Si piange in scena, ma si narra anche di pianti passati, o si invita un personaggio ad usare questo modo per dare sfogo ai propri sentimenti.
Gli esempio sono innumerevoli, e si ripropongono lungo i secoli (dall'Egisto di Cavalli "Piangete, occhi dolenti" alla Traviata) sia nel comico ("Nacqui all'affanno e al pianto" nella Cenerentola rossiniana) che nel serio ("Spargi d'amaro pianto", Lucia di Lammermoor).
Ma al di là dell'invito e della dichiarazione, il personaggio d'opera può piangere davvero, accortamente inserendo qualche singhiozzo, qualche gemito in un acconcio momento musicale.
Il primo pianto che mi è venuto in mente leggendo il post in realtà è stato "Lascia ch'io pianga" dal "Rinaldo" di Handel. La riascolto sempre volentieri (anche se è difficile trovare interpretazioni veramente degne) e penso a quanta strada si à fatta dalle astrattezze degli affetti barocchi ai sentimenti (borghesi...) delle eroine romantiche.
RispondiEliminaAmmetto di non amare affatto "Lascia ch'io pianga", forse proprio per la ragione che suggerisci tu, e cioè perché le incisioni davvero valide scarseggino....
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