venerdì 23 settembre 2011

Per lui che adoro: Nuovo disco per Juan Diego

Confinati in questo limbo tra la fine dei festival estivi e la ripresa delle stagioni regolari di cosa mai potremmo parlare? Ma di dischi, è chiaro! Ma non di dischi vecchi, sarebbe banale (ciò non toglie che in futuro lo faremo, in fondo un po' di banalità che male può fare? ... Lo so, sono schizofrenica XD), e neanche di dischi nuovi! La vostra diabolica blogger è talmente avanti che si accinge a scrivere di un disco che non è ancora uscito! Si tratta della più recente fatica del nostro adorato Juandì (come lo chiamano i suoi fan), o Giovandiego, come preferiamo chiamarlo noi.
Il disco sarà interamente dedicato ad arie d'opera in lingua francese. E qui esprimo una speranza, anzi, un'accorata preghiera: che il titolo non sia “French arias” o “French opera arias”. La Decca si sprechi un pochino e si inventi qualcosa di meglio. Su! Non ci vuole tanto ;).

Lo stesso Ernesto Palacio, agente di Florez, ha reso pubblica, sul forum “Florezidos”, la composizione del disco, che vi riposto fedelmente:

- Prendre le dessin; Lakme; Delibes
- L'amour; Romeo et Juliette; Gounod
- Au mont ida, tois desses; La belle Helene; Offenbach
- Vainement; Le roi d'ys; Lalo
- Mes amis; Le postillon; Adam
- Asile hereditaire; Guillaume Tell; Rossini
- A la voix d'un amant fidele; La jolie fille; Bizet
- Oui je vais par le monde; Mignon; Thomas
- Pourquoi me reveiller; Werther; Massenet
- O blondes ceres; Les troyens; Berlioz
- Seul sur la terre; Dom Sebastien; Donizetti
- Viens gentile dame; La dame blanche; Boldieu

Il primo rilievo che mi viene in mente è che si tratta di arie in lingua francese, ma non tutti autori francesi: salta all'occhio la presenza di Rossini e Donizetti, cavalli di battaglia del tenore, anche se (se non sbaglio) non ha mai eseguito queste opere, come pure quelli degli altri autori.
In Rossini credo che andremo sul sicuro, mi aspetto il “solito” Florez, semplicemente il miglior tenore rossiniano di sempre (una bazzecola...).
Invece, avendo ben chiara in mente “Pourquoi me reveiller” cantata da Jonas Kaufmann, sono estremamente curiosa di sentire come ne uscirà lui. Le voci sono indubbiamente diverse. Credo che Florez (a meno che non sia del tutto impazzito) seguirà il filone interpretativo tracciato dai tenori di grazia che l'hanno preceduto nel ruolo, gente tipo Kraus, per intenderci.
Nella splendida aria da Lakmè, confidando anche nella direzione di Michele Mariotti (che sarà alla guida dei “suoi” complessi del Teatro Comunale di Bologna), spazio al lirismo, alla morbidezza. Se non si mette in testa di strafare, con il giusto gioco di colori, potrebbe rendere magnificamente le atmosfere di questo brano.
Ammetto di non conoscere molto bene gli altri brani, quindi rimando qualsiasi impressione a quando avrò per le mani il disco.

Per farci la bocca, ecco un'idea di quello che probabilmente sentiremo

Ps. L'uscita è prevista entro l'anno. Un bel regalo di Natale!

martedì 20 settembre 2011

Per lui che adoro: buone nuove da Monaco

AGGIORNAMENTO
I fan non hanno fatto in tempo a cominciare a vantasi di aver reperito notizie in modo "rocambolesco, che il sito ufficiale di Kaufmann riporta questo:

"I’m pleased to say that the operation to remove a node from my chest that I had to undertake earlier this month went very well and that the recovery is making good progress. Therefor I can start performing as expected in October, first an Aria recital tour with concerts in Essen (10th), Berlin (13th), Athens (19th) and London (24th) followed by a Lied recital at the Metropolitan Opera in New York (30th) and rehearsals for the new production of Gounod's “Faust” at the same place.
Jonas Kaufmann"

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Partiamo con la parte seria, così poi posso folleggiare in pace e chi non fosse interessato ai miei deliri potrebbe passare a più edificanti letture.
In molti, dopo l'annuncio della motivazione per cui Jonas Kaufmann ha cancellato le sue date nelle tournée giapponesi del Teatro Comunale di Bologna e della Bayerische Staatsoper, negli ultimi tempi hanno inutilmente cercato notizie sulla salute del tenore. Visto che nulla, fino ad ora, era trapelato, qualche simpatico uccellaccio del malaugurio ha ben pensato di iniziare ad ipotizzare gli scenari più drammatici (e magari iniziare a scrivere un bel coccodrillo dopo anni passati a dire che in realtà non è questo gran cantante, ma ha fatto carriera solo perché è bello).
A rassicurarci (e a far andare di traverso il coccodrillo alle cornacchie di cui sopra) è arrivato l'Oktoberfest!
No.
Le vostre blogger diaboliche non sono andate ad affogare i dispiaceri operistici nella birra bavarese e di conseguenza alla relativa ubriacatura si sono sognate un bel comunicato stampa.
Non c'è stato nessun comunicato stampa (e noi non ci siamo ubriacate).
Più semplicemente il nostro amato Jonas (che si presume sia stato già operato) ci ha accompagnato la famiglia! E siccome in Germania hanno ancora un po' di coscienza, i giornali hanno pensato bene di riportarne la notizia, con tanto di foto!
FINE DELLA PARTE SERIA (ok, non era seria neanche questa...)
Per farla breve, questa è la foto pubblicata dal Tageszeitung
ed ecco l'articolo
"Auch einem Startenor der Konzertsaele und Opern in aller Welt fuellt, kann man in seiner Heimatstadt Muenchen etwas besonders bieten. Auf dem festlich geschmueckten Festwagen der Wiesnwirte Roland und Doris Kuffler hielt Jonas Kaufmann und Ehefrau Margarethe Joswig und seinen Kindern Charlotte, Fabio und Matteo am Samstag Einzug aufs Oktoberfest. Nach einem ausgiebigen Weisswurstfruehstueck im Spatenhaus waren Familienmitglieder und weitere prominente Freunde der Wirtsfamilie bereit fuer die Jungfernfahrt auf dem nagelneuen Festwagen. “Es ist ein tolles Erlebnis, wenn man den ganzen Einzug erleben darf” freute sich Kaufmann, der zurzeit eine gesangliche Zwangspause einlegen muss – ein Knoten in der Brust musste operiert werden “Es ist alles positiv verlaufen, und ich starte naechsten Monat wieder durch” strahtle der Startenor."




Intanto non possiamo che rallegraci per le notizie positive.
Ma c'è di più.


(Ora inizio a folleggiare)
Intanto ringraziamo il Tageszeitung per averci finalmente messo al corrente del nome del terzo baby Kaufmann: da mesi le vostre due blogger diaboliche di chiedevano come si chiamasse questa creatura!
In seguito la mia mente bacata è partita in quarta e ha iniziato ad immaginarsi l'allegra famigliola intenta a degustare birra e prelibatezze bavaresi, e soprattutto a cantare così
Ma il meglio è la foto: per anni e anni abbiamo bramato di ammirare il tenore in costume tipico! Bisogna dirlo, gli dona! XD


Ps. Il suo agente, in un comunicato stampa del Met ha dichiarato: "I am pleased to say that Jonas Kaufmann's surgical procedure to remove a node from his chest went smoothly and that he will be fully recovered in time to return for his Met recital debut in October and the new production of Faust in November.

lunedì 19 settembre 2011

Ah quando, per esempio, cantava Caffariello: Joan Sutherland - Complete Decca Studio Recitals

Alla Decca qualcuno ha fatto i compiti, e li ha fatti per bene. Infatti la casa discografica nel mese di ottobre pubblicherà un sostanzioso cofanetto (23 cd) contenente i recital che Joan Sutherland (il cui primo anniversario della morte ricorrerà il prossimo 10 ottobre) ha registrato presso i loro studi.
Tra questi spicca lo storico "The art of the prima donna", un disco che, a mio avviso, non dovrebbe mancare nella collezione di nessun melomane, anche di coloro che non amano l'arte della Stupenda. Da quello che ho potuto leggere in rete, non ci dovrebbero essere inediti, ma solo alcune tracce poco diffuse. Visto il prezzo affatto proibitivo, il sito IBS dice 75,90 €, l'acquisto è quasi "d'obbligo", soprattutto per chi volesse completare la propria collezione (leggasi Aspasia), senza svenarsi (il solo "The art of the Primadonna" costa circa 40 euro, altri recital sono più economici, ma alcuni risultano fuori catalogo).

venerdì 16 settembre 2011

Una voce poco fa: Ceci n’est pas une opera seria! Cronache di una commedia annunciata. Rigoletto (Gorizia, 25 Luglio 2011)


Dopo la citazione da un celebre quadro di Magritte, mi corre l’obbligo di fare una precisazione.
Noi D E T E S T I A M O Magritte.
E O D I A M O Verdi.
(In effetti, è più breve l’elenco delle personalità che ci piacciono.)
Perché diavolo siete andate a vedere Rigoletto, allora? obietterete.
Beh, perché si va a vedere Rigoletto?
Per ridere!

Immagino lo sgomento di Piave davanti a questa sfacciata affermazione. Probabilmente, dopo averne ammazzati tanti nei suoi briosi libretti, quel povero poeta si sarebbe buttato lui stesso giù da un ponte, disperato e afflitto, chiedendosi dove avesse sbagliato.
Gettiamo immediatamente il salvagente al povero Piave: lui non ha colpa. La colpa è del Divo (sospiro svenevole) e di quasi tutti coloro che gli hanno fatto dorata aureola in quella goliardica sera. Nomiamoli uno per uno, anzitutto:

Il duca di Mantova Ivan Magrì (il Divo)
Rigoletto Vasile Chisiu
Gilda Linda Kazani
Sparafucile Abramo Rosalen
Maddalena/Contessa di Ceprano Silvia Pasini
Giovanna/Paggio della duchessa Valentina Volpe
Il conte di Monterone Claudio Mattioli
Il conte di Ceprano Giovanni Alberico Spiazzi
Marullo Florin Cristian Simionca
Borsa Lee Do Geol

Coro e Orchestra della Società Filarmonica
Maestro del coro Giuliano Fabbro (onore e gloria, dato che il coro è stata una delle cose migliori)
Direttore Giampaolo Zennaro

Ora che abbiamo tributato i meritati allori ai protagonisti (non sia mai che il Divo si offenda), passiamo, com’è consuetudine, a me e Aspasia, che rivendichiamo sempre e comunque il nostro angolino, forti del fatto che senza melomani non esisterebbe l’opera e che pertanto, paradossale ma vero, le protagoniste siamo noi (anche perché, cari divi, sareste disoccupati se le platee fossero vuote).
Abbiamo conosciuto il Divo grazie alla Barcaccia, breviario di ogni melomane, dove quest’anno l’eroe ha trionfato per uno stock di esilaranti Fa sovracuti nel contesto di un infelice Credeasi misera, guadagnandosi una figura barbina di proporzioni ecumeniche. È risultato, grazie a questa performance, vincitore nella categoria “Perle nere” che, per chi non segue il programma, è la rubrica dedicata al meglio del peggio dell’opera.
Da quel momento, è rimasto nei cuoricini mio e di Aspasia come uno dei cantanti che ha più suscitato il nostro ludibrio, anzi, Ludibrio. Appena abbiamo visto affisso in strada il cartellone del Rigoletto, dopo la battuta d’uopo «Ma non c’è un altro compositore, a parte Verdi?» (risposta: «No»), siamo partite in quarta in cerca dei biglietti con insolita impazienza: avevamo letto il caro nome! Dovevamo ASSOLUTAMENTE gustare questo prodigio dal vivo!
Non credo che abbiamo mai atteso tanto un’opera di Verdi: fin dalla mattina del giorno X, fremevamo di impazienza, pregando ardentemente che non si scatenassero gli elementi (in quei giorni, nelle nostre zone il tempo era particolarmente instabile e, giusto ben per stare sedute tre ore nell’aperta piazza, abbastanza freddino) e che il Divo mantenesse tutte le promesse con cui ci aveva lusingate.

Interludio. RIGOLETTO. Un nome, una garanzia, direte.

ILLUSI!

Io e Aspasia abbiamo storpiato questo nome in mille maniere: in principio era Topoletto o Grigoletto in memoria della produzione andata in onda sulla RAI l’anno scorso (e noi sosteniamo che Grigoletto suoni meglio del nome originale perché quella “G” all’inizio dà una maggior spinta alla pronuncia. Quanto a Topoletto, è una storpiatura dalla Barcaccia, dove Domingo viene sempre chiamato Topone), poi è diventato Rigolato, dal nome di un paese della Carnia, poi Ridoletto, per evidenti ragioni di berlina; infine, per influsso delle precedenti, Grigolato.
Ci siamo un po’ lasciate prendere la mano, sì...

Gorizia, Piazza Vittoria, ore 21.15. Le primedonne, cioè noi, avevano i posti in quarta fila e ingannavano il tempo passando in rassegna le varie ed eventuali sciagure, sempre di “barcacciana” memoria, che sarebbero potute occorrere durante lo spettacolo: dal mitico capitombolo su “pensieeeer” del povero Gedda (non a caso sigla delle Perle) a un altrettanto considerevole Bella figlia dell’amore, in cui il contralto attaccava con una strofa d’anticipo...
Dopo il trascurabile, cupo preludio (che forse è stato l’unico momento di pretesa serietà, ma anche no, perché l’orchestra era quello che era...), si inizia subito con le meraviglie: il Divo (sospiro svenevole) si presenta sul palcoscenico con un completino color oro, graziose calzettine di seta dello stesso colore, in perfetta tinta con la dorata chioma (Erano i capei d’oro al Divo sparsi).
Aspasia, impugnato il binocolo, l’ha subito puntato come un mastino, emergendo dalla sua inquisizione a metà fra il ridanciano e il perplesso «Rossetto alla ciliegia, eye-liner, matita e ombretto azzurro».

Ci siamo guardate per un attimo, in profonda crisi.

«È più truccato di me!» ha protestato Aspasia.

Questo significa solo una cosa: non è Divo.

È D I V I S S I M O! (doppio sospiro svenevole, quando ci vuole ci vuole)

RISATAZZA.

Intanto, il Divo parte con la prima aria, Questa o quella, con cui si presenta per quello che è (una dis-Grazia), ma non ancora fischiabile per imperdonabili errori. Poco male, ci sono ancora due arie, il duetto con Gilda, il quartetto del terzo atto... Occasioni per rifarsi abbondano, tanto più che la direzione spiccatamente bandistica e l’orchestra scalcinata contribuiranno in maniera non irrilevante.
Arriva Rigoletto... Mio Dio! Quest’uomo (che Aspasia ha poi scoperto essere assoldato per lo stesso ruolo nientemeno che alla SCALA! Che sento? Orrore!) è stato il degno compare del suo Duca, cioè ha contribuito notevolmente a rallegrare l’aspetto plumbeo dell’opera. Non un accento che ricordasse al pubblico che Rigoletto è un personaggio sardonico e maligno! Eravamo a livelli di farsa di bassa lega. E non solo l’interpretazione faceva acqua (altroché! stavamo affondando!), ma anche la tecnica e la pronuncia erano abbastanza empiriche!
Niente, comunque, in confronto al disastroso Monterone: sembrava dovesse lasciarci le penne fin da “Ch’io gli parli”, per le difficoltà percebilissime e la voce ingolata.
Una rivelazione positiva è stata invece Sparafucile (N.d.A.rmida: personaggio che dà il nome a un circolo di pesca nei pressi di Mantova. L'Autrice ringrazia Aspasia per la cortese informazione) che, con buona pace di divi e primedonne, è stato l’unica nota positiva della serata. Voce di bel timbro e sicura, ottima interpretazione. Ha letteralmente sopraffatto Rigoletto nel duetto del primo atto (e nell’ultimo, è stato l’unico a uscire indenne dal terzetto con Maddalena e Gilda).
Veniamo ora a Gilda, da Aspasia efficacemente definita “una zanzara”, giusto per darvi il polso della situazione. Ci siamo chieste quanto effettivamente l’avremmo sentita senza l’amplificazione, necessaria dato lo spazio aperto: il registro grave era quasi inudibile già così. A parte il fastidioso ronzio, la sua interpretazione niente affatto esaltante (anziché una creatura angelicata sembrava di avere a che fare con una contadinotta, aiutata in questo da un riprovevole costume marrone...).
Ah dunque amiamoci: qui il Divo ha avuto il suo primo momento di fulgore, visto che si è allegramente perso a metà della cadenza, ed è stata una piacevole gara a “chi canta peggio” col soprano.
Caro nome: lasciamo da parte Gilda, paradossalmente irrilevante, se non per quell’accidente di Mi bemolle alla fine, che rovina sempre il contesto. Qui, il protagonista era un altro, uno di quelli che dovrebbe stare in sordina, nascosto nei meandri cupi e bui delle quinte o segregato in qualche angolo ribassato ai lati del palco: il SUGGERITORE. Quest’individuo sconosciuto e inquietante, senza volto e senza nome, ha deciso di vendicare la sua ingrata professione e i suoi frustrati predecessori facendo sketch da questo momento alla fine.
«G-U-A-L-T-I-E-R M-A-L-D-È... C-A-R-O N-O-M-E» ha scandito orgogliosamente l’importuno, successo bissato allorché il Divo, eclissato proprio all’acme della gloria, si è sentito gridare, bello scandito (altrimenti non vale) «L-A D-O-N-N-A È M-O-B-I-L-E!»
Probabilmente questo suggeritore deve avere avuto una qualche ruggine di non lieve entità col soprano e col tenore, perché altrimenti non si spiegherebbe il palese astio nei loro confronti: per suggerire addirittura l’inizio delle arie più famose, voleva a tutti costi far fare loro le figure dei cretini... e permettere a noi di sganasciarci...
Atto secondo: che ho sempre detestato perché la prima metà è dedicata a Rigoletto che impreca e la seconda a Gilda che piagnucola. PERÒ (un però compiaciutissimo, immaginatevi la mia faccina beata – abbellitemi anche un po’, vi prego!) PERÒ stavolta a esordire c’è LUI (sospiro svenevole): Parmi veder le lagrime, che già registra clamorose affinità con Come Paride vezzoso, stavolta è stato un autentico pezzo da opera buffa, ma i divi sanno piegarsi a questo ed altro per rivendicare l’attenzione del loro pubblico...
Avanti con l’atto noioso (in cui non mi sono distratta abbastanza da non notare che Cortigiani vil razza dannata voleva essere un allegro pezzo d’operetta e non la manifestazione del ferito amore paterno), fino alla riscossa: Sì vendetta, che nelle mani del direttore giusto diventa l’apogeo del bandistico... E noi, come da migliore tradizione verdiana, siamo precipitati in piena sagra... Ovviamente, ciò ha scatenato gli applausi del pubblico circostante, che non riesce a resistere quando lo si imbecca con musiche da osteria... Mah...
Atto terzo. Finalmente! Lo aspettavamo al varco!
La donna è mobile: se Parmi veder le lagrime lasciava presagire il peggio, questo ce l’ha confermato. Fin dall’attacco, l’orchestra è stata pronta ai nostri intimi desiri, partendo stonata.
«Adesso ci regala la Perla! Adesso ci regala la Perla!» tifavamo noi, col fiato sospeso, gli occhi accesi e scintillanti, neanche i tifosi allo stadio pregando per il goal...
LUI (sospiro svenevole) qui ha dato il meglio di sé, ha dato sfogo a tutti i suoi virtuosismi, terminando con un clamoroso “pensierrrrrrrrrrrrr” [sic! Peccato che l’audio sia andato in malora...] che ci ha fatto temere ce lo giocassimo prima di Gilda...
Così non è stato: il Divo deve sempre ricevere la quotidiana dose di applausi, che sono fioccati dopo un Bella figlia dell’amore in cui non c’era uno che se la cavasse bene, perché nemmeno Maddalena (che si è presa l’incomodo di portare in scena anche la Contessa di Ceprano) è stata all’altezza della situazione. Anzi, si è forse rivelata la peggiore della serata: brutta voce, in overdose di catarro, e, per di più, estremamente affaticata e sgraziata. Ricordava paurosamente l’impareggiabile Natalia De Andrade... Mi chiedo come sia riuscita a... ehm... “cantare”, si fa per dire, perché non c’era granché che meritasse questo appellativo...
In queste deplorevoli condizioni, agitati da due venti, siamo approdati al porto, con una “Maledizione” grottesca. C’era poco di meglio da aspettarsi, quando un interprete non ha coscienza del proprio personaggio...
Applausi, applausi, applausi... Le due befane dietro di me, in visibilio per il Divo (sospiro svenevole), si sono addirittura alzate in piedi per rendergli onore e hanno esclamato “In piedi anche voi!”, cioè io e Aspasia. Sgomenta, mi sono girata verso di loro. La mia occhiata deve averle fulminate: va bene ridere, va bene scherzare, ma queste due erano esaltate davvero! O tempora, o mores!
Un’ultima precisazione riguardo al Divo, che mi dispiace abbandonare così presto. Costui, oltre a scorrazzare su e giù per il palco, gongolante per il successo (fuori di sé per averla fatta franca ancora una volta, presumo...), ha anche preso per mano il direttore al posto della primadonna. Dove osano i tenori...

Scusatemi, devo precipitarmi, perché adesso c’è Verdi che vuole buttarsi giù dal famoso ponte...
Devo precipitarmi a dargli una spinta, intendo... :)

martedì 13 settembre 2011

Ve li do io i pop-corn del cinema!

Prendete due madame goliardiche. Tutte e due insieme, mi raccomando, perché altrimenti soffrirebbero di solitudine.
Prendete due madame convinte di essere le più grandi melomani di questo piccolo, grande mondo (non dovrei affermarlo così sfacciatamente, dovrei simulare modestia... Ma avrei dovuto fare tante cose con modestia in vita mia e ogni volta è finita in modo teatrale. Non vedo perché opporsi ancora all'avverso fato).
Date alle due madame un soggiorno o altra camera tranquilla, una bella infarinata di tecnologia (persino io, restia alle novità come i migliori conservatori, apprezzo questa nuova frontiera della scienza e della tecnica che è il DVD) e un'opera lirica e poi potrete star certi che ve le sarete levate dai piedi per due o tre ore.
PROVARE PER CREDERE. Tanto siamo in garanzia.

Avrete capito che le due madame siamo io e Aspasia. Oltre a smaniare per stagioni liriche, teatri, palchi di prim'ordine e poltrone di platea (benché, salvo rarità, io finisca sempre in loggione abbracciata a una colonna), una volta al mese ci ritiriamo a casa dell'una o dell'altra per celebrare la nostra devozione all'opera con un bel filmato.
Ovviamente, l'opera non è che un PRETESTO per nuovi, ameni sketch. Chi sostenesse, infatti, che lo scopo primario dei nostri ritrovi sia ascoltare della buona musica, sarebbe semplicemente PAZZO. Intendiamoci, la musica ha sempre il suo piedistallo con tanto di aureola, ma noi non cediamo il nostro primato di primedonne alla Moffo di turno, soprattutto se queste cantanti si presentano a casa nostra. Qui, se permettete (e anche se non lo permettete), le sovrintendenti siamo N O I e tutti gli altri devono sottostare, con una pazienza che in dei divi non si è mai vista, agli assalti di ben due linguacce biforcute.
Se qualcuno crede che i pomeriggi opesistici si svolgano in pacata contemplazione su modello sindrome di Stendhal, si sbaglia di grosso. Voi dateci un'opera, una qualsiasi, e sicuramente noi troveremo qualcosa (qualunque cosa) per rincarare la comicità o stemperare il drammatico.
Esempio. Una volta eravamo in piena visione di una Lucia di Lammermoor con la Sutherland (quella diretta, manco a dirlo, dal suo diletto marito e consorte in quel di Sidney), che doveva essere doppiamente straziante perché nonna Joan, negli applausi finali, si commuoveva come una bambina.
Beh, dall'inizio agli applausi finali passano almeno due orette e mezza. In quelle due orette e mezza noi ce la siamo spassata, sganasciandoci senza ritegno: ma la colpa non è nostra, la colpa è sempre di chi l'opera la fa, a suo rischio e pericolo. La Sutherland, anzitutto, che aveva passato da un pezzo l'età della leggiadra fanciulla (anche se la sua interpretazione supera di molto quella di parecchie fanciulle, leggiadre quanto vanamente speranzose). Per non parlare dello sposino. Già questo sventurato non cantava granché bene, ma mettergli vicino un colosso come nonna Joan è perfido, visto che l'omino era la metà di lei (piuma del cappello inclusa). E come tacere la fantasia del costumista, che, per non sbagliare, aveva confezionato per Lucia dei vestiti tutti identici, salvo il colore.
L'opera, però, sa come vendicarsi.
La vendetta risponde allo spaventoso nome di ERCOLE AMANTE, un'opera di Cavalli ripresa ad Amsterdam (col nostro ADORATO Luca Pisaroni) dopo secoli di oblio. Quest'opera dura QUATTRO ORE e, quel che è peggio, per tutte le quattro ore si ripete SEMPRE IDENTICA. Io, prima di sperimentarla per il pomeriggio operistico, l'avevo vista per intero una volta sola, con l'influenza, e, così rimbambita, mi era piaciuta, tanto più che mi occupava tutta una mattina e mi distoglieva dai miei martiri.
Al pomeriggio operistico, invece, ero perfettamente in salute e il mio affetto per quest'opera si è prontamente ridimensionato.
Ignare di cosa rischiassimo sorbendoci quell'opera infinita, abbiamo ridacchiato per il primo quarto d'ora, allorché il nostro Luca (Ercole) vestiva letteralmente i panni del protagonista, perché doveva infilare un orribile costume alla Big Jim, che prevedeva delle scarpe con dieci centimetri di zeppa, superflue visto che il Luca, da nostre stime, dovrebbe sfiorare i due metri...
Dopo questo, il coma. Non si arrivava MAI, MAI, MAI alla fine! Sembrava un incubo senza risveglio! La contrada da cui nessun viaggiator ritorna! AIUTO!
Forse è stata l'unica opera che ci ha quasi condotte al pianto...
Quasi, però, perché noi, furbe, non abbiamo scelto l'Ercole come primo pomeriggio operistico e conoscevamo già i trucchi del mestiere.
I trucchi del mestiere sono le cosiddette munizioni da bocca, che, da sole, valgono quanto un primo atto. In effetti, non c'è pomeriggio operistico senza le munizioni da bocca: patatine, mignons, brownies, cannoli ricoperti al cioccolato, bigné, cestini di frutta (che forse sono le cose più sane che mangiamo nei nostri pomeriggi, soprattutto perché la frutta sembra vera!), dolci col caramello e il cioccolato, biscotti con la glassa...
Gran parte delle provviste sono merito di Aspasia, provetta cuoca, il resto ci viene fornito dalla mia fidata pasticceria, La Rosa (forse l'unica cosa buona della mia città, che ancora non mi spiego come riesca a fare comune!).
Pregio della Rosa sono i cannoli al cioccolato ripieni di crema, SQUISITI e, ogni mattina prima del pomeriggio operistico, io passo sempre fra i tormenti dell'inferno per il terrore di non riuscire a trovarli. Spesso e volentieri, però, mi va bene e faccio parte del mio sollievo anche Aspasia, con il gaudente messaggio "CATTURATI!"
Come non gustare l'opera, con questi deliziosi retroscena?

martedì 6 settembre 2011

Levine cancella

Periodaccio per la lirica e chi la "anima". Dopo la notizia della prematura scomparsa di  Salvatore Licitra (eviterò di produrmi in un coccodrillo, non sono capace di esprimermi in queste situazioni, inoltre ne sono stati già scritti tanti da gente più brava di me), ecco un'altra infausta novella (anche se meno tragica): James Levine, mentre era in vacanza, è caduto, riportando una frattura ad una vertebra. Per questo motivo non dirigerà "Don Giovanni" e "Siegfried". Il MET ha annunciato che sarà sostituito da Fabio Luisi, appena nominato direttore principale dell'orchestra del teatro.

domenica 4 settembre 2011

Per lui che adoro: Florez e l'acqua di mare

L'altro giorno avevo annunciato la defezione di Florez per i Puritani  Nippofelsinei, pur non conoscendone la ragione ufficiale.
Oggi l'ho scoperta:
Dear Friends and Fans,

sadly, I have to communicate you that I won't be able to participate in the I Puritani production with the Teatro Comunale di Bologna in Japan in September due to medical reasons. Due to a strong single cough after swallowing some sea water, I have broken a small blood vessel on my cord. It is nothing serious, but you can't sing with this condition, being necessary some days of rest. I was so much looking forward to visit Japan after some years of absence, and meet with loving fans and friends again there. On the other hand, I was looking forward to sing I Puritani again, an opera so dear to me. 

I have been in Japan many times and I have only beautiful memories that I treasure in my heart, and I can't wait for another opportunity to visit you again.

With thanks for your understanding,

Juan Diego Flórez
Fonte:  
http://www.juandiegoflorez.com/news/

Io l'ho sempre detto che il mare fa male...

Deliri musical-cinematografici


Dopo il tris di tenori, al Comunale è venuto a mancare anche il sostegno del baritono, proprio all'ultimo momento. La prima cosa che mi è venuta in mente quando Aspasia, che è la mia gazzetta musicale in tempo reale(imbranata come sono, è meglio che non mi metta a cercare notizie su internet. Potrei smarrirmi in una selva oscura...), la prima cosa che mi è venuta in mente, dicevo, non è stata "Questa tournée non s'ha da fare", con buona pace del mio amatissimo Manzoni. La mia citazione invece è stata A qualcuno piace caldo: trovarsi all'ultimo momento a sostituire il baritono e l'ultimo tenore superstite altro non può essere che un remake del celebre film con Marilyn, Tony Curtis e Jack Lemmon... Solo che poi la mia mente speculativamente instabile ha aggiunto di suo: se Albelo (che sostituirà Florez) e il baritono sostitutivo (non mi è ancora giunto il suo nome) sono i novelli Lemmon e Curtis, il ruolo di Marilyn potrebbe spettare a Mariotti...

Comunque sia, quella storia finiva bene, nonostante ci fossero anche lì dei cattivi da sfuggire (solo che nel caso del Comunale non si tratta di mafiosi ma di radiazioni. Non so quale dei due sia il più pericoloso...).
BUONA FORTUNA AL COMUNALE!

giovedì 1 settembre 2011

Questa tournée non s'ha da fare...


Sto parlando della trasferta in Giappone dei complessi del Teatro Comunale di Bologna.
Tre titolo previsti, I Puritani, Carmen ed Ernani. Tre tenori protagonisti, Juan Diego Florez, Jonas Kaufmann e Salvatore Licitra.
Prima Kaufmann annuncia la cancellazione dei prossimi impegni (stando al suo sito dovrebbe riprendere il 10 ottobre) per potersi sottoporre ad un intervento chirurgico per l'asportazione di un nodulo al petto, poi si sparge la notizia dell'incidente stradale in cui Licitra è stato gravemente ferito (auguriamo ad entrambi il meglio, anche se, a quanto si legge in rete, le condizioni del tenore italiano sembrano essere critiche).
Già in blog e forum si ironizzava sullo stato d'animo di Florez, il quale, vista la cattiva aria che tirava sui tenori coinvolti in questo progetto, forse avrebbe fatto bene a restarsene a casa anche lui.
Detto, fatto.
Oggi in rete è comparsa la notizia, confermata da Ernesto Palacio, agente di Florez, che anche lui non sarebbe andato in Giappone.
Tre su tre.
Per i primi due casi non si tratta di divismo, ma di disgrazie. Incalcolabili.
Prima di accusare Florez di "eccessiva scaramanzia" attenderemo la motivazione ufficiale della sua cancellazione (fosse anche la paura per le radiazioni, condivisibilissima, dal mio punto di vista, ma, in questo caso, sarebbe stato meglio se si fosse svegliato prima).
Di una cosa però siamo certi: il terremoto, lo tsunami, le radiazioni, tre tenori che cancellano (e, notizia dell'ultim'ora, forse anche il baritono Gazale)...
Le coincidenze non cominciano ad essere troppe?



Ps. A breve vi forniremo un dettagliato resoconto delle nostre scorribande in terra inglese. Armida sta scrivendo le recensioni!