lunedì 19 novembre 2018

Una voce poco fa: I Puritani a Trieste

[La rubrica "Cantami o Diva" è sospesa per lasciare spazio alla recensione. Riprenderà regolarmente la prossima settimana.]

Domenica 18 novembre 2018 è finalmente giunta l'ora di vedere i miei primi Puritani dal vivo. Da anni si parlava di una possibile rappresentazione nel teatro più vicino a casa mia, ma continuava ad essere rimandata ed io ormai mi ero rassegnata a dovermi mettere in viaggio per poter assistere ad una delle mie opere preferite, ma la pazienza mia e di molti altri appassionati è stata infine premiata!





Il caso, o la mia buona stella, se preferite, e vi autorizzo ad immaginarla con le sembianze della nostra amata Katia Ricciarelli, ha voluto che l'allestimento proposto per l'inaugurazione della stagione 2017/18 del teatro lirico triestino si sia rivelato un gran successo.
Allestire i puritani, si sa, è un'impresa non da poco. Infatti, per ottenere uno spettacolo di livello, si necessita di un quartetto di cantanti di prima qualità, di un direttore che sappia il fatto suo in materia di belcanto, e magari di un regista che riesca in qualche modo a venire a capo del libretto non proprio impeccabile del Pepoli (anche se, volendo proprio essere onesti, non è che i maggiori capolavori del melodramma di solito brillino grazie a libretti dallo straordinario valore letterario e drammaturgico...).
Katia Ricciarelli e Davide Garattini Raimondi nell'allestimento hanno scelto di puntare sulla semplicità e sulle suggestioni lasciando ampio spazio alla musica e concedendo ai cantanti sufficiente tranquillità per poter affrontare al meglio l'impegnativo spartito. Non sono comunque mancati degli spunti di interesse. Splendida, ad esempio, nella sua semplicità, la scelta di abbinare la pazzia di Elvira alla presenza costante del suo velo da sposa che spesso la protagonista indossa coprendosi il viso e finendo per ricordare un fantasma.
L'impianto scenico è fisso, con una fortezza, scale ed impalcature che lasciano intendere che il castello sia in rovina (o forse in costruzione?) e un fondale su cui compaiono le ormai immancabili proiezioni. Un buon utilizzo delle luci ha consentito di creare atmosfere diverse a seconda delle esigenze drammaturgiche mentre i costumi di stampo tradizionale, tra l'altro dall'aspetto piuttosto lugubre per quanto riguarda i membri del coro, non sono stati particolarmente entusiasmanti o fantasiosi. Soprattutto per Elvira avrei "azzardato" qualcosa di più, magari restando nell'ambito delle tinte pastello, mentre il color oro/senape scelto per Arturo era semplicemente brutto.

Passando ora alle voci la migliore prestazione, a mio avviso, è venuta dal baritono Mario Cassi che ha interpretato il ruolo di Riccardo con accenti vigorosi, voce potente ben timbrata e acuti eccellenti. Abbiamo potuto apprezzare l'amante deluso nell'aria di apertura "Ah per sempre io ti perdei" come pure lo spirito guerriero in "Suoni la tromba" (di cui alcuni presenti hanno chiesto a gran voce il bis!).
Elena Mosuc, al rientro da un'indisposizione che le aveva impedito di esibirsi alla prima di venerdì scorso, è partita un po' cauta nel primo atto, dando però prova di solidità vocale e grande professionalità, e riprendendosi anche molto rapidamente da un piccolo errore in Son vergin vezzosa. Nei due atti conclusivi invece la prestazione decollata grazie ad una scena della pazzia vibrante ed estremamente coinvolgente. Il canto d'agilità è stato impeccabile e si sono apprezzati alcuni acuti eseguiti in piano. Soprattutto sugli estremi acuti si notava ancora qualche strascico della recente malattia, ma questo dettaglio non ha inficiato una prestazione di alto livello.
Antonino Siragusa, spiace dirlo, è dotato di una delle voci più timbricamente infelici che io abbia mai ascoltato. Il tenore, però, sa cantare con grande maestria e riesce a venire a capo della micidiale parte di Arturo, nota per richiedere all'esecutore di saper abbinare il dominio del legato ad un registro sovracuto spesso sollecitato (Bellini scrive addirittura un Fa in "Credeasi misera", ma fortunatamente in questa edizione è stata scelta la variante che si "limita" al re) senza apparente difficoltà e a questo abbina una valida presenza scenica. Ho apprezzato in particolare gli accenti drammatici che hanno evidenziato la forte tensione emotiva presente in "Credeasi misera".
Valido anche se non molto sonoro il basso Alexey Birkus nei panni di Giorgio, fraseggiato con nobiltà e portato in scena con grande eleganza. Ottimo è stato il duetto del primo atto con Elvira, in cui ha saputo conferire la dovuta morbidezza al dialogo affettuoso con l'amata nipote.
Davvero ottimi nei loro piccoli ma importanti interventi Giuliano Pelizon (Gualtiero Valton) e Nazomi Kato (Enrichetta). Si tratta di interpreti dalle voci belle e sonore che hanno dato il giusto valore alle loro frasi. Una menzione particolare per Andrea Binetti (Bruno Roberton), che nella scena del primo atto assieme a Riccardo è stato eccellente.
Fabrizio Maria Carminati Sceglie di aprire molti dei tagli di tradizione aggiungendo una sezione solitamente tagliata ("Da quel di che ti mirai") del grande duetto finale fa Elvira ed Arturo e proponendo come finale una versione che non avevo mai sentito prima del rondò "Sento o mio bell'angelo". Un plauso al maestro per aver scelto di farci ascoltare dei "Puritani" quasi integrali, anche se devo ammettere che preferisco la versione di "Sento o mio bell'angelo" per soprano solo, o al massimo la versione in forma di duetto che fu proposta Bologna nel 2009.
La direzione ha prediletto tempi rapidi, ma non eccessivi e, soprattutto nel primo atto, si è notato qualche piccolo problema di coordinazione tra buca e palcoscenico.
All' altezza della situazione il coro preparato da Francesca Tosi.

Di solito alle rappresentazioni della domenica pomeriggio il pubblico si limita a brevi applausi a fine spettacolo per poi scappare via a cercare di prendere il treno o l'autobus per rientrare a casa ad un orario accettabile, invece in questa occasione si lungamente trattenuto in sala per tributare calorosi applausi a tutto il cast con punte di particolare entusiasmo ed urla di bravo/a all'indirizzo di Cassi e della Mosuc. Direi di trovarmi completamente d'accordo col resto del pubblico che come me ha molto apprezzato il titolo d'apertura proposto a Trieste.


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