Sì, perché la sottoscritta è una grande appassionata di Mozart (ma dai???), che però, mai aveva avuto la possibilità di assistere a quest'opera dal vivo. Per fortuna a Trieste hanno ben pensato di metterlo in cartellone questa stagione, così da potermi consentire di colmare questa lacuna.
DIE ZAUBERFLOTE Trieste 14 gennaio 2017
DIE ZAUBERFLOTE Trieste 14 gennaio 2017
Sarastro: Petar Naydenov
Tamino: Vassilis Kavayas
Pamina: Lucrezia Drei
Regina della Notte: Olga Dyadiv
Papageno: Dario Giorgelè
Papagena: Lina Johnson
Monostatos: Motoharu Takei
Oratore: Horst Lamnek
Prima dama: Rinako Hara
Seconda dama: Patrizia Angileri
Terza dama: Isabel De Paoli
Primo sacerdote/ Secondo armigero: Giuliano Pelizon
Secondo sacerdote/ Primo armigero: Francesco Paccorini
Tre genietti: Elena Boscarol, Simonetta Cavalli, Vania Soldan
Direttore: Pedro Halffter Caro
Regia: Valentina Carrasco
Tamino: Vassilis Kavayas
Pamina: Lucrezia Drei
Regina della Notte: Olga Dyadiv
Papageno: Dario Giorgelè
Papagena: Lina Johnson
Monostatos: Motoharu Takei
Oratore: Horst Lamnek
Prima dama: Rinako Hara
Seconda dama: Patrizia Angileri
Terza dama: Isabel De Paoli
Primo sacerdote/ Secondo armigero: Giuliano Pelizon
Secondo sacerdote/ Primo armigero: Francesco Paccorini
Tre genietti: Elena Boscarol, Simonetta Cavalli, Vania Soldan
Direttore: Pedro Halffter Caro
Regia: Valentina Carrasco
Partiamo subito dalla spiegazione del titolo del post, perché qualcuno di voi potrebbe pensare che io sia impazzita (e non avrebbe poi granché torto...). Gran parte dell'opera vede in scena una grande casetta prima rosa, e poi verde, una volta ruotata dal lato opposto, in cui si svolgono molti episodi della complessa e frammentata opera del salisburghese. Ecco. Casa rosa. Con mobili chiari e graziosi. La casa di Barbie, in pratica. Se avessi avuto per le mani una cosa del genere durante la mia infanzia, sarei impazzita dalla gioia. Ma quelli erano tempi in cui me ne fregavo dell'opera e vivevo per giocare con la mia infinita collezione di Barbie e con l'annessa collezione di abiti, scarpine ed accessori assortiti, mentre questa dovrebbe essere un'opera ambientata in un fantasioso antico Egitto!
Ora, pur trovando visivamente piacevole la trovata di avere in scena una casa e soprattutto apprezzandone la praticità di consentire, passando da una stanza all'altra e chiudendo con il movimento di semplici pannelli, dei repentini cambi di scena in cui far muovere i personaggi, l'ho trovata abbastanza inutile.
Il filo conduttore dello spettacolo diretto da Valentina Carrasco doveva essere il fatto che la vicenda non è altro che un gioco di bambini che muovono i loro pupazzi e le loro bambole e con essi creano la storia. Si tratta, a dire il vero, di una trovata già vista in altri contesti, e che potrebbe anche funzionare, anche se, di fatto, si può applicare praticamente a tutto il repertorio, e quindi perde di "forza" rispetto alla specifica situazione. Il problema è che dopo un inizio discreto (la scena delle tre dame con Tamino e Papageno è stata molto divertente e ben studiata) la regia si perde. Non si sente il filo conduttore del gioco dei bambini e le scena sono una successione di gag più o meno riuscite. Alcune del tutto incomprensibili, a dire il vero. Nota di particolare demerito per la regina della notte che viene obbligata a cantare la sua seconda (e celeberrima) aria al telefono. Questa scelta scellerata si spiega solo alla luce del fatto che "Del Holle Rache" sia la mia suoneria del cellulare e che, evidentemente, la regista lo sapeva e voleva rendermi omaggio. Inoltre vorrei sottolineare una certa fissazione per la vasca da bagno. Più volte i personaggi, ed in particolare Pamina, si trovano a cantare da dentro la vasca o appoggiati ad essa... Per tirare le somme, regia con alcune buone idee, alcune pessime e soprattutto tanta confusione. Il Flauto Magico è un'opera estremamente particolare a causa della struttura e del contenuto del libretto e quindi sia un approccio innovativo che uno più strettamente legato al libretto sono estremamente difficoltosi e richiedono, a mio avviso, grande conoscenza della materia e soprattutto un'idea interpretativa solida da seguire con rigore e coerenza. Basta qualche piccolo "cedimento" in questa struttura per creare uno spettacolo inconcludente come quello di ieri sera.
Passiamo ora a quello che mi piace di più, ossia la musica.
Ora, pur trovando visivamente piacevole la trovata di avere in scena una casa e soprattutto apprezzandone la praticità di consentire, passando da una stanza all'altra e chiudendo con il movimento di semplici pannelli, dei repentini cambi di scena in cui far muovere i personaggi, l'ho trovata abbastanza inutile.
Il filo conduttore dello spettacolo diretto da Valentina Carrasco doveva essere il fatto che la vicenda non è altro che un gioco di bambini che muovono i loro pupazzi e le loro bambole e con essi creano la storia. Si tratta, a dire il vero, di una trovata già vista in altri contesti, e che potrebbe anche funzionare, anche se, di fatto, si può applicare praticamente a tutto il repertorio, e quindi perde di "forza" rispetto alla specifica situazione. Il problema è che dopo un inizio discreto (la scena delle tre dame con Tamino e Papageno è stata molto divertente e ben studiata) la regia si perde. Non si sente il filo conduttore del gioco dei bambini e le scena sono una successione di gag più o meno riuscite. Alcune del tutto incomprensibili, a dire il vero. Nota di particolare demerito per la regina della notte che viene obbligata a cantare la sua seconda (e celeberrima) aria al telefono. Questa scelta scellerata si spiega solo alla luce del fatto che "Del Holle Rache" sia la mia suoneria del cellulare e che, evidentemente, la regista lo sapeva e voleva rendermi omaggio. Inoltre vorrei sottolineare una certa fissazione per la vasca da bagno. Più volte i personaggi, ed in particolare Pamina, si trovano a cantare da dentro la vasca o appoggiati ad essa... Per tirare le somme, regia con alcune buone idee, alcune pessime e soprattutto tanta confusione. Il Flauto Magico è un'opera estremamente particolare a causa della struttura e del contenuto del libretto e quindi sia un approccio innovativo che uno più strettamente legato al libretto sono estremamente difficoltosi e richiedono, a mio avviso, grande conoscenza della materia e soprattutto un'idea interpretativa solida da seguire con rigore e coerenza. Basta qualche piccolo "cedimento" in questa struttura per creare uno spettacolo inconcludente come quello di ieri sera.
Passiamo ora a quello che mi piace di più, ossia la musica.
A prestare la voce a Tamino, il tenore Vassilis Kavayas, che, dopo un inizio a dir poco incerto, con soprattutto Dies Bildnis cantata con evidente sforzo, probabilmente dovuto alla tensione, si riprende bene e tratteggia un Tamino classico ed elegante.
Pamina, Lucrezia Drei, è stata piuttosto scostante nel corso della serata, alternando momenti di buon legato e bel fraseggio ad evidenti difficoltà, soprattutto nell'aria Ach ich fuhl's, cantata tutta fra il forte ed il mezzoforte con l'intonazione spesso al limite. Molto brava, invece, per quanto riguarda la recitazione, con cui crea una Pamina elegante e delicata, ma non una bambola (e Dio solo sa quanto debba essersi sforzata per riuscirci, visto l'allestimento :P).
Il migliore della serata, è stato, a mio avviso, Dario Giorgelè nei panni di Papageno. Bella voce ben proiettata e sonora, valido nel fraseggio e simpaticissimo in scena.
Discreta la regina della notte di Olga Dyadiv. Mi rendo conto che per poter affrontare il ruolo siano necessari i Fa sovracuti, ma non si può contare SOLO sui Fa. La voce è chiara, ma di bel colore, il volume è apprezzabile nella zona acuta, ma perde molto nella zona centrale, ma il difetto peggiore è la cattiva gestione del fiato, che soprattutto nella prima aria l'ha obbligata ad un respiro palesemente fuori luogo proprio sulle agilità finali.
Petar Naydenov (Sarastro) si comporta bene dal punto di vista strettamente vocale, mettendo in mostra un registro grave adeguato alle richieste della parte, ma la sua prestazione è stata costellata da continui problemi ritmici.
Molto bravo Motoharu Takei nei panni di Monostatos che, a contrario di quello che spesso si sente, offre al suo personaggio una voce sonora e dal timbro virile e molto piacevole, oltre ad una prestazione scenica molto buona.
Meno bene si è comportata Lina Johnson nei panni di Papagena. Eccellente la sua caratterizzazione del personaggio, ma nel cantato la voce era davvero poco sonora.
Mozart scrive musica splendida anche per le numerosissime parti di fianco e qui tutti hanno offerto prestazioni di ottimo livello. Ci tengo a far notare che la gran parte dei solisti impiegati in questi ruoli sono coristi del teatro stesso, che trova "in casa" eccellenti artisti per coprire queste parti così importanti per la resa complessiva di un'opera che non punta su uno o due protagonisti, ma sull'intero cast.
Un particolare plauso per le tre dame che cantano con grande armonia e sono molto partecipi
scenicamente, e ai tre genietti (qui tre donne, e non voci bianche, che io preferirei, in linea di principio, ma che sono difficilmente reperibili) che qui sono abbigliati e si muovono come bambole meccaniche.
Pedro Halffter Caro dirige con freschezza e linearità un'orchestra sotto al suo livello abituale con squilibri di volume tra le sezioni e più di qualche imprecisione. Mi ha stupito anche sentire il coro non in gran forma e spesso forzato sugli acuti.
Pubblico molto numeroso, con tanti giovani e giovanissimi in sala, che non si spreca con gli applausi a scena aperta, ma che, alle uscite finali, esprime il proprio entusiasmo per tutto il cast ed in particolare per Dario Giorgelè, che si merita anche qualche sonoro "bravo".
In conclusione posso dire che, nonostante i difetti sopraelencati, la musica di Mozart è talmente straordinaria che è difficile uscire dal teatro del tutto insoddisfatti. Il cast ha offerto prestazioni discontinue (ricordo che questa era la prima per il secondo cast, quindi anche l'emozione del debutto va conteggiata) ma senza gravi svarioni e lo spettacolo, pur inconcludente, non è brutto e soprattutto non impone ai cantanti posizioni o movimenti che impediscano di cantare con tranquillità (e di questi tempi non è poco...). resta l'amaro in bocca di un'occasione non sfruttata al meglio, ma di certo mi sento di consigliare, a chi volesse passare una serata all'opera, di vedere questo spettacolo.
[Foto di Fabio Parenzan]
Pamina, Lucrezia Drei, è stata piuttosto scostante nel corso della serata, alternando momenti di buon legato e bel fraseggio ad evidenti difficoltà, soprattutto nell'aria Ach ich fuhl's, cantata tutta fra il forte ed il mezzoforte con l'intonazione spesso al limite. Molto brava, invece, per quanto riguarda la recitazione, con cui crea una Pamina elegante e delicata, ma non una bambola (e Dio solo sa quanto debba essersi sforzata per riuscirci, visto l'allestimento :P).
Il migliore della serata, è stato, a mio avviso, Dario Giorgelè nei panni di Papageno. Bella voce ben proiettata e sonora, valido nel fraseggio e simpaticissimo in scena.
Discreta la regina della notte di Olga Dyadiv. Mi rendo conto che per poter affrontare il ruolo siano necessari i Fa sovracuti, ma non si può contare SOLO sui Fa. La voce è chiara, ma di bel colore, il volume è apprezzabile nella zona acuta, ma perde molto nella zona centrale, ma il difetto peggiore è la cattiva gestione del fiato, che soprattutto nella prima aria l'ha obbligata ad un respiro palesemente fuori luogo proprio sulle agilità finali.
Petar Naydenov (Sarastro) si comporta bene dal punto di vista strettamente vocale, mettendo in mostra un registro grave adeguato alle richieste della parte, ma la sua prestazione è stata costellata da continui problemi ritmici.
Molto bravo Motoharu Takei nei panni di Monostatos che, a contrario di quello che spesso si sente, offre al suo personaggio una voce sonora e dal timbro virile e molto piacevole, oltre ad una prestazione scenica molto buona.
Meno bene si è comportata Lina Johnson nei panni di Papagena. Eccellente la sua caratterizzazione del personaggio, ma nel cantato la voce era davvero poco sonora.
Mozart scrive musica splendida anche per le numerosissime parti di fianco e qui tutti hanno offerto prestazioni di ottimo livello. Ci tengo a far notare che la gran parte dei solisti impiegati in questi ruoli sono coristi del teatro stesso, che trova "in casa" eccellenti artisti per coprire queste parti così importanti per la resa complessiva di un'opera che non punta su uno o due protagonisti, ma sull'intero cast.
Un particolare plauso per le tre dame che cantano con grande armonia e sono molto partecipi
scenicamente, e ai tre genietti (qui tre donne, e non voci bianche, che io preferirei, in linea di principio, ma che sono difficilmente reperibili) che qui sono abbigliati e si muovono come bambole meccaniche.
Pedro Halffter Caro dirige con freschezza e linearità un'orchestra sotto al suo livello abituale con squilibri di volume tra le sezioni e più di qualche imprecisione. Mi ha stupito anche sentire il coro non in gran forma e spesso forzato sugli acuti.
Pubblico molto numeroso, con tanti giovani e giovanissimi in sala, che non si spreca con gli applausi a scena aperta, ma che, alle uscite finali, esprime il proprio entusiasmo per tutto il cast ed in particolare per Dario Giorgelè, che si merita anche qualche sonoro "bravo".
In conclusione posso dire che, nonostante i difetti sopraelencati, la musica di Mozart è talmente straordinaria che è difficile uscire dal teatro del tutto insoddisfatti. Il cast ha offerto prestazioni discontinue (ricordo che questa era la prima per il secondo cast, quindi anche l'emozione del debutto va conteggiata) ma senza gravi svarioni e lo spettacolo, pur inconcludente, non è brutto e soprattutto non impone ai cantanti posizioni o movimenti che impediscano di cantare con tranquillità (e di questi tempi non è poco...). resta l'amaro in bocca di un'occasione non sfruttata al meglio, ma di certo mi sento di consigliare, a chi volesse passare una serata all'opera, di vedere questo spettacolo.
[Foto di Fabio Parenzan]
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