lunedì 2 aprile 2018

Cantami o Diva: Giulietta Simionato canta Rossini

In questo giorno di Pasquetta è giunto il momento di parlare della nostra amata Giulietta Simionato abbinata ad un autore altrettanto amato: Gioacchino Rossini.




Come giustamente ci fa notare Wikipedia, Giulietta Simionato era dotata di una voce di bel timbro e volume, dalla grande estensione (dal sol diesis grave al re bemolle sovracuto) e sorretta da un'ottima preparazione tecnica, si è distinta per il fraseggio accurato e l'aderenza stilistica[2].
Celebre anche per i suoi acuti saldi e penetranti, si considerava un soprano Falcon[3]. La voce era infatti di colore più chiaro rispetto a quello tradizionale del mezzosoprano ed era in grado di affrontare ruoli di soprano centrale senza ricorrere a trasporti di tono. 
Queste caratteristiche rendono la Simionato una cantante estremamente versatile ed in grado di affrontare, sostanzialmente, qualsiasi repertorio senza mai risultare inadeguata. 
In mezzo alla miriade di ruoli affrontati in carriera, spicca, forse inaspettatamente, vista l'epoca in cui ha calcato le scena, una certa quantità di composizioni di Rossini.
Come sappiamo, Rossini scrive per la voce di mezzosoprano/contralto moltissimi ruoli di rilievo, sia per personaggi femminili che per personaggi maschili en travesti. Ad accomunare questo ruoli sono le linee guida delle vocalità che Rossini richiese: voci elastiche, in grado di eseguire passaggi di coloratura complessi e dominio di tutti i registri. La Simionato è infatti una delle prime cantanti del '900 ad accostarsi con costanza a Rossini, soprattutto un Rossini diverso da quello del Barbiere, in un momento in cui non era ancora avvenuta la grande ondata di riscoperta delle opere del pesarese e in cui l'esecuzione di quel repertorio era ancora stilisticamente discutibile, affatto filologica e legata ad un gusto fortemente influenzato dal romaticismo e, in parte, dal verismo. Il Rossini della Simionato lo definirei quindi "pionieristico" poiché ha contribuito a riportare alla luce partiture di indubbio valore, ma senza il supporto degli studi filologici e sulle riflessioni sulla tecnica vocale fatti nei decenni successivi, che ci hanno permesso di avere un vero e proprio rifiorire del repertorio.

Partiamo da un ruolo en travesti: Tancredi. Notiamo una voce piuttosto chiara rispetto a quanto siamo abituati a sentire oggi per questo genere di ruolo.


Nell'Italiana in Algeri, invece, la voce relativamente chiara gioca a favore della resa del personaggio, tratteggiando un'Isabella giustamente arguta e civettuola, e non l'orco che certe volte ci viene proposto.



Lo stesso discorso vale per Cenrentola. Qui possiamo rilevare come l'esecuzione ci dimostri chiaramente l'epoca da cui proviene: il canto d'agilità, infatti, non ha quella brillantezza tipica della coloratura rossiniana a cui noi oggi siamo abituati.






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