lunedì 2 luglio 2018

Cantami o diva: Aureliano Pertile canta Verdi

Visto che mi pare male non aver ancora parlato di lui, oggi tiriamo in ballo un pezzo grosso dei primi anni del Novecento, il tenore Aureliano Pertile.




La voce di Pertile non era annoverata fra quelle cosiddette "di bel timbro" e infatti, ci ammonisce La Grande Enciclopedia dell'Opera a pag. 975, "mostrava inflessioni un poco gutturali e nasali e qualche tendenza a smagliare la regolarità delle vibrazioni". Non solo, ma la voce di Pertile "non possedeva un volume che potesse di per sé imporsi, né un'estensione fuori dal comune".
E allora, cosa ci fa qui questo benedetto uomo? E' presto detto: si tratta di un cantante "la cui comunicativa resta ineguagliabile e fa sembrare gelidi e monotoni più o meno tutti i tenori dell'ultimo trentennio. Naturalmente, la causa prima dell'affermazione di Pertile fu il magistero tecnico, che se non riuscì a dissimulare completamente talune inflessioni poco gradevoli, diede tuttavia alla voce un assetto invidiabile".
E, più precisamente, l'assetto che sentiamo in questa registrazione di Celeste Aida registrata nel 1927:


o in questa registrazione di Quando le sere al placido dalla Luisa Miller:


per finire con il brano verdiano che più verdiano non si può, Di quella pira:

Nessun commento:

Posta un commento