il Rinaldo e l’Elijah di Mendelssohn: se bisogna fare una cosa, facciamola bene!):
1. rendersi conto, con un lampo di genio alle 7.30 del mattino che i Medici citati da Rinuccio in Firenze è come un albero fiorito sono un clamoroso refuso storico, visto che le vicende di Gianni Schicchi sono avvenute un secolo prima dell’avvento dei Medici alla ribalta (e ancora più tempo è passato per arrivare all’effettiva signoria...)
2. accorgersi che sui mattoni che lastricano l’ingresso del Globe Theatre (lì collocati negli anni Novanta) spicca una sedicente Mary Stuart
3. accorgersi la mattina dell’ultimo giorno che esiste una casa-museo dedicata a Händel e non avere il tempo per visitarla (qui si bissa il successo della casa del Gioak a Bologna. Ci sono appena un paio di chilometri in più...)
4. sostare di fronte a un poco lusinghiero ritratto di Sir William Pitt, che sembrava che avesse in testa un barboncino anziché la parrucca d’ordinanza, con ai lati due busti che sembravano le maschere della commedia (con un naso a punta che avrebbe fatto l’indivia di Cleopatra) e della tragedia. Povero William, l’ingratitudine del mondo!
5. mentre Londra è ancora lastricata dei ricordi del matrimonio di William e Kate di cui forse vi sarà giunta una smorzata eco, io me ne sono andata felicemente in giro esclamando «Toh! Vendono le tazze del Guglielmo e della Caterina!» (e Aspasia «Sai che se l’avessi detto a chiunque altro a questo mondo, ti avrebbe guardato come se fossi matta?»)
E queste riguardano proprio l’antefatto al Rinaldo (per l’Elijah siamo state più sobrie):
1. preparare tutto per tempo, cambio d’abito, cena e metro e arrivare, non si sa bene come né perché, trafelate e in fretta e furia giusto cinque minuti prima dell’inizio dello spettacolo. Per la corsa, le mie scomodissime scarpe mi hanno distrutto i piedi
2. avevamo prenotato, visti i prezzi economici, uno dei posti migliori. Appena ho porto il biglietto alla maschera, questa, un signore abbastanza anziano e alla buona, si è rizzata sull’attenti come di fronte a due regine e ci ha condotte di persona al nostro palco (il paragone regale è puramente casuale)
3. sedersi in uno dei palchi migliori della Royal Albert Hall è di per sé una vittoria superlativa, ma guardarsi intorno e vedersi circondate da gente incanutita o completamente calva e ricevere sguardi d'invidia perché ancora con tutti i nostri capelli e del colore primigenio, non ha prezzo
4. girarsi alla propria destra e sobbalzare constatando di essersi seduta accanto alla sosia della fu regina madre
5. aprire il programma di sala e leggere in calce ad ogni pagina del libretto la dicitura “Please turn the page quietly”. Questi Inglesi! Organizzatissimi!

martedì 13 settembre 2011

Ve li do io i pop-corn del cinema!

Prendete due madame goliardiche. Tutte e due insieme, mi raccomando, perché altrimenti soffrirebbero di solitudine.
Prendete due madame convinte di essere le più grandi melomani di questo piccolo, grande mondo (non dovrei affermarlo così sfacciatamente, dovrei simulare modestia... Ma avrei dovuto fare tante cose con modestia in vita mia e ogni volta è finita in modo teatrale. Non vedo perché opporsi ancora all'avverso fato).
Date alle due madame un soggiorno o altra camera tranquilla, una bella infarinata di tecnologia (persino io, restia alle novità come i migliori conservatori, apprezzo questa nuova frontiera della scienza e della tecnica che è il DVD) e un'opera lirica e poi potrete star certi che ve le sarete levate dai piedi per due o tre ore.
PROVARE PER CREDERE. Tanto siamo in garanzia.

Avrete capito che le due madame siamo io e Aspasia. Oltre a smaniare per stagioni liriche, teatri, palchi di prim'ordine e poltrone di platea (benché, salvo rarità, io finisca sempre in loggione abbracciata a una colonna), una volta al mese ci ritiriamo a casa dell'una o dell'altra per celebrare la nostra devozione all'opera con un bel filmato.
Ovviamente, l'opera non è che un PRETESTO per nuovi, ameni sketch. Chi sostenesse, infatti, che lo scopo primario dei nostri ritrovi sia ascoltare della buona musica, sarebbe semplicemente PAZZO. Intendiamoci, la musica ha sempre il suo piedistallo con tanto di aureola, ma noi non cediamo il nostro primato di primedonne alla Moffo di turno, soprattutto se queste cantanti si presentano a casa nostra. Qui, se permettete (e anche se non lo permettete), le sovrintendenti siamo N O I e tutti gli altri devono sottostare, con una pazienza che in dei divi non si è mai vista, agli assalti di ben due linguacce biforcute.
Se qualcuno crede che i pomeriggi opesistici si svolgano in pacata contemplazione su modello sindrome di Stendhal, si sbaglia di grosso. Voi dateci un'opera, una qualsiasi, e sicuramente noi troveremo qualcosa (qualunque cosa) per rincarare la comicità o stemperare il drammatico.
Esempio. Una volta eravamo in piena visione di una Lucia di Lammermoor con la Sutherland (quella diretta, manco a dirlo, dal suo diletto marito e consorte in quel di Sidney), che doveva essere doppiamente straziante perché nonna Joan, negli applausi finali, si commuoveva come una bambina.
Beh, dall'inizio agli applausi finali passano almeno due orette e mezza. In quelle due orette e mezza noi ce la siamo spassata, sganasciandoci senza ritegno: ma la colpa non è nostra, la colpa è sempre di chi l'opera la fa, a suo rischio e pericolo. La Sutherland, anzitutto, che aveva passato da un pezzo l'età della leggiadra fanciulla (anche se la sua interpretazione supera di molto quella di parecchie fanciulle, leggiadre quanto vanamente speranzose). Per non parlare dello sposino. Già questo sventurato non cantava granché bene, ma mettergli vicino un colosso come nonna Joan è perfido, visto che l'omino era la metà di lei (piuma del cappello inclusa). E come tacere la fantasia del costumista, che, per non sbagliare, aveva confezionato per Lucia dei vestiti tutti identici, salvo il colore.
L'opera, però, sa come vendicarsi.
La vendetta risponde allo spaventoso nome di ERCOLE AMANTE, un'opera di Cavalli ripresa ad Amsterdam (col nostro ADORATO Luca Pisaroni) dopo secoli di oblio. Quest'opera dura QUATTRO ORE e, quel che è peggio, per tutte le quattro ore si ripete SEMPRE IDENTICA. Io, prima di sperimentarla per il pomeriggio operistico, l'avevo vista per intero una volta sola, con l'influenza, e, così rimbambita, mi era piaciuta, tanto più che mi occupava tutta una mattina e mi distoglieva dai miei martiri.
Al pomeriggio operistico, invece, ero perfettamente in salute e il mio affetto per quest'opera si è prontamente ridimensionato.
Ignare di cosa rischiassimo sorbendoci quell'opera infinita, abbiamo ridacchiato per il primo quarto d'ora, allorché il nostro Luca (Ercole) vestiva letteralmente i panni del protagonista, perché doveva infilare un orribile costume alla Big Jim, che prevedeva delle scarpe con dieci centimetri di zeppa, superflue visto che il Luca, da nostre stime, dovrebbe sfiorare i due metri...
Dopo questo, il coma. Non si arrivava MAI, MAI, MAI alla fine! Sembrava un incubo senza risveglio! La contrada da cui nessun viaggiator ritorna! AIUTO!
Forse è stata l'unica opera che ci ha quasi condotte al pianto...
Quasi, però, perché noi, furbe, non abbiamo scelto l'Ercole come primo pomeriggio operistico e conoscevamo già i trucchi del mestiere.
I trucchi del mestiere sono le cosiddette munizioni da bocca, che, da sole, valgono quanto un primo atto. In effetti, non c'è pomeriggio operistico senza le munizioni da bocca: patatine, mignons, brownies, cannoli ricoperti al cioccolato, bigné, cestini di frutta (che forse sono le cose più sane che mangiamo nei nostri pomeriggi, soprattutto perché la frutta sembra vera!), dolci col caramello e il cioccolato, biscotti con la glassa...
Gran parte delle provviste sono merito di Aspasia, provetta cuoca, il resto ci viene fornito dalla mia fidata pasticceria, La Rosa (forse l'unica cosa buona della mia città, che ancora non mi spiego come riesca a fare comune!).
Pregio della Rosa sono i cannoli al cioccolato ripieni di crema, SQUISITI e, ogni mattina prima del pomeriggio operistico, io passo sempre fra i tormenti dell'inferno per il terrore di non riuscire a trovarli. Spesso e volentieri, però, mi va bene e faccio parte del mio sollievo anche Aspasia, con il gaudente messaggio "CATTURATI!"
Come non gustare l'opera, con questi deliziosi retroscena?