Baldassare MICHAEL SPYRES
Ciro EWA PODLES
Amira JESSICA PRATT
Argene CARMEN ROMEU
Zambri MIRCO PALAZZI
Arbace ROBERT MCPHERSON
Daniello RAFFAELE COSTANTINI
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
Maestro del Coro LORENZO FRATINI
Direttore WILL CRUTCHFIELD
Partiamo dall'allestimento, già visto al festival di Caramoor.
In altre occasioni avevo molto apprezzato i lavori di Davide Livermore. In questo caso, invece, so rimasta quantomeno perplessa. In scena abbiamo i protagonisti nelle vesti di attori di un film muto, mentre il coro è intendo a seguire il film in una sala cinematografica dei primi del '900. L'idea in se non era male, anche perché il libretto non veniva stravolto e in scena non si vedevano chissà quali stramberie. Il problema è l'effetto. Sul fondo della scena, infatti, era posto uno schermo cinematografico su cui scorrevano frasi del libretto, ma soprattutto dei primi piani (precedentemente registrati) dei protagonisti. Ecco. Questi, invece di enfatizzare la drammaticità di certi momenti, producevano l'effetto contrario: le pose da film muto viste nel 2012 (soprattutto quelle della Podles) erano a dir poco comiche! Allestimento non certo da buttar via, ma, a mio avviso, qualcosa si potrebbe rivedere...
In altre occasioni avevo molto apprezzato i lavori di Davide Livermore. In questo caso, invece, so rimasta quantomeno perplessa. In scena abbiamo i protagonisti nelle vesti di attori di un film muto, mentre il coro è intendo a seguire il film in una sala cinematografica dei primi del '900. L'idea in se non era male, anche perché il libretto non veniva stravolto e in scena non si vedevano chissà quali stramberie. Il problema è l'effetto. Sul fondo della scena, infatti, era posto uno schermo cinematografico su cui scorrevano frasi del libretto, ma soprattutto dei primi piani (precedentemente registrati) dei protagonisti. Ecco. Questi, invece di enfatizzare la drammaticità di certi momenti, producevano l'effetto contrario: le pose da film muto viste nel 2012 (soprattutto quelle della Podles) erano a dir poco comiche! Allestimento non certo da buttar via, ma, a mio avviso, qualcosa si potrebbe rivedere...
Spyres si trova a dover combattere con la complessa parte di Baldassarre, ruolo da baritenore che richiedere mezzi e tecnica non da tutti. Il tenore americano possiede l'estensione necessaria, e pare anche sufficentemente equipaggiato dal punto di vista tecnico, ciò nonostante la sua prestazione non è perfetta. Ho rilevato problemi di intonazione (anche macroscopici) in più di un'occasione e il suo timbro, per il mio gusto, è piuttosto ingrato.
Ewa Podles, a sessanta anni suonati, dimostra di saperci ancora fare, eccome! Certo, la lunga carriera che ha alle sue spalle ha lasciato qualche segno, soprattutto nei registi "a scalini" e nella tenuta dei fiati, ma la coloratura precisa e il sontuoso timbro da contralto (che ascolto sempre con grande piacere, e la differenza si nota rispetto a molti soprani corti che nella storia hanno frequentato ruoli pensati per voci scure) le consentono di essere ancora, con merito, sulla cresta dell'onda. Anche l'interprete è più che valida, prestando la dovuta intensità al sofferto personaggio di Ciro, anche se, ogni tanto, si fa un po' prendere la mano e soprattutto nel primo atto qualche accento era decisamente forzato e a volte anche sguaiato.
Amira era interpretata dal soprano australiano Jessica Pratt. A mio avviso, nella recita a cui ho assistito, la Pratt ha patito un po' lo sforzo profuso nel recital tenuto il giorno prima: ogni tanto la voce, già non torrenziale, ma comunque sufficientemente sonora e di solito ben proiettata, pareva "assottigliarsi" e ho rilevato anche qualche acuto non pulitissimo e con un po' di aria che passava. Soprattutto nel primo atto, inoltre, qualche attacco è stato impreciso o leggermente "sporco". Niente di grave, comunque. La parte non è semplice e la Pratt ha saputo rendere giustizia alla scrittura che Rossini ha pensato per Amira. Anche in scena, in questo particolare allestimento, la sua figura "importante" funzionava molto bene, nonostante il copricapo a forma di gabbietta per canarini che era costretta ad indossare. Ammetto candidamente, e magari un giorno tornerò sull'argomento con un post specifico, che il soprano australiano non mi fa propriamente impazzire. La cantante è valida, molto valida, tecnicamente e anche come attrice, in certi ruoli più che in altri, è piuttosto efficace, ma le manca, a mio modesto avviso, quella scintilla (chiamatelo fascino, chiamatelo carisma, chiamatelo... X Factor!) che le faccia fare il salto di qualità, che impedisce all'ascoltatore di distrarsi, allo spettatore in teatro di guardare qualcun'altro in scena. Purtroppo non bastano voce e tecnica per diventare delle stelle: la storia dell'opera è piena di queste figure. E non voglio scadere nel solito discorso dello star system moderno in cui i "divi" sono personaggi costruiti da case discografiche solo belli ma negati per cantare. Io a questa storiella non credo affatto. Sono invece convinta del fatto che i può essere delle stelle pur non brillando per bellezza o arte scenica. Un nome a caso? Joan Sutherland. Ecco. La Pratt canta bene, ma non ha quel di più che la Sutherland aveva.
Il basso Mirco Palazzi (Zambri) ci è parso un po' "lavato con la candeggina". Canta in modo corretto, ma non brilla per timbro, qualità virtuosistiche, attoriali o interpretative.
Carmen Romeu se la cava più che egregiamente nel suolo di Argene, famoso per l'aria "Chi disprezza gli infelici", scritta tutta sul si bemolle centrale perché si dice la prima interprete del ruolo (Anna Savinelli) non fosse propriamente un fenomeno, e la sua unica nota buona fosse, appunto, il si bemolle centrale. Per questo quel furbastro del Gioak pensò bene di comporle un'aria incentrata su quella nota e salvare l'onore della povera Savinelli!
Positivi l'Arbace di Robert McPherson e il Daniello di Raffaele Costantini.
Will Crutchfield dirige con sufficiente isione, ma senza momenti di particolare suggestione.
Concludo con una piccola riflessione personale.
Il ROF nell'ambito della sua collaborazione con la fondazione Rossini, sta svolgendo un'operazione di indubbio valore storico proponendo l'integrale delle opere di Rossini in edizione critica. Non tutte queste opere possono essere dei capolavori, altrimenti non ci si spiegherebbe perché sono uscite dal repertorio (ovviamente ci sono le eccezioni, mi viene in mente il Viaggio a Reims). Questo è il caso, a mio avviso, del Ciro. Dirò di più. Delle tante opere poco meno che ignote che ho potuto ascoltare al ROF negli ultimi anni, questa è decisamente quella che meno mi ha affascinato. Salvo qualche brano, ammetto di trovarla noiosetta. Anche al Gioack, ben noto amante della gastronomia, non tutte le ciambelle sono uscite col buco!
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