martedì 10 settembre 2013

Una voce poco fa: ROF 2013, parte III (La donna del lago, 23 Agosto 2013)

Dopo due spettacoli che mi hanno fatto masticare via l'amaro assaggiato nel primo, era d'uopo che l'indomani mattina mi recassi in pellegrinaggio a Loreto, pregando che anche il terzo fosse all'altezza... Ma di questo non avevo di che preoccuparmi, perché persino il librettista mi avrebbe dato manforte.

"Fu di libretti autor, chiamossi Tottola,
un'aquila non era, anzi una nottola".




Il distico mi era rimasto sulla coscienza da un pezzo, cioè dalla mia partecipazione alla Donna del lago scaligera di una manciata d'anni fa: non mi perdonavo, cioè, di aver graziato il librettista dalla doverosa presa in giro (con buona pace degli esimi scrittori che ci ricordano instacabilmente che, per quanto le sue trame fossero incoerenti, il Tottola era uno dei librettisti più quotati della sua epoca. Io ne ho preso atto, ve l'ho detto, sono in pace con la coscienza e tiro avanti per la mia strada). E' da quella lontana rappresentazione, infatti, che continuo a lambiccarmi nella speranza di capire da che lato penda il cuore di Elena: Uberto? Malcom? Leggendo e rileggendo il libretto, sono ormai portata a pensare che preferisca il secondo, ma non ne sono ancora del tutto convinta... Ma, dopotutto, il vero Giacomo V (che, storicamente, era il genero di Francesco I, ossia il re di Francesca di Foix, e il padre di Maria Stuarda, con tanti baci a Donizetti) non mancava d'amanti e c'era sempre tempo per recuperarlo...

La serata doveva svolgersi senza sorprese in scena - l'opera si teneva in forma di concerto - per cui ero preparata ad ascoltare un'esecuzione memorabile e mi ero affidata ciecamente all'esperienza di quell'implume fanciullo che è il Maestro Zedda, che è stato "aggiunto alla mia lista preferiti" non dopo aver ascoltato una delle banali (relativamente parlando) esecuzioni rossiniane, ma dopo aver fatto conoscenza con la sua registrazione de I puntigli delle donne del signor Spontini, che a sua volta è diventato un mito dopo aver letto (fa fede Wagner, per i reclami rivolgetevi a lui) che il sobrio compositore aveva l'abitudine di dirigere l'orchestra armato di una specie di bastone da maresciallo...
Ma l'imprevisto è sempre in agguato e l'anziano Maestro ci ha tenuti col fiato sospeso per un malore a metà del primo atto... Spettacolo sospeso, luce spenta sul palcoscenico, nessuna notizia se non dopo un'abbondante mezz'ora... e la deprimente lettura della battaglia di Tsushima, non era l'ideale per tirarsi su di morale, soprattutto per chi tifa per gli sconfitti...
Ma, se la Suvarov, la Alessandro III, la Borodino, eccetera, giacciono ora nel fondo del mare, il Maestro si è rivelato inaffondabile e ha portato l'opera a compimento (ve lo anticipo) con impeccabile maestria.

Ed ecco a voi:

Elena, Carmen Romeu
Uberto/Giacomo V, Dmitry Korchak
Rodrigo, Michael Spyres
Malcom, Chiara Amarù
Douglas, Simone Alberghini
Serano, Alessandro Luciano
Albina, Mariangela Sicilia

Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del coro, Andrea Faidutti
Direttore, Alberto Zedda

Lodi incommensurabili alla protagonista, che l'anno scorso interpretava Argene nel Ciro in Babilonia e a cui era affidata la cosiddetta aria del Si bemolle, unica nota valida della prima interprete, a cui il Gioak ha fatto il favore (o, conoscendolo, il dispetto) di comporre secondo i di lei limiti. Non è questo il caso della Romeu, che si è presa una voluttuosa vendetta, offrendo un'interpretazione delicata, veramente incantevole, sciorinata con una linea e una voce impeccabili.
E mi sia consentito aggiungere frivoli complimenti per la scelta del raffinato vestito.
Dmitry Korchak, che avevo sentito finora in registrazioni (ma, nel complesso, con soddisfazione), è stato un Uberto energico ed elegante, e particolarmente ispirato in O fiamma soave. Registro qualche piccola imprecisione, ma nulla a cui non si possa rimediare.
Ottimo e più che ottimo è il Malcom di Chiara Amarù, altra vecchia conoscenza di questo blog: posso ormai dichiararmi fan di questa giovane cantante dalla voce vellutata che, nella serata in questione, ha sottolineato sia il romanticismo che la disperazione che la determinazione del suo personaggio, mettendosi eccezionalmente in luce soprattutto nella cabaletta del primo atto, ma portandosi senza sbavature nell'intera opera.
Non ho affatto gradito, invece, il Rodrigo di Michael Spyres, che mi ha confermato l'impressione che mi ero fatta fin dal Ciro. L'ho trovato metallico e antiquato e senza grandi exploit, mentre l'unico dispiacere che mi ha arrecato il Douglas di Simone Alberghini è stato quello di cantare troppo poco, ma nel suo unico momento di gloria (l'aria Taci, lo voglio) si è condotto con la solita maestria.
Complimenti anche ai comprimari Alessandro Luciano e Mariangela Sicilia, per quanto compresi in piccole parti.
A dimostrazione che le vecchie querce hanno buone radici, eccomi all'encomio solenne di Alberto Zedda. Tremo sempre di terrore davanti a questi mostri sacri, per cui chiedo in anticipo venia. Il Maestro ha realizzato un piccolo miracolo e un enorme capolavoro, dirigendo l'orchestra del Comunale con precisione, eccezionale cura e pulizia e con grande sensibilità, particolarmente percebile nelle scene più intimistiche e delicate. Mi ha dato l'impressione di ascoltare l'opera per la prima volta.


Tirando le fila e lasciando da parte l'unico rimpianto che è il Tell, mi sento più che soddisfatta dal XXXIV ROF. Ora guardiamo avanti e incrociamo le dita per il prossimo anno.

Nessun commento:

Posta un commento