La voce di Pertile non era annoverata fra quelle cosiddette "di bel timbro" e infatti, ci ammonisce La Grande Enciclopedia dell'Opera a pag. 975, "mostrava inflessioni un poco gutturali e nasali e qualche tendenza a smagliare la regolarità delle vibrazioni". Non solo, ma la voce di Pertile "non possedeva un volume che potesse di per sé imporsi, né un'estensione fuori dal comune".
E allora, cosa ci fa qui questo benedetto uomo? E' presto detto: si tratta di un cantante "la cui comunicativa resta ineguagliabile e fa sembrare gelidi e monotoni più o meno tutti i tenori dell'ultimo trentennio. Naturalmente, la causa prima dell'affermazione di Pertile fu il magistero tecnico, che se non riuscì a dissimulare completamente talune inflessioni poco gradevoli, diede tuttavia alla voce un assetto invidiabile".
E, più precisamente, l'assetto che sentiamo in questa registrazione di Celeste Aida registrata nel 1927:
o in questa registrazione di Quando le sere al placido dalla Luisa Miller:
per finire con il brano verdiano che più verdiano non si può, Di quella pira:
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