lunedì 16 ottobre 2017

Cantami o diva: Cecilia Bartoli canta Vivaldi

La prima volta che avevo sentito definire Antonio Vivaldi "il prete rosso" mi era venuto un colpo. Non credevo possibile che l'illustre Veneziano vissuto a cavallo fra Sei e Settecento potesse avere delle simpatie filo-comuniste... e infatti non era vero, come non era vero (con buona pace della signora Cristina) che don Camillo fosse un "prete bolscevico" negli anni ormai lontani di un secolo a noi più vicino, ma vai a indovinare che il nostro compositore era stato ribattezzato così per il colore della zazzera anziché per questioni politiche, specie a causa di un'iconografia fuorviante...


Potete considerare così conclusi la prefazione e lo sproloquio. Non c'è una parola di vero in quanto ho scritto finora e posso assicurarvi che non avevo immaginato neanche per un secondo un Vivaldi comunista, non fosse che l'attributo avrebbe portato a tutta una serie di incongruenze cronologiche. Eppure, visti gli ornamenti musicali posti a decorazione del seguente post, non mi sarei perdonata mai e poi mai di cominciare con niente di meno bislacco di una goliardata, anche a costo di farmi considerare da voi la blogger più anti-professionale che esita. Del resto (e qui aspettatevi il colpo da maestra), se il vostro turbamento per la mia performance è stato preceduto da un profondo  sbigottimento e seguito da un inconciliabile sgomento, il mio lavoro potrà dirsi già bell'e finito, perché questo è proprio l'effetto che produce in me l'ascolto di Cecilia Bartoli quando presta la sua ugola alle note del grande Veneziano, che per fortuna tutto ha scritto fuorché Bandiera rossa.



Per alcuni, la Bartoli è una formidabile specialista. Wikipedia, se può davvero essere citata come fonte attendibile, la esalta per qualità come "la professionalità, la musicalità, il virtuosismo spericolato e per le doti di attrice" - insomma, come una cantante affidabile e in possesso di una tecnica ineguagliabile. Altri, comunque, sono un po' meno entusiasti e forse, qualche volta, anche un po' più cattivi, ma qualunque sia l'opinione personale di ciascuno di noi, credo che tutti converremo che il mezzosoprano riesca inevitabilmente a catturare l'attenzione quando si cimenta nella devastante coloratura vivaldiana e questo, nel bene ma forse soprattutto nel male, dovrebbe dire qualcosa.
I contributi bartoliani al repertorio barocco, come a quello mozartiano e rossiniano in una fase precedente della di lei carriera, sono numerosi per non dire sterminati e si distinguono per l'entusiastica (forse un po' troppo entusiastica) e appassionata (forse un po' troppo appassionata) maniera in cui il mezzosoprano "aggredisce" le melodie vivaldiane, dando loro vita in un modo che ha in sé dell'incandescente, ma lascio a discrezione di ciascuno decidere se quell'incandescenza somiglia di più a un raffinato spettacolo pirotecnico o alla fragorosa esplosione di una polveriera da parte di un esercito in rotta.
Tutti noi ricordiamo Agitata da due venti dalla Griselda, probabilmente l'aria che ha ritrovato la perduta immortalità grazie alla nostra Bartoli e che, presupponendo che uno spartito abbia un'anima, l'abbia donata anche a lei per gratitudine:



Insuperabile è anche la bartoliana performance di Anche il mar par che sommerga dall'opera Bajazet:



E concludo con Armate face et anguibus dalla Juditha Triumphans:



Mirabile, non c'è che dire. Questa donna è un fenomeno vocale e facciale, come è stato molte volte ribadito... eppure, chissà se le ramate chiome del prete rosso non sarebbero incanutite di colpo, se il nostro avesse avuto la possibilità di ascoltare e soprattutto VEDERE tutto questo.

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