Oggi, per usare le parole del nostro caro Mioli, parleremo di un termine complesso per un significato che varia: arioso.
Aggettivo di "aria", nulla vieta di usarlo come tale, ma l'arioso vige come aggettivo sostantivato, e significa in genere un pezzo vocale di fattura distesamente melodica e di finalità evidentemente espressiva che emerge da un contesto recitativo, senza comunque ambire all'ampiezza, alla regolarità, alla limpidezza, al virtuosismo dell'aria.
Nel '600 Domenico Mazzocchi introduce il termine "mezz'aria" per identificare dei momenti melodici che interrompono il fluire del recitativo. Questa forma musicale contribuì alla lenta creazione dell'aria, ma quando l'aria si irrigidì nella tipica forma con da capo, col nuovo nome di arioso potè esibire le sue notevoli facoltà liriche e drammatiche senza il rischio dello schematismo.
Presente nell'opera di Cesti, di Handel, eccellente nella musica di Bach, l'arioso pervenne finalmente al melodramma romantico, che ne sfruttò tutta l'arcana suggestione musicale e scenica.
Verso la seconda metà dell'800 ha luogo una sorta di riconciliazione fra i due aspetti dell'espressività melodica, e se il recitativo impingua il suo spessore arioso, l'aria abbandona il suo rigore formale.
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