martedì 3 dicembre 2013

Una voce poco fa: L'Africaine di Meyerbeer a Venezia

Cari lettori, oggi sulle pagine del blog diamo spazio alla recensione gentilmente fornitaci da un recensore ospite, il nostro affezionato lettore Alucard!
Benvenuto e grazie per la collaborazione!



Toc, toc... Salve.
Sono un nuovo inviato di questo blog. Vista la rarità del titolo e la mia deflorazione teatrale -virtuale- alla Fenice di Venezia, ho detto Aspasia, che ne dici se faccio una recensione dello spettacolo che ho visto? Non scriverò molto bene, è la mia prima recensione, ma per il blog rappresenta sicuramente un'occasione di crescita. Insomma un altro piccolo tassello verso la conquista del web!!! Ahah. Così eccomi qua.
Se mi perdo o deliro troppo, perdonatemi.
Dai, ora faccio il serio. Buona lettura.


Una simpatica vignetta del programma di sala


Come titolo d'apertura della stagione 2013-2014 la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia ha scelto un titolo considerato mitico, L'Africaine di Giacomo Meyerbeer, un grand opéra con il quale si voleva celebrare nel 150° anniversario della morte dell'autore.
L'opera belcantista in 5 atti non rappresenta una prima per il teatro, in cui era stata messa in scena il 1 Marzo 1868, e visti i tempi di magra sia economici che culturali, è una scelta coraggiosa della direzione della virtuosa fondazione veneta.

Le dichiarazioni del Sovrintendente Cristiano Chiarot, del regista Leo Muscato, di Gregory Kunde-Vasco de Gama e del direttore d’Orchestra Emmanuel Villaume.

La genesi dell'opera è stata alquanto travagliata, visto che Meyerbeer l'ha iniziata nel 1837, ripresa e mai terminata a causa della sua dipartita. Il lavoro, presentato postumo, è stato completato dal compositore belga François-Joseph Fétis.
Il libretto di Eugéne Scribe, ambientato agli inizi del XVI secolo, non è di certo ispirato e racconta la storia della giovane Inès, innamorata di un ufficiale della marina portoghese, tale Vasco de Gama, che vorrebbe dimostrare l'esistenza di una parte del mondo ignota al mondo occidentale dell'epoca, ma che è ostacolato dal Consiglio della Corona e i suoi vari membri, nonostante abbia portato come prova due schiavi provenienti da quelle terre e da lui trovati in Africa, il giovane Nélusko e la giovane Sélika. Dopo un violento scontro Vasco viene arrestato, ma liberato, grazie al sacrificio di Inès che cede la sua mano in cambio della libertà dell'amato, riesce a giungere nel paese favoloso che non è altro che l'India. Selika, che si rivela essere la regina di quel popolo, salva Vasco dalla morte in quanto straniero dicendo di essere sua moglie, e facendolo giurare a un reticente Nélusko.
Alla fine Vasco e Sélika si dichiarano il loro amore, ma l'apparizione del fantasma di Inès, anche lei catturata in precedenza ed uccisa, lo fa tornare sui suoi passi. Così Sélika lo fa ritornare in patria e va a morire su un promontorio, davanti al suo amato mare, respirando l'odore venefico dei fiori di manzanillo.
Certo, la trama detta così in breve, sembra complessa, ma spalmata in due ore e mezza più due pause per un'ora totale, è lunghetta :D
Se preferite un riassunto migliore del mio vi segnalo il completissimo programma di sala, liberamente scaricabile dal sito del teatro (http://www.teatrolafenice.it/site/index.php?pag=21&spettacolo=401), ricco di informazioni e, per i più curiosi, degli interessanti bozzetti delle scene ad opera di Massimo Checchetto e dei costumi di Carlos Tieppo.

Ecco la locandina della recita a cui ho assistito il 26 Novembre gli interpreti erano i seguenti:

Inès
Jessica Pratt
Sélika
Veronica Simeoni
Vasco de Gama
Gregory Kunde
Don Alvar
Emanuele Giannino
Nélusko
Angelo Veccia
Don Pédro
Luca dall’Amico
Don Diego
Davide Ruberti
Le grand inquisiteur de Lisbonne
Mattia Denti
Le grand-prêtre de Brahma
Ruben Amoretti
Anna
Anna Bordignon
Maestro concertatore e direttore
Emmanuel Villaume
Regia
Leo Muscato
Scene
Massimo Checchetto
Costumi
Carlos Tieppo
Light designer
Alessandro Verazzi
Video designer
Fabio Iaquone
Luca Attilii

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti


Partiamo dall'allestimento. Di sicuro la scelta di un'allestimento low cost è stata dettata dalla cattiva congiuntura economica, ma anche dal fatto che difficilmente questo verrà ripreso a breve o in futuro. Detto ciò, il tutto era essenziale, il contrario di quanto richiederebbe il grand opéra, ma ben curato ed efficace. Le scene – escluse quelle a bordo di una nave – sono minimal e arricchite da pochi dettagli o trovate sceniche: su tutte, la pioggia di petali durante la celebre aria O paradis. Allestimento e regista hanno il gran pregio di narrare gli eventi senza inutili deliri, diciamo, alla tedesca.
Unica pecca le proiezioni che avevano il compito di riempire la scena durante le introduzioni orchestrali. Un po' naïf.
Molto belli i costumi di Carlos Tieppo.
Onestamente non ho sentito la mancanza del balletto.
Ma veniamo al cast. Data la povertà drammaturgica e - a parte qualche pagina notevole – musicale, erano necessari dei cantanti dotati di una personalità artistica ed interpretativa in grado di tirare avanti lo spettacolo.





Su tutti ha spiccato il Vasco de Gama di Gregory Kunde. Ho potuto ammirare il grande mestiere di quello che è sicuramente il migliore tenore che abbia sentito nella mia breve vita. Tecnica salda, proiezione eccellente, fraseggio variegato ed intelligente e scavo psicologico danno vita ad un Vasco de Gama giovane e irruento. Ovvio, la voce risulta un po' fibrosa e non sempre salda, ma il tempo purtroppo passa per tutti. Inutile dire che la sua aria del IV atto Pays merveilleux…Ô Paradis è stata la più applaudita e che all'uscita singola è stato accolto da un'ovazione.

Buona la Selika del mezzosoprano Veronica Simeoni, che si trova a fare i conti con una parte scritta per un soprano, e che inevitabilmente soffre sugli acuti estremi dell'aria Sur mes genoux, fils du soliel e del finale. Il canto in zona centrale la vede più a suo agio, anche se devo rilevare che stranamente quella grave era poco sonora. Tuttavia il canto molto curato e una recitazione appropriata le fanno superare la prova. Un bravo ai vertici del teatro che hanno voluto scommettere ancora su questa giovane.
Devo dire che attendevo con ansia il mio primo ascolto dal vivo di Jessica Pratt, per l'occasione nei panni di Inés. Il soprano australiano non era in piena forma, così mi è stato detto che persone che l'hanno sentita in molte altre occasioni. Io ho potuto rilevare alcune incertezze nella cavatina Adieu, mon doux rivage, soprattutto nella cadenza da lei aggiunta e che avrebbe dovuto mettere in mostra i suoi celebri sopracuti, rispetto all'ascolto dell'opera che avevo fatto alcuni giorni prima alla radio.
Angelo Veccia era un Nélusko vocalmente rozzo e scenicamente sanguigno, ma efficace. La voce è affetta da un vibrato fastidioso, ma ben sonora.
All'altezza le parti minori e molto buono il coro.
Il direttore Emmanuel Villaume si è dimostrato particolarmente attento nell'accompagnare i cantanti - il che non è proprio così scontato, ahimé – e nel dar il senso a una partitura assai tagliata.


Spettacolo nel suo complesso riuscito e che merita essere visto, nonostante i numerosi ed impegnativi cambi di scena che provano abbastanza il pubblico.


Pubblico numeroso - e stranamente sobrio - ma Fenice non sold out.  

2 commenti:

  1. Lucky you! thank you! L'Africaine like Les Huguenots is Grand Opera and it makes me wonder why we hardly have opportunities to see them in French opera houses.. Gregory Kunde is a real belcantist tenor !

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  2. You're welcome Yvette! You know, when staging an opera like this you have to put into account a lot of this...maybe some theaters cannot do it...but La Fenice did it! :D
    Kunde is amazing.

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