lunedì 7 dicembre 2015

Il Grammofono: Giovanna d'Arco

Come ogni anno, cari lettori, vi propongo le mie opinioni sulla trasmissione televisiva (mi domando perché dalla Scala non sia ancora arrivato un invito per le tenutari di questo blog che ci porti ad illuminare con al nostra frizzante presenza la serata... :P) di quello che, piaccia o no, è l'evento legato all'opera lirica di maggior prestigio e interesse, sia per i cultori che per quelli che si avvicinano al genere solo in rare occasioni.

Come ogni prima che si rispetti, nei giorni della vigilia, tra gli appassionati, si ricorrono voci ed indiscrezioni, e quella che ha caratterizzato quest'anno riguardava il baritono. Infatti Carlos Alvarez, scritturato per il ruolo di Giacomo, il padre della protagonista, da diversi giorni lamentava dei problemi di salute e la domanda sulle bocche di tutti era: canterà la prima?
Alla fine la risposta è stata "no" e a sostituirlo è arrivato il fiorentino Devid Cecconi. Cecconi che si è comportato piuttosto bene in una parte non terribilmente impervia, mettendo in mostra uno strumento di ottima qualità, anche se il fraseggio sarebbe potuto essere più raffinato. Meno efficace è risultato nella parte scenica, in cui è parso piuttosto impacciato, ma a sua discolpa dobbiamo ricordare che, essendo arrivato come sostituto all'ultimo momento, non ha avuto modo di provare la regia quanto i suoi colleghi.
Francesco Meli è un cantante che, presumo ormai lo sappiate, non piace particolarmente alle vostre diaboliche blogger. Il Meli di stasera ha messo in mostra le caratteristiche che di solito non amiamo (il timbro, il fraseggio antiquato e a tratti affettato, un presenza scenica non particolarmente accattivante), ma certamente non posso negare che la sua prestazione sia stata più che positiva. A parte qualche piccola forzatura in alto, direi che la scrittura del ruolo di Carlo VII si adatti alla perfezione alle caratteristiche del tenore genovese e anche il personaggio, non particolarmente carismatico o affascinante, alla fine funziona abbastanza bene.
Trionfatrice della serata, però, è stata la protagonista: Anna Netrebko. Pur riconoscendole delle doti
non comuni, non sono mai stata tenera con questa cantante a causa della sua tecnica non certo immacolata, per la tendenza a prendere i ruoli sotto gamba e per l'abitudine di recitare i personaggi un po' tutti allo stesso modo, finendo per portare in scena sempre Anna Netrebko al posto di Leonora, Manon, Lucia e quant'altro. E' per queste ragioni che, alla vigilia di questa serata, ero discretamente scettica. Ora sono lieta di scrivere su questo blog che mi sbagliavo. La Netrebko di questa sera è stata, a mio avviso, la migliore degli ultimi anni, in un ruolo che si adatta bene alla sua vocalità e ne mette in luce le sue migliori qualità, come il bel timbro e il temperamento. Anche la sua prestazione non è priva di difetti, come ad esempio la respirazione "rumorosa" e non sempre efficacissima e qualche acuto un po' spinto, soprattutto nella prima metà dell'opera, ma a controbilanciare ho notato un miglioramento nell'emissione della voce, con suoni meno "ingolfati" e per questo più brillanti.
Eccellenti coro ed orchestra guidati da un ispirato Riccardo Chailly che ha cercato di fare del suo meglio per rendere godibile un'opera che da 150 anni non si sentiva alla Scala. E una ragione c'era... Infatti la composizione appartenente ai cosiddetti "anni di galera" di Giuseppe Verdi brilla, a mio avviso, per la sua totale mancanza di vertici. L'opera scorre sui binari di una routine discreta, ma non c'è un solo momento che resti nella testa, un solo momento che spinga l'ascoltatore distratto ad interrompere la propria attività per concentrarsi sulla musica, un solo momento che "chiami" un clamoroso e fragoroso applauso a scena aperta. Con un cast di livello si può anche riprendere di tanto in tanto, ma se anche questo non avvenisse, non sarebbe poi una grave perdita...
Non mi dilungo sulla regia, perché non vale la pena. Abbiamo visto il solito escamotage trito e ritrito della protagonista malata di mente che si immagina tutto. Qui finiscono le "idee" ed inizia la noia condita da scene banali e già viste come pure i costumi (salvo Carlo VII tutto dipinto d'oro che faceva tanto gianduiotto), proiezioni non entusiasmanti, cantanti lasciati allo stat brado e luci semplicemente orrende.
Il pubblico, evidentemente, ha ascoltato senza guardare, perché ha tributato meritatissimi applausi al cast vocale e non ha fischiato i registi & co.

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