Allo sfarzo vocale degli uni di solito corrisponde una componente di altrettanto smisurata grandezza, che sventuratamente punta direttamente sul versante opposto, negli altri. Se la mia cara collega ha scelto per vostra delizia lo strepitoso Nicolai Gedda, a me tocca ora scagliarvi contro una croce che sia non solo di verdiana memoria (così imparate voi che a teatro allestite le stagioni a suon di Traviate), ma soprattutto che sia all'altezza del precedente diletto o, se proprio fra tenori non si può che competere, addirittura superarlo. Nessuno meglio, dunque, che il leggendario Sirach van Bodegraven, autentica perla del firmamento musicale grazie alla sua goliardica (anche se, per lui, serissima) tecnica vocale che ha fatto letteralmente impazzire gli amanti del canto di ieri e di oggi.
L'augusto signore dall'improbabile nome e dal tracotante cognome (ometto di parlare del "van" per non recare offesa a un qualunque Olandese e soprattutto per non dovermi diffondere su quanto sia ingiusto che, in un modo o nell'altro, una parte qualsiasi del ben più musicale nome di Ludwig VAN Beethoven sia stato associato a un individuo del genere) si esibisce qui in due mirabili pezzi pucciniani, che esegue non solo con l'ugola, ma anche grazie ai più delicati polpastrelli che abbiano mai sfiorato una tastiera, se è vero come vuole la leggenda che il distinto artista si accompagnasse personalmente al pianoforte... e io spero vivamente che sia così, perché altrimenti bisognerebbe postulare che lo strumento romantico per eccellenza sia caduto in ostaggio di uno dei più cari miti del Romanticismo, Mefistofele in persona.
Bando alle chiacchiere, ora...
E lucevan le stelle
Nessun dorma
... e anche ora che lo spettacolo è finito, perché francamente un'interpretazione simile non può che invitare a un profondo e duraturo silenzio interrotto di tanto in tanto (ma solo di tanto in tanto, eh) isterico e soffocato scoppio di risa.
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