sabato 25 agosto 2012

Operazione "Non si dà follia maggiore" - Trouble in Paradise

All'indomani dell'impegnativa Matilde di Shabran (indomani che in realtà era oggi, visto che siamo rientrate a mezzanotte passata), abbiamo affilato le armi per Il signor Bruschino, operina che era un intermezzo d'uopo fra le due più lunghe. Così, per riprendere fiato.
Stavolta eravamo al Teatro Gioak, inaugurato dal Gioak in persona nel lontano 1818... Figuratevi un edificio color ocra, dall’aspetto piuttosto semplice, in una piazza altrettanto semplice e piccolina. E figuratevi come un edificio simile si possa trasfigurare davanti ai nostri parzialissimi, sgranati occhi, a cui pareva di guardare alle porte del Paradiso. Trasumanar significar per verba non si poria ripetevo io, in onore del Padre Dante che, per amore o per forza, è uno degli uomini della mia vita (sì, lo so che è un po' triste, ma poteva andarmi peggio!).


Dopo aver fatto ridere mezza Pesaro (e Rossini, che non disdegnava mai una risata, nell’alto dei cieli), Aspasia mi ha consigliato «Contegno».
Contegno? Chiedermi contegno, oltretutto in un’occasione particolare, era come chiedere a Monna Lisa di non sorridere, a Cesare di non conquistare la Gallia, a Stalin di rinunciare alla parata del Primo Maggio! Chiedermi contegno va contro natura!
Contegno? Ma se io, pazza scatenata, ero andata a Pesaro col preciso scopo di fare festa! E Aspasia, che aveva il suo bel daffare a mantenere un cipiglio serio, come avrebbe potuto fermarmi? Non avrebbe potuto fermarmi, avrà pensato a un certo punto, ragion per cui era inutile guastarmi e guastarsi il viaggio con un improvvisato quanto fuori luogo galateo. E sarebbe stato altrettanto inutile mantenere un’aria distinta vicino alla donna del caos: sarebbemmo state ridicole!
Contegno? Suvvia! se io incontrassi il contegno per strada e questi mi salutasse, gli risponderei che non ho il piacere di conoscerlo!
«Basta così! Proporrei di entrare» suggerì saggiamente Aspasia, aprendo la strada.
Varcata la soglia del teatro, tutti i buoni propositi di contegno che sopravvivevano in Aspasia, sono andati in fumo, assieme all'illusione di trascorrere una serata piacevole, normale. Pur senza nulla togliere ai protagonisti, i nostri eroi erano altrove e quindi, forse, saremmo state due melomani come Dio comanda, serie, eleganti, distinte... No?
Invece, a cinque minuti dall'inizio, si è palesato IL COLPO DI SCENA. Alzando gli occhi dal programma di sala, mi sono guardata intorno, per curiosità, e, superati vicini attempati, abbigliamenti improponibili e befane ridacchianti, mi è caduto l'occhio su un individuo d'aspetto noto.
"Governo ladro, io quello lo conosco..." ho ruminato fra me.
Lampo di genio: era Ernesto Palacio.
E questo già era sufficiente a farmi urlare: tombola!!!
Ma era la mia serata fortunata, perché caso ha voluto che facessi anche la seconda tombola (cose che in sagra non capitano mai!!!), quando il mio sguardo da inquisitrice si è soffermato sul tizio che accompagnava Palacio, per cui nella mia mente si è scatenato un pandemonio fra i miei santi preferiti, evocati uno dopo l'altro in fretta e furia:
in testa, Santa Radegonda, patrona del blog,
a seguire, San Terenzio, patrono di Pesaro,
San Marco, il patrono della mia frazione,
San Michele Arcangelo, il patrono del mio comune,
San Pietro in Vincoli e Sant'Apollinare in Classe, a cui di solito ricorro per non limitarmi a una più banale "Misericordia!"
Tanta confusione in Paradiso era più che giustificata, visto che ah, non credea mirarlo:


Ebbene sì, era proprio LUI, il nostro adorato Juan Diego!
Ho dato un colpo ad Aspasia... Non rispondo del vigore, purtroppo in quei momenti c'è da chiedersi se ho la testa o è andata via (ma almeno eravamo nell'opera giusta) e le ho indicato l'eroe. Vi lascio immaginare il suo stupore.
DI SICURO LUI era lì per salutare noi, mica per assistere all'opera! Bisogna proprio che lo dica: i nostri eroi fanno follie per noi, per inseguirci fino in capo al teatro!
E così, pur prestando orecchio alla melodia rossiniana circostante (non dimenticavamo che avevamo pagato il biglietto e che, perciò, almeno un pochino bisognava approfittarne), abbiamo trascorso la successiva ora e un quarto a pentirci e dolerci di aver lasciato in albergo la macchina fotografica e ideare progetti macchinosi per strappare al nostro eroe almeno un autografo...
Il tutto è stato vanificato dalla fuga in sordina dell'eroe medesimo poco prima che terminassero gli applausi.
Entrambe siam rimaste con le man piene di mosche...
Ma non temete. Sarà solo questione di tempo prima che LUI torni a cercare NOI.

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