martedì 27 marzo 2018

Una voce poco fa: Lucia di Lammermoor

Dopo una lunga assenza, finalmente una delle vostre diaboliche blogger è tornata ad assistere ad una rappresentazione operistica in quel di Trieste.
Domenica 25 marzo, infatti, mi sono appollaiata in un palco di terz'ordine per assistere alla terza rappresentazione di Lucia di Lammermoor.




Posso tranquillamente affermare di aver fatto più che bene a scegliere questo spettacolo per uscire dalla mia tana: si tratta di una delle mie opere preferite, proposta in un allestimento che già avevo visto a Trieste e che avevo trovato già all'epoca piacevole, e con un cast di tutto rispetto.
Per l'allestimento, il regista Giulio Ciabatti e lo scenografo Pier Paolo Bisleri puntano sulla semplicità di un'ambientazione posta in un imprecisato passato con la scena dominata da una pavimento pietroso che ricorda una scogliera (peraltro potenzialmente assassina per chi ci si deve muovere sopra) e pochi altri elementi che caratterizzano e differenziano le singole scene. Il tutto è valorizzato dalle luci che creano la giusta atmosfera cupa, ma non eccessivamente lugubre, che sottolinea visivamente al meglio quello che già la musica suggerisce. La scelta di riproporre questo spettacolo mi pare niente meno che azzeccata e anche il pubblico presente con me a teatro mi è parso del mio stesso avviso.

Passiamo ora alle novità, e cioè alle voci. Procedendo in ordine di locandina, parto ben volentieri da Devid Cecconi, ottimo nel ruolo di Enrico. La sua voce baritonale è scura e stentorea il giusto per la parte del principale antagonista, ma senza scadere nel truce. Molto efficace anche in scena con la sua presenza imponente e molto incisivo nel fraseggio.
Aleksandra Kubas-Kruk è stata una valida Lucia. Ho apprezzato soprattutto i fiati solidi e lunghissimi e le agilità sgranate alla perfezione. Il timbro non è dei più preziosi e si nota qualche sprazzo gutturale, ma nel complesso la voce è adattissima al ruolo, mostrandosi omogenea su tutta la gamma. Il principale aspetto negativo che ho notato nella sua prestazione vocale è stata la scelta di prendersi dei lunghi spazi prima di eseguire i sovracuti. Capisco l'umana necessità di prendere fiato, ma in certi casi si sono trasformati in vere e proprie pause con l'orchestra ferma a tenere una corona in attesa che il soprano si decidesse a partire. La trovo una scelta esteticamente discutibile e, soprattutto nel caso della chiusa della cadenza col flauto, semplicemente inutile, visto che poi il mi bemolle successivo è fallito miseramente. Avrei apprezzato molto di più il "coraggio" di omettere qualche sovracuto non scritto che, quando mal eseguito, rischia di rovinare una prestazione vocale che, per il resto, ho trovato ineccepibile. Scenicamente mi è parsa ben calata nella parte, con un primo atto non troppo bamboleggiante ed una pazzia efficace ma sobria. Tra l'altro mi sto ancora domandando se, durante Spargi d'amaro pianto, abbia affettivamente messo un piede in fallo rischiando una rovinosa caduta o se sia stato un movimento studiato. In ogni caso, complimenti: io ci ho creduto.
Indiscusso trionfatore della serata, accolto da un'autentica ovazione alla sua uscita per gli applausi, è stato Piero Pretti nel ruolo di Edgardo. Il tenore ha messo al servizio della parte dell'innamorato ferito una voce perfettamente emessa, omogenea e sonora in tutti i registri. Il timbro è piacevole, giovane e si piega perfettamente ai chiaroscuri che il ruolo richiede e i vari stati d'animo che Edgardo attraversa nel corso dell'opera, e soprattutto il fraseggio è sempre partecipe e procede in un crescendo di intensità che culmina nel finale magnificamente eseguito. Parlando di Pretti voglio sottolineare che in quest'edizione, al contrario della precedente, è stata fortunatamente inclusa la cosiddetta scena della torre, un duetto dai toni eroici tra Edgardo ed Enrico, che, a mio avviso, è uno dei vertici di quest'opera.
Buona la prestazione di Carlo Malinverno nei panni di Raimondo. Apprezzabile la solidità degli affondi nel registro grave che la parte richiede e buono il fraseggio. Non mi ha convinta del tutto, invece, dal punto di vista scenico.
Molto buono l'Arturo di Giuseppe Tommaso e l'Alisa di Giovanna Lanza, mentre Andrea Schifaudo nei panni di Normanno, soprattutto al suo ingresso in scena, è risultato poco udibile.

La direzione di Fabrizio Maria Carminati è risultata elegante, lineare, nei canoni della tradizione e molto attenta alle voci. Gli unici difetti che ho potuto rilevare sono stati qualche clangore di troppo nei concertati (anche se, mettendomi nei panni degli strumentisti, anche io avrei suonato a tutta birra, mandando elegantemente a quel paese filologia e rispetto per le voci in scena :P) e dei tempi un po' troppo rapidi in Verranno a te sull'aure (ma quest'ultimo è decisamente un appunto soggettivo).

Nel complesso, quindi, si può dire che questa Lucia sia stata uno spettacolo di grande successo grazie all'ottimo livello sia della parte scenica, che di quella musicale.

[foto dal sito del Teatro Verdi di Trieste]

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