mercoledì 23 ottobre 2013

Una voce poco fa: Nabucco (Bologna, 20 Ottobre 2013)


Domenica ho provato sulla mia pelle che il diavolo non solo ascolta Mozart, ma veste anche Prada. Con ciò, non intendo sostenere che sono arrivata al Comunale con l'idea di fare tendenza, ma semplicemente che mi adeguo alla moda. E, poiché quest'anno la moda impone di adeguarsi a un colore particolare (Verdi) e che intende seguire la più rigida monocromia, noi (pluralia majestatis, perché Aspasia ha dimostrato maggiore resistenza) abbiamo lottato finché abbiamo potuto, ma alla fine ci siamo decisi a cedere. E abbiamo ceduto con tutti i crismi, perché di questo Nabucco, salvo catastrofi, vedrò ancora uno spettacolo la Domenica ventura. Sia ben chiaro, l'abbiamo fatto per voi, per dedicarvi la cronaca dell'ennesima scorribanda bolognese (me lo permetto perché il riferimento al colpevole è più generale che particolare e perché, per buona abitudine, non mi assumo responsabilità ;) ).


Insomma, Nabucco. Va' pensiero sull'ali dorate e ricordami che questa è stata la prima opera che ho ascoltato in un teatro "grande" (guarda tu che razza di debutto!): gli spettacoli a cui avevo assistito in precedenza erano stati eseguiti in periferia che più periferia non si poteva e, pur non essendo esecuzioni di qualità mediocre, la cornice lasciava un pochino a desiderare per il mio ego smisurato.
Poi, un bel mattino, la mia folle professoressa di musica (famosa per i suoi sgargianti orecchini a forma di chiave di violino grandi otto centimetri) si è svegliata con la fantasia di trascinare tutta la (ahimè, svogliata) classe alla rappresentazione del Nabucco al Verdi di Trieste, ma non alla solita anteprima per le scuole: poiché ci avevano ricusato i posti, l'insegnante ci ha spediti ad assistere a una delle rappresentazioni serali. "Perché così" aveva sentenziato, orgogliosa, "faremo capire a quelli del Verdi che quando la nostra scuola vuole qualcosa, la ottiene!"
WOW!
All'epoca in cui il mio orizzonte era limitato a tre autori e tre opere, l'incontro con Nabucco non mi era dispiaciuto affatto... Ma pensate a quali nefaste influenze aveva rischiato di soggiacere la vostra Armida, che a causa di quel primo, vero incontro col mondo dell'opera avrebbe rischiato di scegliersi come nome di battaglia Alzira o Odabella!
Pericolo scampato, ma non sono del tutto sicura di non essere caduta sotto influenze ancor più dannose...


Torniamo al presente e schieriamo le truppe:

Nabucco, Sebastian Catana
Abigaille, Maria Billeri
Zaccaria, Sergey Artamonov
Ismaele, Sergio Escobar
Fenena,Veronica Simeoni
Anna, Elena Borin
Abdallo, Gianluca Floris
Il Gran Sacerdote, Alessandro Guerzoni

Orchestra e Coro del Teatro Comunale
Maestro del coro, Andrea Faidutti
Direttore, Michele Mariotti
Regia, Yoshi Oida, ripresa da Maria Cristina Madau

Per quanto riguarda il protagonista, Rodolfo Giugliani, ho trovato la sua prova valida e interessante, eseguita con una linea elegante e un grande trasporto. Commovente nella preghiera del quarto atto e grandioso il duetto con Abigaille.
Abigaille (Maria Billeri) è stata forse l'elemento del cast che mi ha colpito di più. Devo rilevare alcuni difetti, come gli attacchi non sempre puliti, gli acuti spesso "aggrediti" con eccessiva violenza, e tuttavia a ciò fa compenso un solido registro grave e una piena consapevolezza del personaggio, a cui non ha mancanto di dare spessore anche con la mimica: fierezza, aggressività, non mancava nulla. Il risultato è stato un'Abigaille graffiante e perfettamente arpia, come si è sentito fin dal beffardo Prode guerrier. A ciò ha contrapposto la calma della sua grande scena del secondo atto (Anch'io dischiuso un giorno), che a mio avviso è stato il suo miglior momento, forse grazie anche alla distensione della scena. Il giudizio finale è che, nonostante qualche mancanza, la resa del ruolo impervio di Abigaille è stata più che valida e molto interessante.
Dopo aver dato voce ad Oroveso in Norma in Aprile, torna in un altro ruolo sacerdotale Sergey Artamonov. Ha dipinto uno Zaccaria solenne e autorevole, che non manca di sottolineare le parti più importanti (Il cielo ha punito il vantator). Ottima la Fenena di Veronica Simeoni, già ascoltata in radio la sera precedente e che ha confermato la sua bella prova. Pur in una parte piccola come questa, la Simeoni si è imposta per la bella voce e l'interpretazione sentita; penso soprattutto al breve discorrere con Ismaele all'inizio del primo atto, prima dell'arrivo di Abigaille. L'aria poco prima della fine dell'opera non ha che confermato l'impressione che la cantante ha fatto fin dal suo apparire.
Di Ismaele, altro ritorno dopo Norma, c'è da dire che sia stato un peccato che abbia cantato poco e non possiamo che rilevare la voce bella e grande e l'eleganza del cantato, come avevo già avuto modo di notare in Pollione.
Il direttore è una nostra vecchia conoscenza e, per far piacere ad Aspasia, ricordo che proprio grazie al Nabucco che ha diretto a Parma alcuni anni fa l'allora fanciullo si è imposto alla nostra attenzione grazie a un servizio dell'omino di Loggione (questo è il nome con cui io e Aspasia ci riferiamo al conduttore). Ma non era stato tanto per la direzione che il nostro ci aveva colpito, benché Aspasia non abbia mancato di lodare il Va' pensiero, ma per aver lanciato la parola quanto meno bistrattata "tracotanza" in un servizio che andava in onda alle nove di mattina. Un bel colpo, non potevamo che prenderlo in istantanea simpatia.
Oggi sono in vena di nostalgie, dovete perdonarmi. Sarà l'aria cupa che abbiamo qui da una settimana a questa parte. Per tornare allo spettacolo di Domenica, ecco le mie impressioni. Direi che la direzione ha fedelmente sostenuto i cantanti e che le scelte in generale mi siano parse azzeccate, benché ogni tanto spuntasse qualche fiato un po' troppo accentuato, ma nulla che abbia compresso il complesso. Magistrale l'esecuzione finissima del Va' pensiero, giustamente applaudito e giustamente replicato (con sgomento di Zaccaria, preso in contropiede da un bis che non si aspettava).
La regia, le scene e i costumi... Beh. Per lanciare una battuta, non c'è niente da dire. Rilevo che i costumi di Assiri ed Ebrei, che si differenziavano solo per una striscia rossa i primi, azzurra i secondi, mi hanno dato subito l'idea di pedine degli scacchi poco elaborate e che la scena si componeva di alcune gradinate in cui si muoveva il coro e uno spazio libero davanti per i solisti. Fine. Non ho trovato grandi idee, fuorché il "colpo di scena" del fulmine che colpisce l'empio Nabucco, reso con la luce puntata dritta sugli spettatori della platea (immagino la loro gioia). Una resa povera, insomma. O almeno, così mi è parso dal posto laterale da cui osservavo la scena, quindi forse mi sono sfuggiti alcuni dettagli (non vedevo per metà il fondale su cui dovevano essersi delle proiezioni). Eventualmente, rettificherò o preciserò meglio il giudizio dopo aver assistito alla replica di Domenica prossima, in cui avrò un posto centrale.

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