martedì 10 gennaio 2012

Cara immagine ridente: Favole rossiniane

1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI




Mi serviva una cavia per una nuova rubrica e


a) dopo aver riflettuto sui miei soliti intenti goliardici, e


b) avendo deciso di non aver disturbato ancora troppo le povere ossa di quella buonanima


la vittima sacrificale che mi si presentava più adatta è stata il Gioak. Ora, brevemente, a guisa d'introduzione, vi spiegherò perché. QUESTO è il perché:



Il Gioak si presentava bene, troppo bene, addirittura con un sorrisino sornione che faceva proprio al caso mio. Dopotutto, non potevo scegliere come mascotte qualcuno di QUESTO stampo:




o, peggio, QUEST'ALTRO ancora:





Niente contro di loro, poveretti, ma, immaginando che questi tre siano i nostri vicini di casa (e allora credo che la casa diventerebbe solo una piattaforma di lancio per andare ospite oggi dall'uno, domani dall'altro...), ma da chi preferiremmo trascorrere il pomeriggio? A scrivere domande e risposte sui quadernini di Beethoven? A sentire le lodi sperticate fatte a se medesimo da quel divo di Wagner? Scegliendo il Gioak, mal che vada, saremmo sicuri di tornare a casa con una fetta di torta nello stomaco.



Per cui, la scelta è stata facile.



2. LO SPIRITO DEL GIOAK:



Tanto per cambiare, anche il Gioak è passato per varie ed eventuali stilizzazioni che, come ha fatto notare un suo biografo con un'immagine coloristica, hanno ridotto il Cigno di Pesaro a svolazzare di qua e di là in cerca di inesauribili banchetti. Adesso, per rendergli giustizia, è iniziata una ricerca volta a dimostrare che, in realtà, il nostro aveva una psicologia più complessa, era una persona estremamente sensibile, negli ultimi anni rattristata da malattie nervose eccetera eccetera. In sostanza, la sua proverbiale ironia altro non sarebbe che la naturale difesa di chi conosce troppo bene la vita.



Insomma, anche il Gioak non era estraneo a questa valle di lacrime. L'ho scritto qui per chiarirlo una volta per tutte e non parlarne più, visto che non è il caso di spargere d'amaro pianto su qualunque cosa. Lascio le investigazioni sul lato oscuro del Gioak agli intellettuali seri che sono tanto più bravi (e musoni) di me.



Adesso quello che mi preme è citare su questo blog, di tanto in tanto, qualche facezia del Gioak, non per andare a frugare nella sua psiche i vari ed eventuali complessi che nascondeva (non sono Freud - il riferimento è dedicato ad una mia amica aspirante psicologa che tanto non leggerà mai queste righe. Io comunque ci provo :) ), ma perché, a leggere le sue battute in un momento di malumore, posso stare sicura di ritemprarmi. Per cui ecco perché ho pensato di condividerle.



3. FINALMENTE LE COSE SERIE:



Ecco qui il primo aneddoto (ripreso spudoratamente da una biografia scritta da Adriano Bassi e pubblicata da Franco Muzzio Editore):



"Si è affermato, e si continua ad affermare da alcuni, che il Rossini e il Meyerbeer si odiavano; ma persone degnissime di fede, intime dei due compositori, tra cui il maestro Méreaux e il Michotte, assicurano che non solo grandemente si stimavano, ma si amavano ancora. E' vero che, da un aneddoto narrato dal noto critico e storico Alessandro Biaggi, parrebbe che il Pesarese non credesse sincere le dimostrazioni di affetto del collega; ma io ritengo che l'aneddoto in parola non sia altro che una delle solite boutades burlesche, di cui tanto si compiaceva il Rossini.



"Passeggiando un giorno per le vie di Parigi in compagnia del Maestro, il Biaggi vide farsi avanti l'autore degli Ugonotti e chiedere premurosamente al Rossini notizie della sua salute. 'Non mi sento affatto bene', rispose questi serio serio, 'ho giramenti di capo, palpitazioni di cuore, un'infinità di malanni'. E, salutato in fretta il collega, proseguì la sua strada. 'Vada subito a casa, Maestro', disse allora il Biaggi, 'si abbia riguardo'. 'Non c'è bisogno', rispose ridendo il Rossini, 'mi sento benone; ma farebbe tanto piacere a quel caro Meyerbeer di sapere che domani io son crepato, che non ho voluto negargli oggi questa consolazione'".

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