giovedì 9 agosto 2012

ROF o sia Le smanie per la villeggiatura

Ma che? Non vedi come tutta insieme
Non pur Italia, ma d’Europa quante
vivon di là dal mar, di là dall’Alpe,
Genti di lingua stranie e di costumi,
Organate a sentir vario e diverso
E l’Indo stesso, e il Messicano, e forse
L’Ottentotto medesmo, ed il Gelono,
Tutti van presi a quel sublime incanto
De’ Rossiniani numeri? Che nova
Potenza è questa? E donde mai sì raro
ne’ petti de’ mortai discende accordo?

(G. Barbieri, Sermone VI, Parte II)



Dopo la soporifera introduzione, abbiamo tutti bisogno di una botta di vita.
Gioak mio bello, dai fuoco alle polveri!


Brevemente, fra bombarde e cannoni, deluciderò la cagione di cotanto strepito. Domani sera si inaugura il campo di battaglia del ROF sotto il vessillo di Ciro in Babilonia, si prosegue posdomani Matilde di Shabran e, poiché perseverare è diabolico e noi un po’ diavoli lo siamo, arriviamo a Domenica con Il signor Bruschino. Dirette sulla compiacente Radio3 a partire dalle 20.00 e, per quanto riguarda il Ciro, anche in leggera differita su RAI5 alle 21.15 del 10 Agosto.
Immagino che questo passo marziale vi abbia un po’ scombussolato e, mentre vi riassettate la zazzera arruffata dagli spostamenti d’aria provocati da granate di semicrome, vi starete chiedendo cosa c’azzecchino Armida e Aspasia in mezzo al bailamme rossiniano. L’arcano è presto svelato:
QUEST’ANNO, AL ROF PRESENZIAMO ANCHE NOI!
Al lieto evento (definizione appropriata, perché ogni partenza è una rinascita e, nella fattispecie, una Rossini renaissance), nostro malgrado, interverremo un po’ defilate, perché non sfavilleremo alle prime, ma alle rappresentazioni dal 17 al 19.
«Insomma, vi atteggiate a primedonne e poi sfuggite le prime! È un controsenso!» obietterete, con giusta indignazione.
Sia detto in confidenza fra noi e i nostri cinque alla seconda lettori, CHI SE NE CALE DELLE PRIME, se, posticipando il «folle volo» di appena una settimana, potremo attraccare a Pesaro in un radioso, speciale, ottimistico VENERDÌ 17? Non ci saremmo accontentate di un banale e, per di più afosissimo, giorno d’Agosto per questa meritata vacanza! E allora, in barba a tutta la superstizione del mondo e con sano amore per il paradosso, abbiamo fissato la Grande Partenza in questa data invisa ai villeggianti con del sale in zucca.
«Gran cosa queste ragazze! Quel giorno che hanno da andar in campagna, non sanno quel che si facciano, non sanno quel che si dicano, son fuori di lor medesime».
Era una meta obbligata, dopotutto, e obbligata per molteplici ragioni. In primo luogo, noi sguazziamo in mezzo al trambusto, soprattutto se, per l’occasione, possiamo fregiarci di mise tipo questa per Aspasia:


e quest’altra per me:


Ringraziamo il nostro “sarto”, il signor... Winterhalter. Noi siamo donne che si accontentano di poco: «la villeggiatura si deve fare, e ha da essere da par nostro, grandiosa secondo il solito, e colla solita proprietà». ;)
In secondo luogo, non riuscivamo a rassegnarci all’idea di lasciare solo soletto il Salzburger Festspiele: avevamo bisogno di un altro festival da appaiargli.
In terzo luogo «lo spendere è sempre stato alla moda» e dove meglio investire i propri risparmi che nella musica?
Questo è il fatto compiuto; prenotare i biglietti, invece, è stata una faticaccia improba. Di solito, è Aspasia a coordinare le prenotazioni, ma stavolta ho voluto sdebitarmi e mi sono offerta volontaria con spirito bendisposto e battagliero.
Primo atto.
In principio, pareva un impegno semplice e sbrigativo: per richiedere la prenotazione, bastava inviare una mail e attendere un fischio (e preoccuparsi solo se il fischio in questione non fosse arrivato in chiave rossiniana, ma alla Son lo spirito che nega, pezzo definito dal mio dotto fratellino «Truzzissimo!»).
Non dovevo nemmeno muovermi da casa, ma sapeva il cielo quanto avrei rimpianto la coda che ho fatto ai tempi di gloria per un Trovatore (per un Trovatore! Io! Ma vi svelo l’arcano: cantava la Serjan): e furono due ore al freddo e al gelo. Almeno, avevo socializzato con befane e galantuomini e mi sono divertita.
Qui no; nonostante il Gioak (e, forse, per colpa del Gioak, con cui ho la pessima abitudine di giocare al gatto col topo con alterne fortune), la risata era preclusa.
Avevo davanti un antipatico, impersonale monitor che sogghignava beffardo.
Ero terrorizzata.
Io odio la tecnologia: se scrivo su un blog non è per amore del web, ma perché batto la tastiera ad occhi chiusi.
Ho trascorso la notte prima dell’apertura delle prenotazioni in preda alle ambasce: e se si fosse persa la mail? se, per una svista, non l’avessero letta? se l’avessero cancellata per sbaglio? se, se, se... Ma che diavolo! Tutte le disgrazie devono capitare proprio a me?
Rinfrancata, mi sono data una serena buonanotte.
L’indomani mattina, ho adempiuto al mio dovere e ho spedito. Per sicurezza, mi ero preparata il testo il giorno prima.
Sarebbe andato tutto bene.
... e aspetto, aspetto
gran tempo e non mi pesa
la lunga attesa.
Ragazzi, anziché Matilde di Shabran ero diventata Butterfly!
È stato in quel momento che ho notato che qualcosa non andava...
Mi sono accorta che la mail non risultava inviata.
Un brivido mi corse per le vene!
Mi sono data dell’imbranata.
Mi sono vista davanti la faccia fremebonda di Aspasia.
Mi sono vista andare in fumo PER COLPA MIA la vacanza che progettavamo da un anno e mezzo!
Che fare?
Me la sono presa con l’unico che avessi sottomano.
«La colpa è sempre tua, Rossini!»
E il Gioak, con orecchie da gatto, guardava me, povero topo, dall’alto in basso con un sogghigno beffardo.
Ci ho visto rosso e, con la mente incredibilmente rischiarata dalla collera, mi sono risolta per l’unica azione sensata: ho rispedito la mail.
Poi, per sicurezza, ho telefonato.
Oh, la gioia inesprimibile di discorrere con una voce umana e non con una stupida casella di posta elettronica!
Finale primo: la gentile signorina mi ha spiegato che il primo giorno c’era stato un problema di server (sospiro di sollievo: non è stata colpa mia! Quindi, come informatica non sono poi troppo negata! E non replicate «Che ci vuole per spedire una mail???»; non mi deprimete...), ma non figurava neanche la seconda mail.
«Signora, provi a rispedire oggi e domani telefoni, per sicurezza, per vedere se è arrivata».
E così mi hanno tolto anche il bene dell’indignazione: come arrabbiarmi con una che mi dava del Lei e mi chiamava signora?
Stavolta, per fare le cose per bene, ho spedito due mail. Una doveva arrivare!
Lunga vita al piccione viaggiatore!

Intermezzo.
L’indomani ero a Venezia. Non registrerei il fatto se non ricordassi di aver comunicato ad Aspasia che, approfittando della contiguità
del litorale, avrei rubato una gondola, rapito Alberto Sordi e invaso Pesaro via mare, se qualcosa fosse andato storto.
Fra città marinare ci si intende: la gentile signorina mi ha telefonato e mi ha rincuorata: la mail era arrivata.
«Fra un paio di settimane, ritelefoni per sapere se i posti sono disponibili».
E armiamoci di pazienza! Le prenotazioni si aprivano il 2 Maggio. “Fra due settimane” saremmo arrivati al 18. Si prospettava un lungo mese...
«Poh! fin dove è arrivata la passione del villeggiare! Un giorno pare un secolo».

Secondo atto.
18 Maggio. Visto che era periodo della Norma torinese, canticchiavo Guerra guerra anch’io, quando ho ripreso in mano telefono e pazienza e ho rivendicato la mia posizione.
Iniziavo male.
«Signora» mi ha detto la signorina all’altro capo del telefono, «le date che Lei ha chiesto sono tutte esaurite».
«Ah...» ma più che altro era un gemito indistinto. «Non c’è niente neanche nelle date alternative che avevo segnato?»
«Adesso guardo».
La signorina controlla e poi mi informa che, effettivamente, per Matilde e Ciro qualcosina c’era ancora; per il Signor Bruschino, invece, c’erano posti a scarsa visibilità.
«Facciamo così, signora» mi ha consigliato la signorina, «io segno, in linea di massima, i posti per Matilde e Ciiro, poi per il Bruschino provi a telefonare quando apriranno le prenotazioni telefoniche a Luglio».
Avrei tirato un sospiro di sollievo se quell’“in linea di massima” non avesse messo in moto tutte le mie ansiose celluline grigie: se qualcuno avesse avuto precedenza su di me, mi avrebbe soffiato il posto?
Finale secondo: «Comunque, la settimana prossima spediremo la lettera di conferma».

Terzo atto.
La “prossima settimana” era bell’e finita: ho fatto in tempo ad andare e tornare da Torino che la lettera non era ancora arrivata. Davo quasi per scontato che non ci fosse niente da confermare e che si fossero dimenticati di me. Ogni volta che sentivo il rombante due ruote del postino, mi protendevo dalla finestra, mentre mia madre rilevava ridendo che sembravo un cane dei film, una di quelle bestie perfide che si piazzano dietro la porta in attesa della posta e si avventano per mordere la mano dell’innocente postino...
Alla fine, un bel giorno ho deciso di andare a farmi un giretto in treno in spregio al Gioak: credeva che lo aspettassi a casa facendo la calza?
E lui, per farmi dispetto, non si è più trattenuto.
A mezzogiorno, mia madre mi telefona: la lettera era arrivata! E io ero a centinaia di chilometri da casa! Gioak, il tuo senso dell’umorismo è un vizietto seccator!
Bevo tosco... sputo bile.
«Almeno, ci sono buone notizie?» ho chiesto a mia madre.
Sì, le buone notizie c’erano: i posti per Matilde e Ciro erano confermati!
Adesso, non restava che (DI NUOVO!) armarsi di sana pazienza e aspettare Luglio per cercare di accaparrarsi il Bruschino.
Finale terzo: sono arrivata a casa alle undici e mezza di sera. Ho guardato la lettera, ma non l’avevo neanche completamente spiegata che avevo iniziato a ridere: il mio numero di prenotazione corrispondeva al concerto per pianoforte di Mozart che preferisco! Lo sapevo che doveva entrarci lo zampino del caro Wolferl!

Atto quarto.
3 Luglio.
«Buongiorno, Rossini Opera Festival».
«Buongiorno, vorrei sapere se ci sono posti per il Signor Bruschino del 18 Agosto».
Per fortuna mia e, soprattutto, fortuna loro, dei posticini c’erano.
Non c’è da dire che ci sono saltata sopra con la grazia di un elefante in cristalleria.
Ma non è questo il bello: pagando con la carta di credito, la signorina mi ha chiesto il mio nome.
«Ah!» ha esclamato. «Mi ricordo di Lei! Aveva telefonato tempo fa per la Matilde eccetera! Alla fine, ha trovato posto?»
«Sì, per tutto fuorché per il Bruschino».
«Bene, bene, sono contenta!»
Si figuri io, avrei voluto rispondere, ma ero troppo lusingata dal fatto di essere ormai una celebrità al botteghino del ROF.
Finale d’opera. Riflessioni a fatto compiuto. Vorrei sapere chi ha deciso di fissare il festival in estate. Ve lo vedete, voi, il Gioak in costume da bagno che gioca sul lido pesarese con formine echeggianti il setticlavio? Esclamerà (assieme a Charles Laughton e con giusto fastidio) «Perché vuole vedermi in quei ridicoli pantaloncini?»
Ormai, tutto ciò non ha importanza: assorte da ben più frivole preoccupazioni, noi ci stiamo industriando per far entrare il vestito da sera in valigia senza comprometterne la stiratura. E le scarpe senza rompere i tacchi. E la borsetta senza graffiare il tessuto. E i gingilli decorativi senza disseminarli per tutto il bagaglio. Almeno, non dovrò preoccuparmi del binocolo, perché, dopo anni di ostinati tentativi (più per fare la diva che per vera necessità), mi sono accorta che vedo meglio senza bizzarre lenti.
«Buon viaggio dunque a chi parte, e buona permanenza a chi resta».
Un po’ preoccupata, però, vi confesso che lo sono. Le Marche sono diventate una “taverna dei sette peccati”, dopo le mirabolanti avventure che ci ha narrato una nostra per-altro-inerme amica amante della regione e, anche se non ci facessimo impressionare da questo (che è soprattutto fumo senza arrosto), io e la mia socia dobbiamo considerare alcuni fatti.
Io e lei da sole.
Per la città del Gioak.
Con mille e tre pericoli di imbattersi in un libro pregevole sull’eroe locale e pagarlo a caro prezzo pur di appropriarsene. Credetemi, lo farei...
Con mille e tre pericoli di incappare in qualche statuina kitsch del Nostro e portarla a casa come tenero ricordo (l’anno scorso, in una mia peregrinazione a tempo perso, sono passata per Pesaro e ho constatato l'esistenza di una statuina del Cigno vestito da cuoco. In vendita. In vetrina nella sua casa natale. Vi renderete conto che ciò vanifica meglio di qualunque altra cosa gli sforzi di musicologi e biografi vari che farneticano circa la sostanziale serietà del Gioak).
Con mille e tre pericoli derivanti dal fatto che al ROF militano alcuni dei nostri prediletti eroi, il Juan Diego e il Michele a capo della banda. Potremmo decidere di arrivare con un assortimento di raganelle per farci riconoscere subito.
Con mille e tre pericoli, per concludere, di partire bauli e tornare cassoni.

3 commenti:

  1. FANTASTICO!!!!!Una domandina: ma il sobrio vestitino ve lo consegnano a Pesaro? Non c'è traccia di lui a casa...XD...e poi la tremebonda Aspasia...mi fai morire, ahahahahahhahahaha

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  2. Bene, buon viaggio allora!
    Se posso permettermi un consiglio in stile enogastrogioak.....maccheroncini di Campofilone e Pecorino (vino bianco da servire freddo freddo).
    Buon divertimento ragazze!
    Irina

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  3. Grazie a entrambe per la partecipazione! Faremo onore al consiglio enogatrogioak! Quanto al vestito, il sarto ha bisogno di ancora qualche giorno per finire i ritocchi. Sostiene che, passati circa centocinquanta anni, questi modelli sono un po' demodè e che ci vogliano ancora un paio di trine e merletti... e fiocchi in quantità. Verrà consegnato a breve. ;)

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