mercoledì 7 dicembre 2011

Il grammofono: Rodelinda in HD

Oggi ci toccherà bella. Dalla Scala ci propineranno un Don Giovanni che promette tuoni e fulmini e che, più che allettarmi, mi preoccupa. In effetti, le notizie che si sono succedute in questi giorni sono inquietanti, ma alla fin fine nulla che esuli dal solito regista onnipotente e imprescindibile a discapito di quell'imbecille del compositore che non conosceva la differenza fra sincope e semicroma e quell'illetterato del librettista che confondeva l'endecasillabo con la metafora... Beh, staremo a vedere (con gli occhi fuori dalle orbite, temo...).


Soprattutto, questo Don Giovanni lo vivremo ancora peggio visto che siamo felicemente reduci dalla Rodelinda trasmessa ieri sera dal Metropolitan.
Ecco il cast:
Rodelinda: Renée Fleming
Eduige: Stephanie Blythe
Bertarido: Andreas Scholl
Unulfo: Iestyn Davies
Grimoaldo: Joseph Kaiser
Garibaldo: Shenyang
Orchestra del Metropolitan
diretta da Harry Bicket
Prima di cimentarmi nella descrizione della serata, vorrei fare due appunti:
1. è assai triste che in Italia sia talmente raro (praticamente impossibile) sentire Handel che l'unica volta in cui lo trasmettono è al cinema e dall'estero. Bisognerebbe decidersi a tirare fuori questo compositore dalla naftalina, nei pochi anni che ancora rimangono ai teatri italiani se continueremo così (ma almeno avremo la consolazione di finire in gloria);
2. in sala (capienza circa cento-centoventi posti) eravamo in CINQUE: io, Aspasia, la nostra amica della scorribanda londinese, e due signori sulla cinquantina. FINE. Dov'erano tutti? È uno SCANDALO! È INAMMISSIBILE! Ma è anche comprensibile visto che potremmo ormai chederci con don Abbondio «Georg Friedrich! Chi era costui?» Il Met, invece, era eloquentemente pieno come un uovo...
Insomma, per questo Olimpo di privilegiati (talmente pochi che le Muse nel Parnaso ci superavano di numero...) è andata in scena una delle più belle opere di cui sono stata spettatrice, non solo musicalmente, ma anche scenograficamente. E qui partiamo con una cronaca che, una volta tanto, non sarà nera.
La scenografia e i costumi. Dire che erano meravigliosi è poco: l'ambientazione era settecentesca, nonostante l'epoca longobarda immaginata nel libretto, ma l'anacronismo è scusabile poiché richiamava l'epoca del compositore. Le comparse e i protagonisti giravano con improbabili parrucche boccolose, calzette di seta, pantaloni alla zuava e, le donne, con ampi vestiti ricamati. Molto bello soprattutto il vestito di Rodelinda nel terzo atto, blu con bordi in oro, e la giacca di rappresentanza di Grimoaldo, su cui non c'era più spazio per i lustrini tanto era carica.
Gli ambienti (camera da letto, cortiletto interno, cimitero, stalla, prigione e sfarzosa biblioteca a due piani che da sola valeva l'opera) cambiavano come se fossero mossi da un tapis-roulant, salvo per la prigione sotterranea in cui la scena si sollevava. Dagli esterni del castello, abbiamo postulato che lo scenografo sia venuto ad ispirarsi qui in Friuli al castello di Villalta e, quanto al fondale agreste, ricordava la campagna toscana al massimo del suo splendore. Tutto il mondo è paese, no? Ma mi viene da piangere al pensiero di quello che ci aspetta stasera...



VILLALTA

La direzione è stata sostanzialmente buona, rapida ma non forsennata e coinvolgente. Le uniche pecche sono stati dei brevi sbandamenti dei fiati, che a quanto pare aspettano sempre noi per andare in crisi (rimane memorbile quello di Rinaldo).
I cantanti sono stati tutti all'altezza della situazione, ma forse quella che mi è piaciuta di meno è stata proprio la primadonna Renée Fleming, in seria difficoltà negli acuti e abbastanza limitata anche nel grave. Talora problematici anche gli acuti di Joseph Kaiser, che per il resto non aveva altre carenze salto alcuni pasticci con le doppie e le scempie. Comunque l'ho apprezzato di più nell'aria del primo atto che nelle seguenti, in cui erano maggiormente percepibili le difficoltà.
Niente male l'Eduige di Stephanie Blythe, la più applaudita dal pubblico in sala, benché fra noi siano volati alcuni commenti bonariamente maligni sulla sua stazza non proprio minuta e sul fatto che, se si fosse fatta giustizia da sé e avesse preso a ceffoni l'usurpatore, probabilmente l'opera sarebbe finita con due atti d'anticipo.
I due controtenori, Scholl e Davies, vocalmente più chiari della Renata, sono stati degli ottimi comprimari, estremamente soddisfacenti benché nel duetto a conclusione del secondo atto fra Bertarido e Rodelinda i due fossero a tratti dissonanti.
La Cina è vicina con il cattivo Garibaldo, Shenyang, estremamente trascinante (sarà che io ho un debole per i cattivi) e privo dei difetti di pronuncia che spesso menomano i cantanti orientali. Oltre ad essere l'unico tutto d'un pezzo della trama (troppo realistico per trionfare in un libretto settecentesco - difatti non arriva alla fine...), ha avuto anche un'uscita ad effetto in groppa ad un cavallo vero che forse, di tutte le bizzarie che in questi tempi si chiedono ai cantanti, è stata la trovata più simpatica e meno pericolosa.
Registro anche una sorprendente assenza di risatine da parte del pubblico, straordinariamente composto salvo per i comprensibili boati negli applausi finali.

Adesso non ci resta che sperare per il meglio per la prima alla Scala. Non per essere prevenuta, ma probabilmente domani vi troverete quattro colonne di imprecazioni. È il paradosso che comporta assistere a due opere con due intenti diversi in due giorni.

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