giovedì 14 luglio 2016

Cara immagine ridente: favole rossiniane

La leggenda del duetto e del terzetto del Signor Bruschino




Se fossi sicuro che i miei lettori vorranno ricordare che questo lavoro è una semplice biografia e che questo genere consente di scendere nei particolari più minuti, racconterei un episodio sull'indolenza di Rossini. In un giorno particolarmente freddo dell'inverno 1813, Rossini era per così dire accampato in una misera camera d'albergo, a Venezia, e stava componendo ancora a letto per non dover accendere il fuoco. Finito il duetto (scriveva la partitura del Figlio per azzardo), gli sfugge di mano il foglio di carta e cade, svolazzando, sul pavimento. Rossini guarda per terra e non lo vede, perché il foglio è caduto sotto il letto. Protende il braccio fuori dal letto, si china per cercare di prenderlo; infine, sentendo freddo, si riavvolge nella sua coperta e dice a se stesso: "Riscriverò quel duetto, nulla di più facile; me lo ricordo benissimo". Ma le idee non gli tornano in mente; dopo un quarto d'ora, perde la pazienza; non riesce a ricordare una sola nota. Finalmente esclama ridendo: "Sono uno sciocco; farò un altro duetto. I compositori ricchi avranno il fuoco acceso nelle loro camere, io non mi affanno a raccattare i duetti che cadono: inoltre è di cattivo augurio".



Mentre stava finendo il secondo duetto, arriva un suo amico al quale dice: "Potresti trovarmi un duetto che dev'essere caduto sotto il letto?" L'amico tira a sé il duetto con il bastone e lo porge a Rossini. "Ora" dice Rossini, "vi canterò i due duetti, ditemi quello che preferite". L'amico del giovane compositore diede la preferenza al primo; il secondo era troppo rapido e troppo vivace per la situazione. Rossini lo trasformò senza indugio, in un terzetto per la stessa opera. La persona che mi ha raccontato questa storiella mi ha assicurato che non c'era la minima rassomiglianza tra i due duetti. Finito il terzetto, Rossini si veste in fretta, imprecando contro il freddo, esce con l'amico per andarsi a scaldare al Casino e prendere un caffè; poi manda il cameriere al Casino a portare il duetto e il terzetto al copista del teatro San Mosè, per il quale allora lavorava.


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