venerdì 14 settembre 2012

Operazione "Non si dà follia maggiore" - L'orgia

Il titolo ardito, in realtà, ha una spiegazione semplicissima, cioè che noi non potevamo onorare "i luoghi e le ore" del Gioak senza libare nei lieti calici alla sua salute.



In realtà, pur avendo avuto a che fare con una squisita pizza il giorno prima (tengo a precisare che non si trattava di una pizza Rossini: non abbiamo osato tanto), il colpo grosso mangereccio è capitato al mezzodì del terzo giorno, non a Pesaro, ma in quel di Urbino, su cui le vostre blogger assetate di cultura non potevano non gettare almeno uno sguardo.


Lo sguardo l'abbiamo dato, ci siamo sentite importanti disquisendo animatamente del duca Federico (e del naso più ragguardevole del Rinascimento):


abbiamo ispezionato il Palazzo Ducale, la Cattedrale, il Museo ad essa annesso... Ma pensino ora i miei cinque alla seconda lettori che viene ora di pranzo anche per le vostre intrepide!
E così, ci siamo sedute in questo bel posticino, nascosto in una vietta anonima, ma debitamente pubblicizzato. Il locale, per rendere giustizia anche al nostro spirito bellicoso, si chiamava la Balestra. Beh, fin dalle zaffate di buono che si levavano dalle pietanze dei nostri vicini abbiamo capito che eravamo capitate nel posto giusto!
Che occhioni sgranati, quando ci hanno posato davanti i nostri manicaretti! Un agnello all'urbinate (cioè uno spezzatino marinato con erbe aromantiche che si scioglieva in bocca) per Aspasia, degli strozzapreti alla norcina (caricati con panna, salsiccia, olio tartufato e forse ancora qualche altra diavoleria) per me. All'assaggio, c'era da commuoversi!
Poi, visto il successo, abbiamo bissato con il dolce, un tiramisù in cui ci sarà stato un litro di caffè e un chilo di crema. Insomma, da leccarsi i baffi.
Consiglio caldamente una visitina a tutti.

E poi, via, di ritorno a Pesaro passando per paesetti dai nomi evocativi quali Bottega e Babbucce, Gallo e Cappone. Se c'è una cosa che ricorderemo delle Marche, sarà la fantasia per la toponomastica.
Ci attendeva la terza opera in tre giorni (tre opere in tre giorni è sempre stato il sogno della mia vita!), Ciro in Babilonia. Per quanto io e Aspasia abbiamo convenuto che non sarà mai una delle opere del Gioak che ameremo di più, pure non possiamo non inorgoglirci all'idea che saremo fra i pochi privilegiati che avranno la soddisfazione di raccontare ai nipoti di averla vista dal vivo!
In particolare, prima della produzione "roffiana" conoscevo il Ciro per la storiella dell'aria di sorbetto: il Gioak si era trovato con una cantante talmente scarsa che, dopo accurata indagine, aveva stabilito che la sua unica nota decente fosse il Si bemolle centrale... E l'aria, di conseguenza, si sciorina tutta su quest'unica nota. Un effetto abbastanza martellante, per dire la verità, ma per fortuna non si prolunga oltre il minuto e mezzo.


Rimuginando su questo, sulle bizzarre gabbie per uccelli messe in testa ai protagonisti (di cui ci eravamo fatte un'idea guardando la prima alla televisione) e pronosticando su quale vip avremmo avuto alle calcagna stasera, ci siamo avviate verso il teatro facendo superciliosa passerella lungo via Rossini, dove signori in divisa da teatro si scontravano spesso e volentieri con bagnanti di ritorno e venivano da questi guardati come esseri di un altro mondo.
Ormai conoscevamo il teatro Gioak e la facevamo da padrone. Abbiamo raggiunto i nostri posti (in seconda fila. Come avete potuto relegare due primedonne in seconda fila???) e ci siamo mentalmente concentrate per lo spettacolo: in altre parole, avevamo già tacitamente stabilito che, se i due tangheri che ci avevano usurpato i primi posti non si fossero stati vivi, avremmo automaticamente traslocato... E poco c'è mancato che mettessimo in atto il piano, perché i due sono arrivati a un minuto dall'inizio.
Davamo per scontato che sarebbero stati due attempati signori, magari sghignazzanti per ogni nonnulla come il mio compagno di palco del giorno prima, e invece, apertasi la porta, la maschera lascia passare (lascia passare??? Ma come ha potuto???) due implumi fanciulli sulla ventina, in jeans e maglietta (JEANS E MAGLIETTA!!! ABOMINIO!!! Dove credete di essere, al bar???), con taglio di capelli sconcertante. Non si dà maggior contrasto coi nostri abiti da sera... E abbiamo anche dovuto augurar loro un bugiardissimo "Buonasera".
Scoraggiata, meditando fra me e me che aveva ragione quel tale, più di duemila anni fa, a predicare o tempora, o mores, ho spostato lo sguardo dai due deprimenti compagni di ventura ai palchi di rimpetto, scorrendoli dall'alto in basso in cerca di una grand toilette.
E l'ho visto.
No, non la grand toilette, perché sfoggiava una giacca marrone agghiacciante (almeno per chi, come me, ha indetto una guerra al marrone).
L'unico vip che non avevamo passato in rassegna.
L'unico che avremmo dovuto prendere in considerazione perché, senza di lui, non saremmo mai venute a Pesaro, non avremmo mai visto il Teatro Rossini, non avremmo mai avuto il ROF.
"Aspasia, ma quello è il vecchio!" ho esalato, con un filo di voce.
Il vecchio, cioè Gianfranco Mariotti, il capo del ROF...
"Vecchia sarai tu!" potrebbe obiettare lui.
"Sovrintendente, Armida!" mi potrebbe redarguire Aspasia, sempre precisa con le definizioni musicali.
Ecco fatto, avevamo il vip, la star, quasi una Musa, visto che lui è l'ispiratore di tutto ciò che ci circondava. Davanti a certi incontri, neppure l'abbigliamento alla buona dei nostri compagni di palco poteva rovinarci la serata. Sarà poco, forse, ma noi ci sappiamo accontentare... almeno qualche volta. :)

3 commenti:

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  2. L'agnello all'urbinate mi intrippa, lo metterò in pratica quando le giornate saran più fresche...tipo oggi XD!!!!

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