Ieri è stata una giornata strana. L’unico mio momento di gloria è stato imprecare contro il tempo che minacciava diluvio. Poi, per farmi dispetto, di pioggia non ce n’è stata. Non ci sono stati neanche libri, e sì che ero a Bologna. Per non tornare a casa a mani vuote, ho comprato il programma di sala (pregevole perché pone a confronto alcuni punti-chiave col testo di Gozzi), che avrà il benemerito onore di essere uno dei miei primi libri stampati in questo secolo (di solito io cerco quelli fuori catalogo da trent’anni)...
Insomma, ero in un particolare stato di grazia; troppo particolare, troppa grazia. Quella morigerata giovincella che aspettava ordinatamente il proprio turno fuori dal teatro, in mezzo alle befane impellicciate e stuccate come dive del cinema, non ero io. Non potevo essere io! Ero troppo tranquilla, troppo ordinata, troppo intonata all’ambiente. ERO UNA CARICATURA!!!
Poco male, ho di che consolarmi con questa recensione, in cui spero di prendermi una rivincita (rivincita sancita fin dal titolo, che magari mi costerà la testa ma che è un affettuoso omaggio alla mia amata briscola).
Come da buona tradizione felsinea, il secondo cast era destinato a surclassare il primo (che ho sentito alla radio con momenti di raccapriccio). Ed ecco qui gli intrepidi interpreti:
Turandot, Elena Pankratova
Calaf, Francesco Anile
Liù, Virginia Wagner
Timur, Alessandro Guerzoni
Ping, Marcello Rosiello
Pong, Stefano Pisani
Pang, Mario Alves
Altoum, Stefano Consolini
Un Mandarino, Nicolò Ceriani
Principe di Persia, Martino Fullone
Due ancelle, Maria Adele Magnelli e Marie-Luce Erard
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Coro di Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del coro, Lorenzo Fratini
Preparatore del coro di voci bianche, Alhambra Superchi
direttore, Fabio Mastrangelo
regia, Roberto De Simone
Una volta tanto, posso volgermi alla regia con un sospiro di sollievo, perché ciò che ho visto eguagliava la bellezza della musica: l’allestimento di De Simone, che aveva già inaugurato la riapertura del Petruzzelli poco più di due anni fa, era davvero ambientato “a Pechino, al tempo delle favole” ed era composto da una lunga scalinata su cui si disponevano i coristi abbigliati come i soldati dell’esercito di terracotta. Un tocco estremamente suggestivo. Alcune maschere di mostri (a seconda delle necessità, boia, aguzzini, carnefice di Lo-u-ling, di cui si assiste allo scempio mentre Turandot racconta la sua triste vicenda) e delle visioni nei momenti salienti hanno completato la coreografia. Commovente l’accento messo sulla giovinezza e la purezza del giovanissimo principe di Persia, circondato da una luce bianca al momento del supplizio.
In cima alla scalinata, era situato il trono dell’imperatore. Durante la scena degli enigmi, Turandot (che compare quasi per incanto da dietro un telo in movimento) canta fra dei guerrieri finti che, a mano a mano che Calaf indovina, sprofondano come a dimostrare che la principessa sta perdendo il suo potere. Nell’ultimo atto, invece, la scena si svolge presso la tomba di Lo-u-ling e l’opera si conclude proprio con lo spirito dell’ava che conduce con sé l’esanime Liù dopo aver porto a Turandot un fiore, simbolo della prossima riconciliazione con Calaf.
La scelta più discutibile forse è proprio questa, di interrompere l’opera nel punto in cui termina la musica di Puccini. Ascoltando i commenti all’uscita (no, non ho origliato. Erano gli altri a parlare a voce alta...), alcuni hanno apprezzato quest’idea, trovando corretto non proseguire oltre la scrittura dell’autore. Sinceramente, io non saprei decidermi: tagliando il finale, si perde il senso della storia, ma è anche vero che il lieto fine mi è sempre sembrato stiracchiato molto più che in altre opere. Un bacio è un po’ poco per piegare una principessa ieratica, e come me la pensa anche il regista (come si legge al programma di sala, pagg. 76-77), che ricorda che, nel mito originale, “la Principessa crudele è vittima di un incantesimo di possessione” da parte di uno spirito maligno, quello dell’antenata. Tutto questo, però, non è ripreso nel libretto di Adami e Simoni ed è un aspetto della trama che mi lascia profondamente insoddisfatta, così come (ma questo è un mio parere personale. Prendetelo per quello che vale) non sopporto il personaggio di Calaf, talmente preso dalla sua ossessione per Turandot da dimenticare il padre, che affida a Liù senza un minimo di rimpianto, e da liquidare con appena un misero accenno il sacrificio della schiava, a cui tanto dovrebbe...
La direzione di Mastrangelo è stata guastafeste e si è risolta in una corsa a perdifiato: sgraziata e frenetica (ogni tanto gli strumenti gemevano alla “Numi, pietà!” e come dar loro torto). Come dice Aspasia in questi casi “Si vede che aveva le scarpe strette e non vedeva l’ora di cambiarle”. L’unico tratto che assolverei è la caratterizzazione delle tre maschere, in cui il lato istrionico ha attenuato le altre carenze. Quanto al resto, era marcatissima l’indulgenza per le chiuse secche e i fortissimi, che hanno non poco menomato le prestazioni dei cantanti: all’arrivo in scena di Calaf, Liù e Timur, non si è udita una parola e così si è proseguito per gran parte dell’opera. In sostanza, un danno su tutta la linea...
I cantanti hanno fatto del loro meglio, visto che erano abbandonati a loro stessi, e si sono destreggiati fra il mediocre e il buono, con sporadiche punte di eccellenza. Andrò in ordine di apparizione.
Il mandarino Nicolò Ceriani non ha dato una prestazione brillante, con gli acuti volutamente calcati (per darsi maggiore autorità, ma diventando estremamente pesante) e la voce traballante. Per Timur non posso esprimere un giudizio, poiché era quasi completamente coperto dalla direzione. Apprezzabile la Liù di Virginia Wagner, in difficoltà nell’acuto e nell’estremo grave, ma ha dato un’idea di dolcezza e di remissione toccanti nell’aria del terzo atto, particolarmente importante in questo allestimento, in cui conclude l’opera.
Giudizio contrastante suscita invece il Calaf di Francesco Anile, che si era portato abbastanza bene per i primi due atti, salvo collassare completamente sotto il peso di Nessun dorma, in cui era calantissimo. L’emozione? La paura per il banco di prova? Si sono levati applausi ma anche fischi e non so quanto sia stata buona l’idea di interrompere il fluire della musica per dare modo al pubblico di esternare i suoi umori contraddittori.
Le tre grazie, Ping, Pong e Pang, abbigliati con tuniche rosse, gialle e verdi che gridavano semaforo, hanno dato buona prova di loro, fuorché qualche nota spoggiata di Pong. Fra i tre c’erano una bella commistione di voci che li rendeva irresistibili (soprattutto per chi come me ha un debole per i personaggi votati allo sketch, nonostante in questo caso si tratti di umorismo macabro).
L’imperatore Altoum era impietosamente ridicolo, con una vocina stentata, quasi impaurita, a tratti caprina.
Per la Turandot di Elena Pankratova si assiste a un’evoluzione inversa a quella descritta per il tenore: In questa reggia tremava d’ansia, la voce aveva un sibilo piuttosto stridulo, ma già verso la fine dell’aria la cantante ha preso un po’ di coraggio e anche la voce si è abbellita, nonostante ci restassero alcune note un po’ troppo sparate e imprecise. Gli enigmi, pur nella loro “staticità”, sono stati ben sciorinati, senza grossi difetti di pronuncia (ogni tanto arrivava qualche doppia non richiesta). Il personaggio manteneva intatta la sua proverbiale freddezza. Rimane una bella interpretazione e confido che, prossimamente, potrò risentire questa cantante con una maggiore sicurezza, perché può dare molto.
Il pubblico ha dimostrato di apprezzare, coronando la recita con dieci minuti di applausi (è stato necessario riaprire il sipario), benché non siano mancate contestazioni al tenore e al direttore, quasi completamente coperte dall’esultanza generale. Nel complesso, sono soddisfatta anch’io, che conto come il due a briscola fuori dalle pagine di questo blog... ma non bisogna dimenticare che talora basta il due a vincere una partita: per un punto Martin perse la capa. Turandot deve aver avuto un po’ di pratica con questo gioco.
Insomma, ero in un particolare stato di grazia; troppo particolare, troppa grazia. Quella morigerata giovincella che aspettava ordinatamente il proprio turno fuori dal teatro, in mezzo alle befane impellicciate e stuccate come dive del cinema, non ero io. Non potevo essere io! Ero troppo tranquilla, troppo ordinata, troppo intonata all’ambiente. ERO UNA CARICATURA!!!
Poco male, ho di che consolarmi con questa recensione, in cui spero di prendermi una rivincita (rivincita sancita fin dal titolo, che magari mi costerà la testa ma che è un affettuoso omaggio alla mia amata briscola).
Come da buona tradizione felsinea, il secondo cast era destinato a surclassare il primo (che ho sentito alla radio con momenti di raccapriccio). Ed ecco qui gli intrepidi interpreti:
Turandot, Elena Pankratova
Calaf, Francesco Anile
Liù, Virginia Wagner
Timur, Alessandro Guerzoni
Ping, Marcello Rosiello
Pong, Stefano Pisani
Pang, Mario Alves
Altoum, Stefano Consolini
Un Mandarino, Nicolò Ceriani
Principe di Persia, Martino Fullone
Due ancelle, Maria Adele Magnelli e Marie-Luce Erard
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Coro di Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del coro, Lorenzo Fratini
Preparatore del coro di voci bianche, Alhambra Superchi
direttore, Fabio Mastrangelo
regia, Roberto De Simone
Una volta tanto, posso volgermi alla regia con un sospiro di sollievo, perché ciò che ho visto eguagliava la bellezza della musica: l’allestimento di De Simone, che aveva già inaugurato la riapertura del Petruzzelli poco più di due anni fa, era davvero ambientato “a Pechino, al tempo delle favole” ed era composto da una lunga scalinata su cui si disponevano i coristi abbigliati come i soldati dell’esercito di terracotta. Un tocco estremamente suggestivo. Alcune maschere di mostri (a seconda delle necessità, boia, aguzzini, carnefice di Lo-u-ling, di cui si assiste allo scempio mentre Turandot racconta la sua triste vicenda) e delle visioni nei momenti salienti hanno completato la coreografia. Commovente l’accento messo sulla giovinezza e la purezza del giovanissimo principe di Persia, circondato da una luce bianca al momento del supplizio.
In cima alla scalinata, era situato il trono dell’imperatore. Durante la scena degli enigmi, Turandot (che compare quasi per incanto da dietro un telo in movimento) canta fra dei guerrieri finti che, a mano a mano che Calaf indovina, sprofondano come a dimostrare che la principessa sta perdendo il suo potere. Nell’ultimo atto, invece, la scena si svolge presso la tomba di Lo-u-ling e l’opera si conclude proprio con lo spirito dell’ava che conduce con sé l’esanime Liù dopo aver porto a Turandot un fiore, simbolo della prossima riconciliazione con Calaf.
La scelta più discutibile forse è proprio questa, di interrompere l’opera nel punto in cui termina la musica di Puccini. Ascoltando i commenti all’uscita (no, non ho origliato. Erano gli altri a parlare a voce alta...), alcuni hanno apprezzato quest’idea, trovando corretto non proseguire oltre la scrittura dell’autore. Sinceramente, io non saprei decidermi: tagliando il finale, si perde il senso della storia, ma è anche vero che il lieto fine mi è sempre sembrato stiracchiato molto più che in altre opere. Un bacio è un po’ poco per piegare una principessa ieratica, e come me la pensa anche il regista (come si legge al programma di sala, pagg. 76-77), che ricorda che, nel mito originale, “la Principessa crudele è vittima di un incantesimo di possessione” da parte di uno spirito maligno, quello dell’antenata. Tutto questo, però, non è ripreso nel libretto di Adami e Simoni ed è un aspetto della trama che mi lascia profondamente insoddisfatta, così come (ma questo è un mio parere personale. Prendetelo per quello che vale) non sopporto il personaggio di Calaf, talmente preso dalla sua ossessione per Turandot da dimenticare il padre, che affida a Liù senza un minimo di rimpianto, e da liquidare con appena un misero accenno il sacrificio della schiava, a cui tanto dovrebbe...
La direzione di Mastrangelo è stata guastafeste e si è risolta in una corsa a perdifiato: sgraziata e frenetica (ogni tanto gli strumenti gemevano alla “Numi, pietà!” e come dar loro torto). Come dice Aspasia in questi casi “Si vede che aveva le scarpe strette e non vedeva l’ora di cambiarle”. L’unico tratto che assolverei è la caratterizzazione delle tre maschere, in cui il lato istrionico ha attenuato le altre carenze. Quanto al resto, era marcatissima l’indulgenza per le chiuse secche e i fortissimi, che hanno non poco menomato le prestazioni dei cantanti: all’arrivo in scena di Calaf, Liù e Timur, non si è udita una parola e così si è proseguito per gran parte dell’opera. In sostanza, un danno su tutta la linea...
I cantanti hanno fatto del loro meglio, visto che erano abbandonati a loro stessi, e si sono destreggiati fra il mediocre e il buono, con sporadiche punte di eccellenza. Andrò in ordine di apparizione.
Il mandarino Nicolò Ceriani non ha dato una prestazione brillante, con gli acuti volutamente calcati (per darsi maggiore autorità, ma diventando estremamente pesante) e la voce traballante. Per Timur non posso esprimere un giudizio, poiché era quasi completamente coperto dalla direzione. Apprezzabile la Liù di Virginia Wagner, in difficoltà nell’acuto e nell’estremo grave, ma ha dato un’idea di dolcezza e di remissione toccanti nell’aria del terzo atto, particolarmente importante in questo allestimento, in cui conclude l’opera.
Giudizio contrastante suscita invece il Calaf di Francesco Anile, che si era portato abbastanza bene per i primi due atti, salvo collassare completamente sotto il peso di Nessun dorma, in cui era calantissimo. L’emozione? La paura per il banco di prova? Si sono levati applausi ma anche fischi e non so quanto sia stata buona l’idea di interrompere il fluire della musica per dare modo al pubblico di esternare i suoi umori contraddittori.
Le tre grazie, Ping, Pong e Pang, abbigliati con tuniche rosse, gialle e verdi che gridavano semaforo, hanno dato buona prova di loro, fuorché qualche nota spoggiata di Pong. Fra i tre c’erano una bella commistione di voci che li rendeva irresistibili (soprattutto per chi come me ha un debole per i personaggi votati allo sketch, nonostante in questo caso si tratti di umorismo macabro).
L’imperatore Altoum era impietosamente ridicolo, con una vocina stentata, quasi impaurita, a tratti caprina.
Per la Turandot di Elena Pankratova si assiste a un’evoluzione inversa a quella descritta per il tenore: In questa reggia tremava d’ansia, la voce aveva un sibilo piuttosto stridulo, ma già verso la fine dell’aria la cantante ha preso un po’ di coraggio e anche la voce si è abbellita, nonostante ci restassero alcune note un po’ troppo sparate e imprecise. Gli enigmi, pur nella loro “staticità”, sono stati ben sciorinati, senza grossi difetti di pronuncia (ogni tanto arrivava qualche doppia non richiesta). Il personaggio manteneva intatta la sua proverbiale freddezza. Rimane una bella interpretazione e confido che, prossimamente, potrò risentire questa cantante con una maggiore sicurezza, perché può dare molto.
Il pubblico ha dimostrato di apprezzare, coronando la recita con dieci minuti di applausi (è stato necessario riaprire il sipario), benché non siano mancate contestazioni al tenore e al direttore, quasi completamente coperte dall’esultanza generale. Nel complesso, sono soddisfatta anch’io, che conto come il due a briscola fuori dalle pagine di questo blog... ma non bisogna dimenticare che talora basta il due a vincere una partita: per un punto Martin perse la capa. Turandot deve aver avuto un po’ di pratica con questo gioco.
Hi - couldn't resist commenting on this one!
RispondiEliminaWell... I heard the same performance of "Turandot" at Teatro Comunale another day and can agree with many of your words, but definitely not - with your opinion about Pankratova's Turandot! Her performance "wowed" me like no other since longer time: an excellent dramatic soprano, well produced and radiant in every register, never pushed, sung always with legato. As at the end somebody in the audience was screaming "Bis!", I smiled: "No problem, at least for the Russian girl - with her brilliant technique she probably can sing 2 Turandots a day".
And as a character - yes, she was cool, majestic and elegant in every movement - a real Princess!
Probably, Pankratova was a bit afraid at the performance I saw, but I do not exclude it was only a "negative day", and it became clear when she started to sing "Nella cupa notte vola un fantasma etc" and I appreciated her in those passages than in "In questa reggia". I hope the next time should be better, but I liked her performance anyway.
Eliminase invece di fare i critici, si pensasse solo all'emozione che i cantanti danno, sarebbe molto meglio per tutti, quanto ai fischi al tenore, evidentemente li hai sentiti solo tu, perchè in sala non se ne sono sentiti, anzi il delirio di tutto il pubblico diceva il contrario, chiedevano il bis?? forse era il Si naturarle che ti ha talmente stordito da lasciati un sibilo nelle orecchie?? è vero che non si possono accontetare tutti, ma le cattiverie gratuite no, non sono ammissibili, fa solo il male della lirica, e in questo momento non se ne vede la necessità.
EliminaQui nessuno fa il critico. Si stanno semplicemente esprimendo opinioni SOGGETTIVE. Se non trovi che queste opinioni si conformino con le tue, siamo ben contente di conoscere il tuo punto di vista e confrontarci. Ma accusare Armida di essersi inventata qualcosa francamente non mi pare corretto.
EliminaNon mi esprimo sulla recita in questione, perché non ero a teatro, ma non vedo validi motivi che possano averla spinta e parlare di fischi qualora non ci fossero stati.
Cattiverie poi (gratuite o meno), io non ne vedo...
Mi pareva di aver rilevato che il pubblico era spaccato in due dopo Nessun dorma. E' vero che una parte era in visibilio (in effetti, qui è colpa mia, avrei dovuto rilevare che gli applausi sono scrosciati), ma alcuni altri erano (non la maggioranza, ma ti assicuro che qualcuno c'è stato) piuttosto delusi dall'interpretazione data a quest'aria e non hanno mancato di manifestarlo. Non ero entusiasta neanch'io, in effetti, ma non mi piace fischiare perché poi come ci si aspetta che un cantante prosegua con l'animo sereno? D'altro canto, a inventare fischi non ci guadagno assolutamente nulla, per cui quest'insinuazione è stata quanto mai scortese. Inoltre, è vero che l'opera attraversa un periodo nero, ma non per questo chi paga il biglietto deve farsi andare a genio per forza tutto quello che vede. Non sarebbe onesto.
EliminaJesus Christ!.. If this one was your "liked the performance"-opinion, then you should have wrote at least a couple of good words to describe your impression - one could understand, you hated it completely!
RispondiEliminaBut, constructive criticism is an art, that needs to be taught and learned... Here is a small example (in your native language) how one can describe a successful performance of such a high-level singer:
"Elena Pankratova, interprete del ruolo della Donna, appare l’elemento vocalmente più solido del cast, alle prese con un ruolo che richiede un’estensione abnorme in alto come in basso. Voce ampia, di timbro piuttosto bello e ben emessa, capace di accenti quasi materni in una parte che rischia di apparire sgradevole nel suo atteggiamento scostante verso il consorte Barak" (LA DONNA SENZ'OMBRA, Maggio Musicale Fiorentino, 2010)
And explain me the reason why should a professional, well trained soprano, who has the courage to sing the most dramatic roles of italian and german repertoire at the famous theatres, should become "afraid" of the short version of "Turandot" (like this one in Bologna) anyway?!!
Humility and a good taste are very important skills that some people never fully develop - don't become one of them!
I wrote that I would like to hear Pankratova again, so I thought it was enough eloquent that I did not dislike her performance completely. I assure you that at the beginning she was not completely at ease (some people near to me noticed the same), but after that she relaxed and also her character had benefit of it. I am sorry if I gave the idea I hated Pankratova's Turandot. It was not my intention.
EliminaBene, ora che sono arrivati i primi contestatori, potete dire che il vostro blog è definitivamente decollato!
RispondiEliminaLi aspettavo con trepidazione, infatti! :).
RispondiEliminaPiù che altro mi stupisce che li abbia scatenati una, secondo varie fonti, opaca Turandot.
io c'ero !!!
RispondiEliminala mia impressione è stata per quanto rigarda il soprano veramente fantastica. era tempo che non sentivo una Turandot cantare con linea , piani, legato, e senza urlare. assolutamente un'interpretazione che ho gustato.
per quanto riguarda il tenore invece è chiaro che ha dei problemi tecnici, peccato davvero perchè la voce sarebbe bella ma ogni tanto sembra stanca e spoggiata.
Il direttore qulche volta lasciava suonare troppo forte l'orchestra, ma almeno non c'erano mai scollamenti tra i cantanti e l'orchestra.
mi sembra comunque che la commentatrice non sia esperta di canto visto i termini che usa, mi sembra che pubblicare il suo commento su un blog sia non competente.
L'altro cast
E che pretendi ? mica è una giornalista chiaro che non capisce di canto un bell'accidente!
RispondiEliminaElena Pabkratova assolutamente Turandottissimaa bravissima, bellissima voc e epresneza, ce nefossero così !!!
Ilprimo cast un disastro.
il resto del cast accettabile ma non ai suoi livelli
A Daniela, anche io seguirò le orme di questa soprano Pankratova, così si scrive, che mi ha emozionato ed andrò a vederla alla scala
RispondiEliminaavete letto l'articolo su adnkronos?
http://operaclick.com/recensioni/teatrale/milano-teatro-alla-scala-die-frau-ohne-schatten
EliminaElena Pankratova ha voce ampia, di bel colore, per niente in difficoltà
Eliminanella tremenda estensione della parte, dal Fa sotto il rigo al Do acuto.
L'interprete mostra con appropriatezza il percorso di umanizzazione
intrapreso durante lo sviluppo della vicenda. Tanto è isterica, aspra,
puntuta e scostante all'inizio, tanto, al momento del ravvedimento, è
affranta e desolata, ammorbidendo l'emissione con suoni più raccolti e
rotondi.
a Dante, si scusa nell'entusiasmo ho fatto un pò di errori di diteggiatura. Fammi sapere sul blog quando canterà, è raro sentire cantanti di questo livello a Bologna
RispondiEliminaCaro Dante, da quel che mi risulta, non è necessario possedere un "patentino da melomane" per poter esprimere PARERI PERSONALI sul PROPRIO blog. Inoltre nella dichiarazione d'intenti che si può leggere in alto a destra del blog diciamo chiaramente che non siamo delle addette ai lavori. Inoltre, visto il contesto, non trovo NECESSARIO l'utilizzo di un lessico tecnico.
RispondiEliminaCara Daniela, la media dei giornalisti che scrivono su riviste specializzate e giornali generalisti si sognano la cultura musicale (e non solo) di Armida...
Ps. come ho detto in precedenza, non ho visto lo spettacolo in questione, quindi non mi esprimo sul contenuto della recensione.
Per la seconda volta, voglio SOTTOLINEARE il fatto che non era mia intenzione distruggere l'interpretazione della Pankratova, però non posso sognarmi di scrivere che sia stata ASSOLUTAMENTE PERFETTA se qualche ombra l'ho notata. E, avendo espresso il desiderio di risentirla, potete facilmente arguire che in fondo non mi è dispiaciuta. Quanto alla mia terminologia, ci vado cauta apposta per non scrivere strafalcioni, per cui l'insinuazione è quanto meno ridicola. Conosco da me i miei limiti e i miei punti di forza. Mi dispiace che ve la siate presa sul personale, ma anche no, considerato il vostro garbo.
RispondiEliminaIo ho sentito l'ingresso di Turandot e gli enigmi per radio e non ho sentito questa Turandot eccezionale di cui parlano gli ultimi commentatori.
RispondiEliminaDirei che la recensione di Armida corrisponde maggiormente alla mia impressione. Una Turandot dignitosa, ma sicuramente migliorabile.
And, my dear Armida, did you go to La Scala in March to listen again to this outstanding singer? If not - I am very sorry for you - you missed a lot!
RispondiEliminaHere are some actuall international reviews for you, written by the people under their REAL names. May be, you should start to do the same, in oder to choose your words more precisely?
http://www.oper-aktuell.info/kritiken/details/artikel/milano-die-frau-ohne-schatten-24032012.html
SENSATIONELL!!!! Eine bessere, packendere Aufführung (szenisch UND musikalisch) von Strauss' DIE FRAU OHNE SCHATTEN ist zur Zeit nur schwer vorstellbar.
Ein geradezu sensationelles Erlebnis ist die Färberin von Elena Pankratova: Sie beweist, dass die Partie überhaupt nicht keifend geschrien werden muss, sondern durchaus kantabel ist. Frau Pankratova zeigt die Färberin als verletzliche, zutiefst verunsicherte junge Frau, die aus dieser Verunsicherung heraus durchaus auch hysterisch reagieren kann, dies aber nie oberflächlich schreiend tut. Ihre füllige, wunderbar kontrollierte Stimme fügt sich hervorragend in die Ensembles ein, und die orgiastischen, Gänsehaut erregenden Spitzentöne breiten sich mit überwältigender Kraft im Saal aus. Hervorzuheben ist zudem ihre exemplarische Textverständlichkeit".
http://www.corriere.it/cultura/12_marzo_13/elzeviro-isotta-donna-senza-ombra-clinica-psichiatrica_bbbbe18a-6d03-11e1-b7b3-688dd29f4946.shtml
RispondiEliminaQueste pungenti dissonanze degli strumentini si accompagnano in ispecie ai capricci della moglie del tintore, che non è mai contenta della sua vita e minaccia di continuo di abbandonare il tetto coniugale. Strauss le conferisce asperrimi vocalizzi e una defatigante insistenza sulla tessitura acuta, il che fa di lei da un punto di vista musicale la vera protagonista dell'opera. Adempie splendidamente al compito Elena Pankratova.
http://operaclick.com/recensioni/teatrale/milano-teatro-alla-scala-die-frau-ohne-schatten
RispondiEliminaElena Pankratova ha voce ampia, di bel colore, per niente in difficoltà
nella tremenda estensione della parte, dal Fa sotto il rigo al Do acuto.
L'interprete mostra con appropriatezza il percorso di umanizzazione
intrapreso durante lo sviluppo della vicenda. Tanto è isterica, aspra,
puntuta e scostante all'inizio, tanto, al momento del ravvedimento, è
affranta e desolata, ammorbidendo l'emissione con suoni più raccolti e
rotondi.
http://proslambanomenos.blogspot.com/
E naturalmente dei cantanti, qui di livello eccellente, prima fra tutti - per me - la Elena Pankratova, una Tintora davvero eccezionale, insieme agli altri quattro moschettieri...
Sarò poco diplomatica, ma non posso resistere! Sinceramente, ne ho abbastanza di sentirmi ripetere quanto è brava la Pankratova e non mi interessa un accidente di quanto bene ha cantato alla Scala. Io ho recesito, se non l'avete notato, la TURANDOT di BOLOGNA. Ora, ho notato delle difficoltà nella sua esecuzione e continuerò a ribadirlo in eterno e non posso farci niente se ferisco il vostro orgoglio. Siccome anche i miei vicini, che hanno ammesso di non capire granché di voci, hanno notato una leggera ansia nel suo ingresso, forse qualcosa di vero c'è? Non trattandosi di esperti, mi obietterete che il loro giudizio non conta, ma per me che anche gente non del tutto addentro alle questioni musicali si accorge quando qualcosa non va. Ormai, però, sembra insindacabile che la Pankratova sia un prodigio - e non dico di no - ma trovo assurdo negare che abbia avuto una defiance in una recita come se fosse un atto di lesa maestà: anzitutto, una recita un po' "storta" non pregiudicherà una carriera che sono sicura ci farà stupire (tengo a sottolineare che ho concluso il paragrafo dedicato a lei precisando che sarei stata ben lieta di risentirla, ma evidentemente non bastava a chi si aspettava un elogio sperticato), in secondo luogo, è davvero impossibile che un cantante abbia una giornata non perfetta? Magari cinque minuti prima di entrare in scena ha litigato col moroso (povero ragazzo) o ha saputo che le era morto il gatto (povera bestia) o un qualunque altro motivo che esuli da questi esempi campati in aria, le ha impedito di non essere in forma impeccabile (ebbene sì, l'impenitente insiste nella sua affermazione).
EliminaA quanto pare, però, essendo la Pankratova l'ottava meraviglia del mondo, ciò che si può realizzare per qualunque altro cantante a questo mondo a lei è precluso. Bene, allora, sia pure e congratulazioni.
Quanto a me, mi dolgo solo di aver riportato la MIA VERSIONE DEI FATTI, contestabile finché si vuole, ma è assurdo replicarmi USCENDO DAI LIMITI DELLO SPETTACOLO CHE HO VISTO, riportando i commenti su UN'ALTRA OPERA! Per farvi tutti contenti, avrei potuto dire che la Pankratova era ECCEZIONALE, che anche la Callas CATTURAVA LE FOLLE come il soprano russo e, tralasciando i paragoni, che è stata la Turandot MIGLIORE che io abbia mai sentito o che risentirò.
Concludo. Se volete tessere gli elogi della Pankratova, commentate su una pagina tutta vostra i suoi progressi e le sue meraviglie: questa recensione non era un approfondimento sulle sue prodezze vocali, ma su Turandot. Adesso, spero che con questo si ponga la parola fine ai commenti, perché io non risponderò più a cose che non hanno nulla a che fare con ciò che ho scritto. D'altro canto, non so cosa ci sia ancora da obiettare, visto che vi ho assecondanto con la comoda menzogna di cui vi ho fatto omaggio in queste righe. Potevate avvertirmi che volevate una balla per vivere in pace con la vostra coscienza, ma, adesso che ho rimediato, credo che saremo tutti contenti.
Sarò poco diplomatica, ma non posso resistere! Sinceramente, ne ho abbastanza di sentirmi ripetere quanto è brava la Pankratova e non mi interessa un accidente di quanto bene ha cantato alla Scala. Io ho recesito, se non l'avete notato, la TURANDOT di BOLOGNA. Ora, ho notato delle difficoltà nella sua esecuzione e continuerò a ribadirlo in eterno e non posso farci niente se ferisco il vostro orgoglio. Siccome anche i miei vicini, che hanno ammesso di non capire granché di voci, hanno notato una leggera ansia nel suo ingresso, forse qualcosa di vero c'è? Non trattandosi di esperti, mi obietterete che il loro giudizio non conta, ma per me anche gente non del tutto addentro alle questioni musicali si accorge quando qualcosa non va. Ormai, però, sembra insindacabile che la Pankratova sia un prodigio - e non dico di no - ma trovo assurdo negare che abbia avuto una defiance in una recita come se fosse un atto di lesa maestà: anzitutto, una recita un po' "storta" non pregiudicherà una carriera che sono sicura ci farà stupire (tengo a sottolineare che ho concluso il paragrafo dedicato a lei precisando che sarei stata ben lieta di risentirla, ma evidentemente no bastava a chi si aspettava un elogio sperticato), in secondo luogo, è davvero impossibile che un cantante abbia una giornata non perfetta? Magari cinque minuti prima di entrare in scena ha litigato col moroso (povero ragazzo) o ha saputo che le era morto il gatto (povera bestia) o un qualunque altro motivo che esuli da questi esempi campati in aria, le ha impedito di non essere in forma impeccabile (ebbene sì, l'impenitente insiste nella sua affermazione).
EliminaA quanto pare, però, essendo la Pankratova un prodigio, ciò che si può realizzare per qualunque altro cantante a questo mondo a lei è precluso. Bene, allora, sia pure e congratulazioni.
Quanto a me, mi dolgo solo di aver riportato la MIA VERSIONE DEI FATTI, contestabile finché si vuole, ma SENZA USCIRE DAI LIMITI DELLO SPETTACOLO IN SE'. Per farvi tutti contenti, avrei potuto dire che la Pankratova era ECCEZIONALE, che anche la Callas CATTURAVA LE FOLLE come il soprano russo e, tralasciando i paragoni, che è stata la Turandot MIGLIORE che io abbia mai sentito o che risentirò.
Concludo. Se volete tessere gli elogi della Pankratova, commentate su una pagina tutta vostra i suoi progressi e le sue meraviglie: questa recensione non era un approfondimento sulle sue prodezze vocali, ma su Turandot. Adesso, spero che con questo si ponga la parola fine ai commenti, perché io non risponderò più a cose che non hanno nulla a che fare con ciò che ho scritto. D'altro canto, non so cosa ci sia ancora da obiettare, visto che vi ho assecondanto con la comoda menzogna di cui vi ho fatto omaggio in queste righe. Potevate avvertirmi che volevate una balla per vivere in pace con la vostra coscienza, ma, adesso che ho rimediato, credo che saremo tutti contenti.