sabato 5 novembre 2011

Il grammofono: In nome dell'opera sovrana

Sollevata dall’incombenza di raccontarvi ciò che abbiamo sentito dalla più che esauriente cronaca di Aspasia (che peraltro nelle linee-guida coincide con le mie impressioni), voglio comunque metterci il becco, giusto per qualche puntualizzazione.
L'ambiente. Ho sottolineato più volte il mio sospetto per qualunque cosa valichi i confini del secolo Decimonono, ma devo dire che questa trovata del cinema non mi è dispiaciuta affatto, sarà che i fratelli Lumière hanno messo a punto la loro invenzione giusto al limitare di quel secolo (si sono salvati per un pelo, in pratica).
La direzione. Sono d'accordo con Aspasia sulla direzione abbastanza piatta, che in realtà mi aveva fatto sperare in qualcosa di meglio dopo l'ouverture in cui il direttore aveva enfatizzato la tensione. Poi ci siamo un po' addormentati sugli allori, purtroppo...
I cantanti. Ritengo che il miglioramento del Leporello del nostro beneamato Luca sia dovuta soprattutto ai tempi meno frenetici rispetto a quelli della registrazione di Glyndebourne, in cui il direttore aveva come unico scopo quello di finirla, il più alla svelta possibile e si salvi chi può. Insomma, era un indemoniato. Qui, per fortuna, Leporello ha avuto modo di esprimersi meglio, con una resa meravigliosa. VAI, LUCA!
Per quanto riguarda gli altri uomini, sono sostanzialmente d'accordo con Aspasia, anche se tengo a sottolineare le facce da osteria di Masetto, che spesso e volentieri sembrava avvinazzato. Pazienza, un po' di sketch. :)
Le donne. Barbara Frittoli si conferma fra le mie cantanti preferite con questa magnifica interpretazione di Donna Elvira, più che coinvolgente, travolgente. Marina Rebeka, sebbene non mi sia dispiaciuta in generale, ha purtroppo una voce stridula che su Non mi dir bell'idol mio l'avrebbe penalizzata non poco se non si fosse aiutata con la tecnica. A parte questo, non è stata un'esecuzione esecrabile.
Zerlina... Beh, Zerlina pazienza. E' peggiorata dalla Zaide che avevamo ascoltato in un lontano pomeriggio operistico (con la regia di quel criminale di Guth, che ha costretto i cantanti, non si sa bene per quale motivo, a impiastricciarsi di ketchup!) e per di più aveva una gonna che sembrava una di quelle coperte di patchwork...

Mi incarico ora di raccontarvi le mie peripezie prima e dopo l’opera.
Anzitutto, le peripezie in questa nuova vicenda musicale non erano contemplate: si profilava una serata tranquilla, senza i soliti colpi di scena alla Armida&Aspasia Inc. e senza la solita frenesia, perché, anche se avessimo gridato, in preda a un delirio contemplativo, “Bravo, Luca!”, il Luca non ci avrebbe udite, lungi da noi, oltreoceano addirittura! E men che meno eravamo in pensiero per i biglietti, perché davamo per scontato che saremmo stati in pochi (ben ventidue in una sala che ha una capienza più di cinque volte superiore...).
In effetti, partendo di casa avevo quasi un groppo alla gola, mentre riflettevo fra me e me che non avrei avuto grandi retroscena da raccontare, disdicevole per una che si è messa in testa di superare in follie le più accanite primedonne.
Non avevo calcolato IL nemico per eccellenza, il passaggio a livello. Questo dannato prodotto del progresso è ubicato a circa cinquecento metri da casa mia e non esagero quando dichiaro che è l’infrastruttura più odiata della regione: il disgraziato se ne sta bello e chiuso anche per venti minuti di fila, pur di far dispetto all’automobilista disperato che geme e piagnucola davanti a lui, implorandolo di sollevare quelle maledette sbarre. Solo allorché l’automobilista disperato decide di fare inversione e prendere la strada parallela, più scomoda e più lunga, il passaggio a livello decide che è ora di far passare i viandanti, ma sempre dopo che l’automobilista disperato è arrivato già a metà della via.
Io ho avuto l’onore di averlo come ostacolo privilegiato per raggiungere la fermata dell’autobus ai tempi del Liceo, per andare a giocare con le amiche, addirittura per recarmi al Tempio e ancora ogni tanto decide di perseguitarmi. L’altra sera, però, l’ha fatta grossa.
Mi ero preparata per tempo, davo per scontato che il passaggio a livello non mi avrebbe dato noie perché non c’erano treni di passaggio a quell’ora, mi sentivo orgogliosa perché prevedevo, per una volta, di arrivare in dorato anticipo... La superbia è peccato capitale, insegna un nostro caro amico fiorentino, che coi superbi aveva un certo feeling perché si considerava superbo anche lui.
Io ho scontato la superbia l’altra sera, non camminando sotto un pondo, ma mordendo il volante nella disperata attesa che quel maledetto passaggio a livello ci facesse passare, perché qualcuno che per il suo bene è meglio che resti anonimo aveva deciso di far passare proprio in quel momento un imprevedibile treno merci! E, nella mia fortuna, non potevo neanche girare la macchina e andare dall’altra parte perché ero stretta fra due vetture...

Tutte nel cor vi sento
Furie del crudo Averno
lunge a sì gran tormento
amor, mercé, piètà.

Volevo qualcosa da raccontare e l’ho avuto eppure, chissà perché, non ero granché contenta sul momento...
Alla fine, dopo aver marciato a spron battuto per paesini dimenticati come Nogaredo, Trivignano, Buttrio (chi li ha mai sentiti, questi nomi?), e ringraziando mio malgrado il fratello bocciofilo, grazie ai cui allenamenti ho imparato la strada (non tutti i fratelli vengono per nuocere), sono arrivata sulla statale.
“Adesso andrà tutto bene” pensavo.
Macché, adesso veniva appena la fila chilometrica, con tanto di deviazione da montagna russa!

CENSURA [imprecazioni in Uzbekistano antico]

Alla fine, grazie all’intercessione di Santa Radegonda, sono arrivata in tempo (talmente in tempo che ho preso persino il gelato).

Credevo che fosse finita qui: IN GLORIA, che meglio di così si muore. E invece, manca ancora una parte.
Tornata a casa, mi godo il sonno del giusto. Cos’è accaduto? Beh, che il Commendatore mi ha teso un agguato.
Ho sognato che io e Aspasia eravamo andate in viaggio a Vienna (e dove, altrimenti? In uno dei luoghi mozartiani per eccellenza!) e ce ne stavamo belle belle ad ammirare gli eleganti edifici. Ad un tratto, ci chiama una voce da oltretomba, ci giriamo e ci troviamo al cospetto del Commendatore, truccato e abbigliato proprio come nella produzione del Met.
Il buon vecchio si avvicina a noi, per nulla intimorite, e ci chiede se avessimo visto passare don Giovanni e, eventualmente, da che parte si fosse diretto. Noi, cordiali, gli facciamo segno che “è andato per di là”, indicando la fine della via. Il Commendatore ringrazia e si dirige dalla parte che gli abbiamo indicato.
Vuoi vedere che, prima di andare a cena da don Giovanni, il Commendatore ha davvero sbagliato strada ed è stato per merito mio e di Aspasia se alla fine ha fatto giustizia?

Questo è un altro peccato di superbia, però. Al prossimo passaggio a livello!

3 commenti:

  1. Magnifico!!! Solo un chiarimento: cos'è il pondo???? M.

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  2. Pondo: dal Latino, pondus, cioè peso. L'amico fiorentino usa questo vocabolo in riferimento al masso dei superbi.

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