martedì 22 novembre 2011

Ah qual colpo inaspettato. Atto terzo, recensione e conclusione

Io e Aspasia. A Milano. Sole e abbandonate in questo popoloso deserto. Senza genitori a fermarci. Senza fratelli rompiscatole a cui badare. Galvanizzate dalla serata appena trascorsa e dalla splendida colazione a buffet. Favorite dalla giornata di sole. Con una macchina fotografica che pesa quanto una guglia del Duomo...
Avevamo vissuto, a modo nostro, una notte brava. Adesso ci attendeva la dolce vita. Ci avremmo rimesso il patrimonio, poco ma sicuro.
Fingendo che non ci interessassero i negozi di libri e cd, per differire l'ineluttabile momento in cui avremmo aperto il portafogli per mai più richiuderlo, ci siamo dedicate a una mattinata culturale al Castello Sforzesco
al cui ingresso ci attendeva un sosia mascherato di Antonino Siragusa


e escursione al Duomo.



Ovviamente, al Castello Sforzesco non potevamo esimerci dal visitare la collezione di strumenti musicali, non scoraggiandoci nemmeno dopo esserci quasi perse quelle tre o quattro volte ed essendo entrate, per gentile concessione della guardia, dalla porta sbagliata...
In effetti, il sito del Castello non è propriamente di facile orientamento per un forestiero; anzi, pare che si siano divertiti a ingarbugliare le cose. La cosa buona è che l'ingresso non è caro e che per i giovani è addirittura gratuito.
Pranzo a degustazione rapida e via, di nuovo a far danni! Mentre Aspasia si è data alla beneficienza in favore della Ricordi, io ho finanziato le già pingui casse della mia libreria preferita, in cui la parte al piano di sotto è dedicata ai libri nuovi, mentre il ballatoio al piano di sopra è una riserva dei MIEI libri, i fuori catalogo. Così, se ho onorato la storia recuperando l'ennesimo dall'Oglio, sui Medici (un giorno aprirò una lunga parentesi su questa casa editrice che solo apparentemente non ha niente a che spartire col repertorio musicale), ho anche pensato alla musica, allungando gli artigli sulla pseudo-biografia di Mozart a cui accennavo.
Intanto, le generalità:

Stendhal, Vita di Mozart, Passigli Editori, 1982.

Sì, lo so che esiste anche la ristampa più recente, ma questa ha due pregi: anzitutto, era scontata, e, secondariamente, si intona con gli altri volumi di questa collana che ho comprato, che sono tutto fuorché nuovi.
A parte ciò, non sono una sprovveduta, sapevo perfettamente che avrei comprato un mucchio di frottole con tanti abbellimenti. Tutti i biografi moderni di Mozart citano Stendhal ma storcono il naso. Il male, tuttavia, va sperimentato di persona e io non mi tiro mai indietro quando si tratta di leggere, chiunque sia l'autore e chiunque sia il protagonista.
In effetti, dal punto di vista storiografico, l'Ottocento (ma anche i primi decenni del Novecento) è stato un secolo poco illuminato. Le vite dei grandi sono state spesso trattate come favolette; per non uscire dal nostro e non abbandonare il soggetto (Mozart si prestava, suo malgrado, a deformazioni di ogni tipo che ancora oggi lasciano il segno...), citerò la "biografia" di Paolina Leopardi, piacevolissima come tutte le altre operette di questo tipo, coinvolgente e confezionata in modo elegante, ma guai a cercare verità storica: a parte la confusione che scombussola le date (non ultima quella di morte), l'autrice si permette di far sposare Leopold due volte. Che dobbiamo fare? Lo scopo di Paolina era dimostrare che il fratello Giacomo aveva affinità di vissuto con Mozart, entrambi in balia di un padre tiranno, e pazienza per i dati di fatto...
Il Novecento ha seguito questa falsariga: benché dotata di maggior rigore storico, anche la pietra miliare che è il Napoleone di Emil Ludwig (lo stesso autore dei Colloqui con Mussolini, per inciso) indulge nella libertà di movimento, per cui i pensieri del personaggio e quelli dell'autore si fondono al punto tale che non è più possbile distinguere gli uni dagli altri. Un prodotto della sua epoca: a quei tempi si usava così...
Il caposaldo di questo sistema che predilige il sentimento rimane, però (salta queste righe, Aspasia, hai già dato...) il Bellini dell'Aniante, melenso, stucchevole e lacrimoso, tant'è vero che meriterà un servizio a parte, uno di questi post.
Dopo questo cappello introduttivo che spero non vi abbia scoraggiato, veniamo a OGGI LE COMICHE. Mi limiterò a segnalare gli errori più pacchiani:
1) il paragrafo introduttivo al capitolo III (pag. 42) «A diciannove anni Mozart poteva dire di aver raggiunto il culmine della sua arte, come tutti gli ripetevano da Londra fino a Napoli. Quanto alla ricchezza e a una sua sistemazione, era padrone di scegliere fra tutte le capitali d'Europa. Sapeva per esperienza di poter contare sull'ammirazione generale».
Questo è forse l'esempio più palese di disinformazione. A parte che trovo assurdo affermare che "il culmine" della carriera sia stato raggiunto da Mozart a diciannove anni (e la trilogia? le grandi sinfonie? Ma giusto alla fine del capitolo precedente troviamo scritto «La parte più straordinaria della vita di Mozart è l'infanzia»), ciò che segue sarebbe ridicolo se non fosse spaventoso. Anzitutto, Mozart non era affatto libero di scegliere una collocazione fra le corti d'Europa, perché all'epoca i musicisti contavano quanto i domestici (tant'è vero che spesso ne condividevano la mensa) e Mozart era legato all'arcivescovo di Salisburgo Colloredo, uomo inflessibile e che riesce antipatico nel suo rigore. Quanto all'ammirazione generale, era svanita da un pezzo: il bambino prodigio era cresciuto, aveva annoiato. Ecco la ragione per cui Leopold Mozart, nei primi anni della vita del figlio-pupillo, aveva girato l'Europa come una trottola: sapeva che non poteva durare (quando la figlia Nannerl raggiunse un'età in cui era superata come bambina prodigio, il furbo padre la ringiovaniva apposta sui volantini pubblicitari per suscitare maggior ammirazione di pubblico). Aggiungo qui che le tournée fruttarono a Leopold un mucchio di soldi e che, nonostante molto tempo dopo avrebbe protestato presso il figlio perché, per farlo viaggiare, si era indebitato, ciò era una BALLA clamorosa, che gli serviva per tenere vivo in Wolfgang, che aveva scelto una strada diversa da quella da lui sognata, il senso di colpa.
2) a pag. 45 si legge «Ha lasciato diciassette sinfonie». DICIASSETTE? Ma se sono più di quaranta! E questo non lo dico io. Lo dice il Kochel!
3) «L'imperatore Giuseppe gli voleva bene e lo aveva nominato suo maestro di cappella» (pag. 57). FERMI! Sul fatto che l'imperatore "gli volesse bene" avanzerei più di una obiezione, visto che l'atteggiamento di Giuseppe II si può definire ambiguo, nel migliore dei casi. Nella famiglia imperiale regnava una certa diffidenza nei confronti di Mozart, a partire da Maria Teresa, che aveva dissuaso uno dei figli ad assumerlo alla sua corte perché non avevano bisogno di un mangiapane a ufo («Mi chiedi di prendere al tuo servizio il giovane salisburghese. Non so perché, visto che non credo tu abbia bisogno di un compositore o di gente inutile» [dalla lettera di Maria Teresa all'arciduca Ferdinando di Lombardia, 12 Dicembre 1771]). Nemmeno presso il successore di Giuseppe II, Leopoldo II, le cose migliorarono, perché Mozart fu escluso persino dal seguito dell'incoronazione a Francoforte, a cui invece parteciparono altri musicisti imperiali.
Quanto alla nomina, Maestro di cappella un piffero, per restare in ambito musicale! Nessuna nomina di questo tipo venne da parte dei sovrani, mentre Mozart divenne vice (VICE!) Maestro di cappella della cattedrale di Santo Stefano appena pochi mesi prima della morte (9 Maggio 1791, per essere fiscali) e per merito del Consiglio Municipale di Vienna. Era un posto non retribuito che però faceva balenare la speranza di uno stipendio di duemila fiorini, una volta defunto il vecchio Maestro di cappella. Caso volle che Mozart morisse prima, per cui non fu mai Maestro di cappella.
4) degli opinabili giudizi musicali (pag. 80-81 e nella Lettera a pag. 84):
sulle Nozze «Per restare nell'atmosfera della commedia, la musica avrebbe potuto essere scritta insieme da Cimarosa e da Paisiello. Solo Cimarosa avrebbe potuto dare a Figaro la brillante gaiezza e la sicurezza che gli conosciamo. [...] Inoltre la melodia di quest'aria [Non più andrai] è piuttosto comune e solo l'espressione che acquista a mano a mano la rende deliziosa»
sul Così fan tutte: «Il libretto del Così fan tutte era adatto a Cimarosa, non a Mozart. Egli non poteva scherzare con l'amore, ch'era sempre per lui o la felicità o l'infelicità della vita. Perciò non ha reso in quest'opera i lati teneri dei vari personaggi, fallendo del tutto in quello scherzo del vecchio e caustico capitano di vascello».
Non resta che chiedersi che opere abbia sentito e ricordare una lettera di Mozart al padre in cui l'amore viene accarezzato con una certa ironia (cito a memoria): "Se dovessi sposarmi con tutte le donne cui mi sono divertito, dovrei avere duecento mogli".
5) non sono riuscita a ritrovare il riferimento, ma Stendhal sovrappone Aloysia Weber, amore giovanile di Mozart e celebre virtuosa, con Constanze, sorella della prima e moglie di Mozart, attribuendo a lei le doti canore della sorella maggiore
6) varie ed eventuali leggende, in primis (te pareva!) quella del Requiem, poi quella dell'ouverture del Don Giovanni, scritta la sera prima della prima (pag. 54: Mozart si sarebbe fatto raccontare dalla moglie delle storielle per non farsi vincere dal sonno e «qualcuno ha preteso di riconoscere in questa ouverture i passaggi in cui Mozart sarebbe stato vinto dal sonno e quelli in cui si sarebbe svegliato di soprassalto». La sottigliezza rasenta il ridicolo!), qui variata rispetto alla versione che pretendeva che l'amico Wolferl avesse trascorso il tempo giocando a bocce.
7) degli errori nelle date delle opere (pag. 45): il Figaro composto nel 1787 (era dell'anno precedente) e Clemenza e Flauto magico nel 1792 (quindi addirittura postume!).

Questo è quanto. Confidando di non avervi annoiati, io e Aspasia attendiamo trepidanti il prossimo viaggio e i nostri due alla quinta lettori al ritorno.

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