lunedì 21 agosto 2017

Cantami o diva: Enrico Caruso canta Verdi

Alle volte il "salvare per i posteri" può ritorcersi contro a un cantante in morte quanto ciò aveva fatto la sua fortuna in vita. Il tenore napoletano Enrico Caruso è stato il primo cantante ad aver davvero beneficiato della nascente industria discografica, cosicché ancor oggi, a dispetto delle impervie difficoltà che la sua voce deve affrontare per librarsi al di sopra degli agghiaccianti disturbi che la limitata tecnologia del tempo ha saputo preservare quasi meglio che i suoni prodotti dall'umano strumento, noi possiamo bearci al calore delle sue note, nonostante esse sembrino provenire spesso e volentieri non da un palcoscenico o da una sala d'incisione, ma dai profondi, inquietanti meandri di una degradante friggitrice.


Il nostro odierno eroe ha fatto la fama e la fortuna di se stesso e di un certo signor Puccini incidendone le recentemente composte arie e portandole al successo, ma anche Verdi aveva un peso notevole nel suo repertorio ed è proprio su costui che desidero dilungarmi. Caruso seppe infatti conferire a "Don Alvaro e a Radames un piglio e una passionalità che parvero nuovi e che, d'altronde, in gran parte lo erano, giacché fra i tenori della precedente generazione forse soltanto Julian Gayarre aveva in qualche tratto precorso Caruso.

La forza del destino


Celeste Aida

In aggiunta, egli possedeva una nobiltà d'accento e una linea di canto perfettamente consone ai tenori verdiani dalle tessiture più centralizzanti, tanto che, a parte le incisioni di varie pagine della Forza del destino e dell'Aida, il recitativo e l'aria 'Ah, la paterna mano...' del Macbeth appare ancor oggi un perfetto esempio di interpretazione verdiana, alla pari con il duetto Otello-Jago con Titta Ruffo, che ridicolizza tutte le incisioni successive.

il duetto con Titta Ruffo

Ma, come rovescio della medaglia e alla luce del gusto odierno (...) la sovrapposizione del timbro scuro e carnale di Caruso a personaggi pur sempre nati sotto il segno dell'idealizzazione romantica, può lasciare perplessi; e dubbi ancora maggiori suscita la circostanza che, malgrado l'accento nobile e la bella linea di canto, l'interpretazione di Caruso risulti appiattita dall'estroversione verista e dalla conseguente sbrigativa eliminazione di molti segni d'espressione del compositore. Questo inconveniente è particolarmente evidente nelle incisioni del Rigoletto" (dalla Grande Enciclopedia della Musica Lirica, vol. 1, pag. 241).

La donna è mobile dal Rigoletto

Per quanto Verdi ritenesse che tornare all'antico sarebbe stato un progresso, temo proprio che in questo caso ci troveremmo in netto svantaggio, anzitutto perché è difficile giudicare davvero quello che in queste registrazioni siamo andati a sentire, ma soprattutto perché il nostro gusto è ormai lontano dall'interpretazione che Caruso dà dei personaggi... o almeno così mi piace pensare.

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