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lunedì 3 ottobre 2011

Una voce poco fa: Operazione Se non è barocco, è un pastrocchio o sia E vegno in parte ove non è che Luca (Londra, 24-29 Agosto 2011) - Secondo atto

Secondo round. 28 Agosto. Qui andiamo sul sicuro perché non ci sono registi a ruota libera. Elijah (orribilmente pronunciato "elaigia") è stato un composto oratorio in cui il più scatenato era il direttore, (giustamente) entusiasta come non mai dell’opera sua.
Stavolta siamo arrivate in tempo, talmente in tempo che siamo riuscite anche a immortalarci sul luogo del misfatto, con la Royal Albert Hall come superbo fondale.
Poi, dentro. Stavolta eravamo in alto con gli altri comuni mortali, ma sempre in posti centrali.
Anzitutto, il colpo d’occhio: il teatro era quasi pieno, al massimo ci saranno stati un centinaio di posti non venduti (e la Royal è immensa), ma, soprattutto, ben cinque cori già schierati:
Taplow Youth Choir
Ulster Youth Chamber Choir
Chetnam’s Chamber Choir
North East Youth Chorale
Wroclaw Philharmonic Choir
Mio Dio! Quasi non si capiva dove finissero! Meraviglioso!

Ed ecco il cast:
Rosemary Joshua (soprano)
Sarah Connolly (mezzosoprano)
Jonty Ward (voce bianca)
Robert Murray (tenore)
Simon Keenlyside (baritono)
Gabrieli Consort & Players
direttore: Paul McCreesh

Questa benedetta voce bianca, che nel programma di sala era definita treble, ci aveva mandato un po’ in confusione, perché senza vocabolario alla mano, non eravamo riuscite a capire cosa fosse. Poi, è comparso un ragazzino, rigido dalla paura di fronte alla moltitudine di ascoltatori (tesoro, avrà avuto si e no dieci anni). Ha cantato bene la sua particina, nonostante l’emozione, e alla fine, piccolo, tenero e bravo, ha mietuto una marea di applausi.
Gli adulti, ora. Sono rimasta favorevolmente colpita da Rosemary Joshua, delizioso soprano, di cui ho notato miglioramenti rispetto alle Nozze di Figaro che ha cantato qualche anno fa a Parigi (di cui detengo il DVD), dove aveva una voce più spoggiata nel registro grave.
Quanto a Sarah Connolly, non so se a causa dell’orchestra lanciata sui fortissimi, se per l’acustica che, nonostante i miglioramenti, non è comunque ottimale, o per cause intrinseche, ci sono stati momenti in cui stentavo a sentirla. Rimane una bella voce, che ha fatto un buon amalgama col soprano (con cui ha inciso un disco di duetti handeliani, guarda caso).
Il tenore Robert Murray, non brillante ma soddisfacente, era penalizzato da acuti che suonavano stretti.
Grande trionfatore della serata è stato Simon Keenlyside, assolutamente magnifico, con un’esecuzione elegante, leggera e sicura.
Come accennavo prima, questo è stato l’oratorio dei fortissimi (io non ne sono patita, ma quando ci vogliono ci vogliono e in questo contesto catalizzavano come non mai l'attenzione), con estrema soddisfazione di coristi e orchestrali, che ci hanno messo tutta l’anima e tutta la grinta, senza per questo penalizzare i momenti più soavi come le parti degli angeli.

Con questo terzo episodio, si conclude il ciclo delle nostre vacanze estive. Abbiamo già qualche ideuzza per l’anno prossimo, ma non anticipo nulla perché, per dirla col padre Dante...

più non ti dico e più non ti rispondo

(e non è tutta scortesia come l’amico Ciacco: non riesco a commentare col mio nome sul mio blog, per cui devo fermarmi qui per forza).

Una voce poco fa: Operazione Se non è barocco, è un pastrocchio o sia E vegno in parte ove non è che Luca (Londra, 24-29 Agosto 2011) - Primo atto

Partiamo con Rinaldo. Correva il giorno di grazia 25 Agosto. Per quanto riguarda il cast, mi trovo un pochino imbarazzata, visto che sono stati tutti talmente bravi che ho poche malignità da rilevare. Ecco gli intrepidi protagonisti:

Sonia Prina (Rinaldo)
Varduhi Abrahamyan (Goffredo)
Tim Mead (Eustazio)
Anett Fritsch (Almirena)
Brenda Rae (Armida)
Luca Pisaroni (Argante)
William Towers (A Christian Magician)
Oliver Mercer (Herald)
Rhian Lewis (Woman)
Charlotte Beament e Rebecca van den Berg (Sirene)

Glyndebourne Festival Opera
Orchestra of the Age of Enlightenment
direttore: Ottavio Dantone
regista: Bruno Ravella

Sui cantanti, come ho anticipato, ho pochi rilievi da fare: il Rinaldo di Sonia Prina è stato convincente ma purtroppo in difficoltà nel registro grave e ogni tanto impreciso nelle agilità, mentre Almirena era a tratti scialba benché talentuosa. Molto bravi i controtenori. Mi sono piaciute molto le variazioni di Brenda Rae in Molto voglio molto spero, anche se l’ho apprezzata di più nei pezzi successivi, come nel duetto con Argante del terzo atto, Al trionfo del nostro furore. Ovviamente neanche Argante ci ha deluse: il Luca ha sempre detto che gli piace interpretare i cattivi e qui la malignità si è sentita in pieno, scatenato com’era.
Proprio nel contesto dell’aria di sortita del Luca, Sibilar gli angui d’Aletto, ho una malignità (che non è malignità, è verità, ma la verità è sempre cattiva) da registrare a proposito dei fiati, che hanno clamorosamente steccato, come sarebbe avvenuto in ancora un paio di punto clou...
Bella anche la direzione, con tempi serrati ma mai frenetici.

Veniamo ora alle dolenti note (EVVIVA!!!), cioè la REGIA. Finalmente, cari registi, ce l’avete fatta! Vi sarà dedicato, come avete sempre ambito, più spazio che non a cantanti e direttori! Per tacere di chi ha composto libretto e musica: se mai regista ha stravolto una trama, infatti, questa è stata l’opera sacrificale.
Alla faccia dei crociati, egregio Torquato Tasso, la scena si è spostata in una scuola dei nostri tempi, con tanto di cattedra, banchi, divise (dalla mia posizione mi sembravano uno sfacciato richiamo a quelle di Harry Potter. Fa’ che non sia vero! Fa’ che non sia vero!), bulli, secchioni e un’audace professoressa con completino in pelle (che sarebbe l’Armida contemporanea, me infelice!). Con l’ouverture ha inizio lo show (o lo scempio): un sospiroso Rinaldo contempla la fotografia di Almirena, ma viene infastidito dagli immancabili compagni dispettosi, che stracciano la fotografia e si azzuffano con Rinaldo. Arrivano i professori (Armida e Argante), con cappello e toga, separano i contendenti e lanciano il tema della lezione: “i crociati credevano nella missione cristiana o no?” Il seguito della recita sarà improntato a questo doppio strato, con gli alunni che si camuffano da crociati. Persino Rinaldo, infatti, indossava la corazza d’ordinanza solo in qualche momento cruciale, come l’aria trionfale Or la tromba in suon festante.
Il vestito di Argante, con tanto di cotta di maglia e mantello, era forse l’unico che potesse lontanamente ricordare una guerra fra Cristiani e Saraceni, solo che, vista l’ambientazione, qui il nostro risulta avere una tresca con un’allieva, visto che Almirena è anch’essa una studentessa (ma su questo ritorno fra un attimo, vado in ordine di apparizione).
Le cosiddette “Furie terribili” che circondano Armida altro non sono che delle bad girls in minigonna, con la delicatezza e la grazia di un elefante in cristalleria, e che mi hanno ricordato paurosamente la mia prima adolescenza, in cui andavano di moda Gwen Stefani e il suo seguito di Giapponesine o Filippine o Cinesine o quello che diavolo erano. Beh, le seguaci di Armida erano ricalcate su quel modello.
Dell’abbigliamento di Armida ho già accennato sopra. Ovviamente, non poteva mancare il frustino, grande tocco di classe, con cui, a un certo punto, la nostra ha dato un’amorevole pacca sulla nuca del busto del principe Alberto collocato in fondo al palco. Avrei pagato per vedere la faccia sgomenta della regina Vittoria...
Poi arriva Almirena, una sognante secchiona. Poverina, hanno fatto di tutto per imbruttirla: salopette grigia lunga fino ai piedi, treccione bionde, occhiali della più brutta forma e misura. Mancava solo l’apparecchio ai denti (forse c'era, chi lo sa!). Quando verrà rapita dalle presunte Furie terribili, verrà rinchiusa in una camerata dal sapore di collegio, dove si ambienterà tutto il secondo atto.
Il colpo di genio (si fa per dire) del primo atto, però, è consistito nel finale, con Rinaldo che chiede al cielo e ai numi di armargli il braccio in sella a... (suspance) una bicicletta! E tutti gli scagnozzi dietro, in bicicletta anche loro. Mi pare che, a un certo punto, ci sia stata anche un’impennata... Se questi sono stati i mezzi più potenti che i Cristiani avevano a disposizione, sfido che non sono riusciti a riconquistare il Sacro Sepolcro!
È stato carino il duetto delle sirene, in cui si fingeva una recita scolastica con tanto di telone che simulava il mare. Ciò che mi ha lasciata perplessa, invece, è stato il fatto che si sia sfruttata quest’occasione per dissacrare ulteriormente la serietà handeliana, perché, oltre alle due sirene canore, ce n’erano altre cinque o sei che si davano al nuoto sincronizzato, con risa del pubblico.
L’apoteosi del kitsch, ciò che ha scatenato l’ilarità della sala e mi ha fatto mettere le mani nei capelli, è stata la battaglia finale...
Battaglia? AHAHAH! Ecco come fu.

Si ode un fischio prolungato.
Sobbalzo, presa alla sprovvista, chiedendomi cosa stesse succedendo (che diavolo ci azzecca un fischio a teatro, durante un’opera che, nelle intenzioni di quei due cretini del librettista e del compositore, si intendeva seria?).
Beh, trovate d’ordinaria follia.
Una di quelle cose a cui avrei sperato di non assistere mai a teatro.
Da destra arriva un pazzo lanciato a tutta velocità, con fischietto in bocca e pallone sotto braccio.
Non ricordo se fosse vestito da arbitro o no, ma quello doveva essere.
Un arbitro.
Sì, un arbitro.
Un arbitro di una partita di calcio.
Una partita di calcio fra le Furie terribili pop e i Cristiani alla Grifondoro.
Una delle Furie terribili pop ad un certo punto si lancia in una rovesciata alla Holly e Benji di infantile memoria, al rallentatore, sostenuta da altre due compagne.
A dimostrare che la regina Vittoria è riuscita nell’intento di non far dimenticare l’adorato marito, non poteva mancare uno sketch col pallone che va fuori campo e colpisce il busto del principe Alberto sulla testa. La Vic ci avrebbe condannati tutti alla pena capitale, soprattutto perché ridevamo tutti, compresa la “regina madre” di fianco a me...
Quando abbiamo fatto il resoconto alla nostra socia non-operista, non ci credeva.
Non volevo crederci neanch’io, a onor del vero...

Una voce poco fa: Operazione Se non è barocco, è un pastrocchio o sia E vegno in parte ove non è che Luca (Londra, 24-29 Agosto 2011) - Prologo


Per non smentirmi, anche questa memorabile avventura si apre con un ridente scorcio campestre con me e Aspasia in primo piano (sia io che lei abitiamo in zone campagnole, infatti). A differenze degli ameni, soavi paesaggi e delle vezzose damine dei vedutisti settecenteschi, tuttavia, le due protagoniste sono armate fino ai denti, lanciate nell’ennesima, intrepida caccia al biglietto. Una volta tanto, tuttavia, l’allarme è scattato con largo anticipo, a fine Aprile, quando la mia socia informaticamente evoluta ha lanciato il Mi bemolle di battaglia.
«Il Luca canta Argante in Rinaldo! A Londra! A fine Agosto! Andiamo, vero?»
«Sono pronta!» ho risposto, ritta come un generale. Figurarsi se avessi risposto di no! Il Luca, Händel e Londra erano tre validissimi motivi per indurmi ad abbandonare la mia sedentaria vita da pseudo-intellettuale senza il minimo rimpianto.
Spieghiamo per gradi. Il Luca. Al secolo, Pisaroni. Costui è uno dei nostri idoli, uno di quelli per cui ci siamo già distinte per epiche sortite d’ordinaria follia: la prima a Salisburgo, due anni fa, per delle memorabili Nozze di Figaro con un cast stellare, e la seconda... Beh, la seconda è stata un fiasco (qui ci vorrebbe uno degli schizzi del Gioak quando fiaschi ben più gravi occorrevano a lui, stellina). Avevamo in programma di assaltare la Fenice per il concerto di Capodanno di quest’anno, passando addirittura sopra i prezzi stratosferici del teatro per la gioia: uno dei nostri miti cantava praticamente sotto le finestre di casa nostra!
Troppo facile, troppo scontato, troppo banale. Le cose fatte così a noi riescono sempre male. Non poteva funzionare.
Ci abbiamo provato lo stesso, comunque. Visto che il sito della Fenice è un disastro, neanche lo avessi creato io, mi sono spinta in una solitaria strafet Spedition (spero di aver azzeccato la grafia) per requisire i biglietti ed evitare così di pagare sovrapprezzi di spedizione... Ahimè, benché su internet fossero ancora disponibili un paio di posti in loggione (maledetta tecnologia! Mi hai fregato di nuovo!), in realtà erano già esauriti. Nelle mie orecchie ronzava la tromba dei caduti...
Dopo questa clamorosa sconfitta, abbiamo seppellito l’ascia di guerra per qualche mese, ma l’eventualità di aprire di nuovo le ostilità, con un’invasione di tutto rispetto, solleticava particolarmente il nostro spirito bellicoso.
Il 7 Maggio, giorno di apertura delle prevendite, Aspasia si è piazzata davanti al computer e, dopo aver sudato freddo per più di mezz’ora (era la trecentesima in attesa...), è riemersa esultante dallo scontro e mi ha comunicato la buona novella, all’immortale, dantesco grido di

E vegno in parte ove non è che LUCA!

che in origine non aveva il significato che gli attribuiamo noi, ma non credo che il Padre Dante sia nelle condizioni di protestare, anche perché di sostenitori ne ha pochini...

E siamo partite, lanciate come caccia bombardieri, con al seguito una nostra socia non-operista ma patita di Londra, colei alla quale dobbiamo il logo del blog.
Non racconterò dettagliatamente i sei giorni di goliardica vacanza, ma mi limiterò a segnalare alcuni episodi di rilievo, prima di arrivare alle opere (perché in realtà sono state due: il Rinaldo e l’Elijah di Mendelssohn: se bisogna fare una cosa, facciamola bene!):
1. rendersi conto, con un lampo di genio alle 7.30 del mattino che i Medici citati da Rinuccio in Firenze è come un albero fiorito sono un clamoroso refuso storico, visto che le vicende di Gianni Schicchi sono avvenute un secolo prima dell’avvento dei Medici alla ribalta (e ancora più tempo è passato per arrivare all’effettiva signoria...)
2. accorgersi che sui mattoni che lastricano l’ingresso del Globe Theatre (lì collocati negli anni Novanta) spicca una sedicente Mary Stuart
3. accorgersi la mattina dell’ultimo giorno che esiste una casa-museo dedicata a Händel e non avere il tempo per visitarla (qui si bissa il successo della casa del Gioak a Bologna. Ci sono appena un paio di chilometri in più...)
4. sostare di fronte a un poco lusinghiero ritratto di Sir William Pitt, che sembrava che avesse in testa un barboncino anziché la parrucca d’ordinanza, con ai lati due busti che sembravano le maschere della commedia (con un naso a punta che avrebbe fatto l’indivia di Cleopatra) e della tragedia. Povero William, l’ingratitudine del mondo!
5. mentre Londra è ancora lastricata dei ricordi del matrimonio di William e Kate di cui forse vi sarà giunta una smorzata eco, io me ne sono andata felicemente in giro esclamando «Toh! Vendono le tazze del Guglielmo e della Caterina!» (e Aspasia «Sai che se l’avessi detto a chiunque altro a questo mondo, ti avrebbe guardato come se fossi matta?»)
E queste riguardano proprio l’antefatto al Rinaldo (per l’Elijah siamo state più sobrie):
1. preparare tutto per tempo, cambio d’abito, cena e metro e arrivare, non si sa bene come né perché, trafelate e in fretta e furia giusto cinque minuti prima dell’inizio dello spettacolo. Per la corsa, le mie scomodissime scarpe mi hanno distrutto i piedi
2. avevamo prenotato, visti i prezzi economici, uno dei posti migliori. Appena ho porto il biglietto alla maschera, questa, un signore abbastanza anziano e alla buona, si è rizzata sull’attenti come di fronte a due regine e ci ha condotte di persona al nostro palco (il paragone regale è puramente casuale)
3. sedersi in uno dei palchi migliori della Royal Albert Hall è di per sé una vittoria superlativa, ma guardarsi intorno e vedersi circondate da gente incanutita o completamente calva e ricevere sguardi d'invidia perché ancora con tutti i nostri capelli e del colore primigenio, non ha prezzo
4. girarsi alla propria destra e sobbalzare constatando di essersi seduta accanto alla sosia della fu regina madre
5. aprire il programma di sala e leggere in calce ad ogni pagina del libretto la dicitura “Please turn the page quietly”. Questi Inglesi! Organizzatissimi!

mercoledì 24 agosto 2011

Vacanza!


Le vostre diaboliche blogger sono  in partenza alla volta dell'"Angla Terra", destinazione: PROMS!
Saremo liete di fornirvi un adeguato resoconto al nostro ritorno.