domenica 14 aprile 2013

Una voce poco fa: La Clemenza di Tito

La clemenza di Tito è una delle mie opere preferite. La adoro letteralmente.
Non riesco ancora a capacitarmi di come il buon vecchio Wolfy sia riuscito a creare musica tanto sublime per sei (dico SEI) personaggio diversi. Perché, diciamoci la verità, nella gran parte delle opere, i due o tre ruoli principali vengono omaggiati delle melodie migliori, mentre le parti di fianco si prendono, se va bene, musica costruita solo grazie al mestiere dell'autore (e per questo, spesso, tagliata, a ragione, in molti casi). Non mi pare che questo avvenga per la Clemenza di Tito. Infatti, anche i ruoli minori (Publio, Annio e Servilia) hanno tutti almeno un momento di gloria solitaria, e le arie e duetti a loro assegnati sono, a mio avviso, superiori a quelli che altri autori hanno prodotto per i loro protagonisti. Basti pensare alla deliziosa aria di Servilia, S'altro che lagrime, una delle mie favorite del repertorio sopranile per la sua estrema eleganza, ma anche intensità.


Meno male che mi ero ripromessa di non fare preamboli, ma amo troppo quest'opera per trattenermi, quindi spero che mi vogliate scusare.

Ecco la locandina:

LA CLEMENZA DI TITO
di Wolfgang Amadeus Mozart

Sesto: Laura Polverelli
Tito Vespasiano: Giuseppe Filianoti
Vitellia: Eva Mei
Annio: Annunziata Vestri
Publio: Marco Vinco
Servilia: Irina Dubrovskaya

Direttore: Gianluigi Gelmetti
Regia: Jean Louis Grinda
Scene: Pier Paolo Bisleri
Costumi: Francoise Raybaud Pace
Luci: Claudio Schmid
Maestro del coro: Paolo Vero

Teatro Verdi di Trieste, sabato 13 aprile 2013

Parlavo della bellezza della musica che Mozart ha affidato ai solisti e al coro.
Bellezza non sempre va di pari passo con facilità di esecuzione, anzi.
In questo caso Mozart impone a Tito e Vitellia un compito davvero impervio (e anche gli atri non scherzano), tanto che, in anni di ascolto di tutte o quasi le incisioni presenti in commercio e anche di registrazioni dal vivo, non ne ho ancora trovata una che mi soddisfi pienamente, e soprattutto non ho MAI sentito un Tito che mi convincesse. Quindi trovare un cast in grado di rendere giustizia alla Clemenza è un'impresa.
A Trieste si può dire che l'obiettivo è stati centrato: non era un cast perfetto, ma c'erano tutte le voci giuste al posto giusto.
Laura Polverelli era Sesto. Un Sesto solido, preciso, di colore adeguato alla parte (per i miei gusti).  La migliore della serata, sia per me che per il pubblico in sala, che le ha tributato lunghi applausi.
La Polverelli è interprete raffinata e attenta allo stile mozartiano. Inoltre si muove con eleganza in scena e trasmette alla perfezione le angosce del suo personaggio. Splendida nell'aria più celebre Parto, parto, a cui è stato giustamente tributato un applauso a scena aperta: è stato un piccolo capolavoro di stile e intensità uniti a grande perizia tecnica.
Giuseppe Filianoti riprende il ruolo di Tito dopo le recite al MET di pochi mesi fa. Mi dispiace constatare anche dal vivo (dopo averlo già pensando ascoltandolo registrato) che questo tenore ha un enorme potenziale (timbro davvero splendido), ma lo spreca a causa di, presumo, problemi tecnici. Infatti l'emissione risulta, per la maggior parte del tempo, forzata. La voce, pur sufficientemente sonora, non si espande liberamente, ma sembra sempre "costretta" e "spinta fuori" con un notevole sforzo muscolare. Questo va ad inficiare la morbidezza di certi suoni e lo rende rigido nella coloratura e tirato in acuto (con tanto di stecchetta: peccato veniale nell'economia di un ruolo così difficile, ma da rilevarsi). A sua discolpa ripeto che il ruolo richiede al tenore grande impegno e capacità, alternando passi lirici a momenti di complessa coloratura, il tutto in una tessitura decisamente scomoda. Ho trovato la sua prestazione comunque più che sufficiente, anche grazie ad una recitazione pertinente e alla sua elegante presenza scenica.
Come ho detto in precedenza, quella di Vitellia, oltre a quella di Tito, è una parte temibile. L'estensione da coprire è amplissima (dal re sovracuto al sol sotto il rigo) e gli estremi non sono nemmeno note da toccare velocemente... Inoltre si alternano passaggi di agilità rapida a momenti lirici in cui sarebbe preferibile disporre di una voce di colore scuro e morbido, possibilmente di discreto volume. Ho appena descritto un mostro. Non credo sia mai esistita una cantante del genere. La coperta è sempre troppo corta: qualche parte deve per forza restare scoperta.  Eva Mei non è l'ultima arrivata. Conosce i suoi limiti e le sue qualità e cerca di sfruttarle al meglio. Per questo si possono apprezzare delle agilità impeccabili ed un registro acuto saldissimo, oltre ad una dizione immacolata. Nei centri la voce è leggera e chiara, ma la cantante sa che questa è la sua natura e non cerca di gonfiare o scurire artificiosamente il suono. Lo stesso discorso vale nel registro grave, salvo quando passa all'emissione di petto, che invece è apprezzabile per colore e volume e ben controllata. Come interprete la preferisco in Non più di fiori, posta, come se non fosse già abbastanza difficile di suo, in coda all'opera, rispetto a Deh se piacer mi vuoi, dove è più "fredda" e manca del dovuto, a mio avviso, mix di sensualità (in fondo lei ha sedotto Sesto per spingerlo ad uccidere Tito) e perfidia.
Preciso ma insipido il Publio di Marco Vinco. La sua aria, Tardi s'avvede, purtroppo scivola via come un passaggio di riempimento anche a causa della direzione, che impone un tempo troppo rapido al basso.
Irina Dubrovskaya è una Servilia giovane e aggraziata la cui voce è fresca ma di scarso impatto, sia timbrico che sonoro. Ma per questo ruolo può andare bene e l'ho apprezzata.
Il ruolo di Annio era affidato al mezzosoprano Annunziata Vestri che si dimostra interprete raffinata e attenta ad esprimere al meglio le emozioni provate dal suo personaggio. La voce, pur non particolarmente pregevole nel timbro, è sostanzialmente ben emessa. Mi sarebbero piaciuti solo dei gravi più consistenti, ma la cantante è giovane  e avrà il tempo per migliorare.
Gianluigi Gelmetti dirige con precisione ma senza "brividi" e con scarsa fantasia. Presta molta attenzione le voci e cui consente di esprimersi al meglio.
Piccola nota di costume. Ormai fra i direttori è di moda dirigere non più col buon vecchio frac (che a me piace tanto), ma con improbabili palandrane, il più delle nere. Nello specifico Gelmetti si è presentato in buca con una improbabile camicione nere, che da lontano mi sembrava semilucido, ma potrei sbagliarmi, con colletto alla coreana, portato fuori dai pantaloni. Ora. Capisco che il direttore non abbia un fisico da modello e che il frac non sia il più comodo degli abiti, ma è proprio necessario mettere certe cose?
Dov'è finito il rispetto per il luogo in cui ci si trova (tanto più che si trattava di una prima)? Allora, a questo punto, se voleva star comodo poteva venire in tuta da ginnastica o, perché no, in pigiama! Sarà che le vostre diaboliche blogger sono delle bacchettone di prima categoria e ci tengono maledettamente alle apparenze, ma noi gradiremmo un abbigliamento adeguato al contesto da chi viene pagato per stare in scena/buca. E' per questo che da oggi questo blog intraprende una crociata: vogliamo cantanti e direttori vestiti come di deve! (piccola precisazione. Mi sono ricordata adesso di fare questo discorso perché ho visto il Maestro Gelmetti vestito in quel modo ieri sera, ma riflettevo su questo argomento da molto, quindi non si tratta di un "attacco" personale nei suoi confronti, ma di una riflessione generalizzata)
Conclusa la mia inutile divagazione, mi complimento col sempre valido coro del Teatro Verdi che si fa apprezzare per la sua compattezza e precisione: BRAVI. Anche l'orchestra si comporta bene, salvo qualche sbavatura dei fiati.
Il regista Jean Louis Grinda ambienta la vicenda in uno spazio somigliante alla scena del teatro Olimpico di Vicenza, abbigliando i cantanti con costumi settecenteschi, secondo l'uso dell'epoca di Mozart. Poca fantasia nei movimenti del coro, che viene fatto semplicemente entrare in scena per poi schierarsi e cantare. I soli, anche grazie all'abilità dei singoli, si muovono con eleganza e semplicità, ma con pochi gesti trasmettono esattamente il clima del momento.
L'unico particolare anomalo è stata la comparsa in scena di due pannelli neri con disegnati dei teschi e le scritte, spero di ricordarle correttamente "chi era il re?" e "chi era il mendicante?" Presumo si riferissero al recitativo in cui Tito dice
 A noi si nega
ciò che a' più bassi è dato. In mezzo al bosco
quel villanel mendico, a cui circonda
ruvida lana il rozzo fianco, a cui
è mal fido riparo
dall'ingiurie del ciel tugurio informe,
placido i sonni dorme,
passa tranquillo i dì, molto non brama,
sa chi l'odia e chi l'ama, unito o solo
torna sicuro alla foresta, al monte,
e vede il core ciascheduno in fronte

ma non ne sentivo la necessità...

Vorrei spendere due parole sul pubblico. La recita di ieri sera era la prima di questa produzione. Il clima non era affatto avverso. Il cast più che discreto. L'opera non celebre, ma l'autore sì (o, almeno lo spero). I prezzi dei biglietti ragionevoli. Quindi mi chiedo, come mai così poca gente? Il teatro non era vuoto, ma il loggione vedeva occuparti circa la metà dei posti (e qualcuno è pure andato via all'intervallo...) e anche nei palchi notavo molti vuoti. Inoltre in certi momenti sono mancati gli applausi a scena aperta, che sarebbero stati doverosi, e anche alla fine mancava l'entusiasmo... Capisco che il titolo non sia dei più sentiti (anzi, era la prima volta che si metteva in scena la Clemenza a Trieste) e quindi la scarsa conoscenza dello stesso possa "mettere in soggezione", ma si è sentito cantare e suonare più che bene e lo spettacolo era gradevole, un po' di entusiamo sarebbe stato appropriato, almeno alle chiamate finali.
Di positivo rilevo la presenza di molti giovani (under 30, ma anche qualche under 20), forse i più presi dallo spettacolo.

Concludo dicendo che ho trovato lo spettacolo raffinato ed elegante, con una compagnia di canto più che all'altezza e ottime masse artistiche. Peccato per i molti posti vuoti, ma ad averci rimesso sono solo quelli che sono rimasti a casa.

[Tutte le immagini provengono dal sito del Teatro Verdi di Trieste]

1 commento:

  1. Ottimo! Un gran bello spettacolo! E grazie per la nota al coro! Io sono una fan dei cori d'opera e quello di sabato è stato proprio un bel sentire ;)

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