Pesaro, estate 2012. La trentatreesima edizione del ROF. Ovviamente, noi dovevamo esserci.
Ovviamente, noi dovevamo essere più spettacolo dello spettacolo. Ovviamente, noi dovevamo essere più spettacolo dello spettacolo e dimostrarci più primedonne di quelle povere illuse sul palcoscenico che, per una sera, speravano di essere truccate come dive, importanti come regine e osannate come dee.
Primedonne? Già ridevamo di loro quando siamo scese, trionfanti, dal regionale dell’una e quaranta in puntuale ritardo. La stazione di Pesaro non è né più grande né più solenne di quelle dei nostri patri lidi (e il mio patrio lido non figura neanche sulla carta geografica), ma noi ci davamo arie d’importanza neanche fossimo scese alla Gare de Lyon e dovessimo ricevere la Legion d’onore davanti a una folla acclamante.
In giro, invece, c’erano giusto quattro gatti e tutti troppo indaffarati a cercare un posto all’ombra per badare a noi, ma questo non si dice.
Indomabili, ci siamo incamminate verso la nostra temporanea residenza... Sì, signori, ci siamo incamminate, non abbiamo chiamato un taxi. Una primadonna ha l’obbligo fisico di fare un po’ di sano sport, prima di infilarsi l’abito da sera.
«E la temporanea residenza?» mi chiederete. «Un hotel a cinque stelle? Una casa di vostra proprietà?»
UHAHAHA! Beata ingenuità! Era un modesto alberghetto a tre stelle, il luogo meno caro sulla piazza del web.
«E perché due primedonne scelgono come dimora un alberghetto a tre stelle?»
Per non farsi rintracciare da fans molesti, è ovvio!
«Finiscila una volta!» mi ingiunge ora Aspasia, stanca di tanti arzigogoli.
Bene, allora, ecco i crudi fatti.
Anzitutto, devo registrare un favorevole cambiamento di clima rispetto alla mia ultima visita, che si è svolta in pieno Gennaio e faceva figurare il lungomare press’a poco così:
Ovviamente, noi dovevamo essere più spettacolo dello spettacolo. Ovviamente, noi dovevamo essere più spettacolo dello spettacolo e dimostrarci più primedonne di quelle povere illuse sul palcoscenico che, per una sera, speravano di essere truccate come dive, importanti come regine e osannate come dee.
Primedonne? Già ridevamo di loro quando siamo scese, trionfanti, dal regionale dell’una e quaranta in puntuale ritardo. La stazione di Pesaro non è né più grande né più solenne di quelle dei nostri patri lidi (e il mio patrio lido non figura neanche sulla carta geografica), ma noi ci davamo arie d’importanza neanche fossimo scese alla Gare de Lyon e dovessimo ricevere la Legion d’onore davanti a una folla acclamante.
In giro, invece, c’erano giusto quattro gatti e tutti troppo indaffarati a cercare un posto all’ombra per badare a noi, ma questo non si dice.
Indomabili, ci siamo incamminate verso la nostra temporanea residenza... Sì, signori, ci siamo incamminate, non abbiamo chiamato un taxi. Una primadonna ha l’obbligo fisico di fare un po’ di sano sport, prima di infilarsi l’abito da sera.
«E la temporanea residenza?» mi chiederete. «Un hotel a cinque stelle? Una casa di vostra proprietà?»
UHAHAHA! Beata ingenuità! Era un modesto alberghetto a tre stelle, il luogo meno caro sulla piazza del web.
«E perché due primedonne scelgono come dimora un alberghetto a tre stelle?»
Per non farsi rintracciare da fans molesti, è ovvio!
«Finiscila una volta!» mi ingiunge ora Aspasia, stanca di tanti arzigogoli.
Bene, allora, ecco i crudi fatti.
Anzitutto, devo registrare un favorevole cambiamento di clima rispetto alla mia ultima visita, che si è svolta in pieno Gennaio e faceva figurare il lungomare press’a poco così:
Stavolta, c’era un delizioso sole a rischiarare l’atmosfera del nostro soggiorno.
Quanto al primo giorno, non devo registrare fatti significativi, perché ci siamo limitate ad ambientarci davanti a un'invitante coppa di gelato...
A meno che per “fatti significativi” non si intenda l’indiscriminato scempio dell’eroe locale, tirato in ballo con ogni pretesto per renderlo protagonista di pacchianerie tipo questa:
Quanto al primo giorno, non devo registrare fatti significativi, perché ci siamo limitate ad ambientarci davanti a un'invitante coppa di gelato...
A meno che per “fatti significativi” non si intenda l’indiscriminato scempio dell’eroe locale, tirato in ballo con ogni pretesto per renderlo protagonista di pacchianerie tipo questa:
o questa:
Ora. Io non ho la minima intenzione di ergermi paladina del Gioak che, come ha ribadito Aspasia lungo tutto il corso della vacanza, era di per sé una caricatura... però... se le cose devono proprio arrivare a questo punto, colgo l’occasione per spezzare una lancia a favore della fondazione della Rossini Toys: giocattoli d’ogni grado, d’ogni forma e per ogni età con vari ed eventuali richiami al Cigno. Che so, bambolotti, sonagli, ciabattine, carillon con le musiche celebri, salvadanai a forma di Villa di Passy (il ritiro di vecchiaia del Gioak), pigiami con quel bel faccione rubicondo, vestiti di Carnevale su modello degli storici costumi di scena, e, cavallo di battaglia della collezione, una Nouvelle cuisine con tanto di forno a microonde e frigorifero, poco importa se a quei tempi non esistevano.
Dopo un altro paio di idee bislacche e la constatazione che riconoscevamo la gente che passava per strada neanche fossimo a casa nostra (per cui avevamo carta e penna alla mano nel caso in cui avessimo avvistato uno dei nostri, che sarebbe stato attaccato senza pietà), ci siamo ricomposte e siamo andate ad addobbarci per rendere onore alla serata, che si prometteva goliardica. Caso ha voluto, infatti, che il primo spettacolo fosse la Matilde di Shabran, col nostro divo preferito (mi raccomando, non Divo con la maiuscola ;) ).
La rappresentazione si svolgeva all’Adriatic Arena, per cui dovevamo prendere al volo l’apposita navetta. Anche questo è stato motivo di una piacevole risata, perché il nostro alberghetto era ubicato in una via dimenticata da Dio, a quasi a mezz’ora a piedi dal centro... ma, per la premiata serie “più fortuna che giudizio”, la navetta si fermava giusto giusto all’imbocco della strada! Avremo fatto in tutto tre passi! Viva il Gioak motorizzato!
E così, dopo un comodo tour, siamo finalmente approdate al luogo designato, ci siamo scagliate sui programmi di sala, io ho versato calde lacrime sul carteggio edito dalla Fondazione Rossini, che temo non potrò permettermi MAI, e abbiamo preso posto. Dopo una rapida occhiata intorno e una consistente dose di brividi per l’abbigliamento circostante (sgargianti maglie a fiori, camice a righine di colori improbabili...), abbiamo stabilito che il trionfo delle belle (dal titolo dell’opera di Pavesi che ha più di un punto di contatto con Matilde) era nostro di diritto. Giusto per non far sdrucciolare la nostra modestia neanche di un millimetro...
Poi, si sono abbassate le luci. Noi, nostro malgrado, abbiamo taciuto, ricordandoci che eravamo dalla parte di chi applaude, non di chi prende gli applausi... Ma è solo questione di tempo e i ruoli si invertiranno, non temete. :)
Dopo un altro paio di idee bislacche e la constatazione che riconoscevamo la gente che passava per strada neanche fossimo a casa nostra (per cui avevamo carta e penna alla mano nel caso in cui avessimo avvistato uno dei nostri, che sarebbe stato attaccato senza pietà), ci siamo ricomposte e siamo andate ad addobbarci per rendere onore alla serata, che si prometteva goliardica. Caso ha voluto, infatti, che il primo spettacolo fosse la Matilde di Shabran, col nostro divo preferito (mi raccomando, non Divo con la maiuscola ;) ).
La rappresentazione si svolgeva all’Adriatic Arena, per cui dovevamo prendere al volo l’apposita navetta. Anche questo è stato motivo di una piacevole risata, perché il nostro alberghetto era ubicato in una via dimenticata da Dio, a quasi a mezz’ora a piedi dal centro... ma, per la premiata serie “più fortuna che giudizio”, la navetta si fermava giusto giusto all’imbocco della strada! Avremo fatto in tutto tre passi! Viva il Gioak motorizzato!
E così, dopo un comodo tour, siamo finalmente approdate al luogo designato, ci siamo scagliate sui programmi di sala, io ho versato calde lacrime sul carteggio edito dalla Fondazione Rossini, che temo non potrò permettermi MAI, e abbiamo preso posto. Dopo una rapida occhiata intorno e una consistente dose di brividi per l’abbigliamento circostante (sgargianti maglie a fiori, camice a righine di colori improbabili...), abbiamo stabilito che il trionfo delle belle (dal titolo dell’opera di Pavesi che ha più di un punto di contatto con Matilde) era nostro di diritto. Giusto per non far sdrucciolare la nostra modestia neanche di un millimetro...
Poi, si sono abbassate le luci. Noi, nostro malgrado, abbiamo taciuto, ricordandoci che eravamo dalla parte di chi applaude, non di chi prende gli applausi... Ma è solo questione di tempo e i ruoli si invertiranno, non temete. :)
Ho le lacrime, che spasso!!!!!!! Però JDF vi è scappato da sotto il naso! XD
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