lunedì 21 novembre 2016

Parola... parolissima!: Concertato

Quando compare in una composizione, è sempre uno dei pezzi che attendo con maggior trepidazione: il concertato.




Se l'introduzione del termine nelle partiture si deve, probabilmente, a Meyerbeer, in concertato in quanto forma musicale si trova già nelle nelle grandi opere classico/romantiche precedenti, ma spesso con la denominazione di "finale".
Finale era la parola d'uso con la specificazione del numero di voci e talvolta dell'andamento, a cui seguiva una stretta fornita dello stesso numero di voci, ma certo di un andamento diverso.
Il concertato dell'800 riproduceva fedelmente il fortunato modello dell'aria bipartita: scena d'introduzione, sezione A cantabile, scena di raccordo, sezione B veloce e conclusiva. La differenza era che i personaggi erano molti, anche il cast completo, se la drammaturgia lo permetteva, e spesso interveniva anche il coro, e tutti assieme, in forma concertata, appunto, si univano nella stretta, di solito travolgente che portava l'atto alla conclusione in un vertice di intensità drammatica.   
Come tutte le forme chiuse, il concertato decade alla fine dell'800 e nel '900 sarà libero e fortuito, anche se la scena d'assieme non potrà mai mancare dall'opera.




  

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