sabato 7 dicembre 2013

Il Grammofono: Traviata, dalla Russia con pallore

Inizio dalla fine, i fischi e i "buuu" sacrosanti con cui è stata battezzata questa regia. Sì, perché Dmitri Tcherniakov, alla sua uscita alla ribalta a fine spettacolo, è stato investito da delle sacrosante (a mio avviso) manifestazioni di dissenso da parte del pubblico. Cosa ha fatto di male? Beh, questo allestimento è stato caratterizzato dalle idee, si trattasse di idee bislacche, o dalla mancanza delle stesse. Idee che si possono riassumere con una sola parola: pallore.


La festa del primo atto è qualcosa di già visto, una baraonda. Violetta fin dalle prime battute non pare la solita Violetta: pare una caricatura. Sembra che voglia a tutti i costi ostentare la sua disinvoltura e il suo essere l'anima della festa. Lo fa con mossette e gesti plateali che si porterà avanti per tutto lo spettacolo. Alla fine pare di trovarsi di fronte ad un incrocio tra Norina e Santuzza, guardando questa Violetta.
Il finale del primo atto vede Annina in scena con Violetta e sembra che tra le due si stia svolgendo un dialogo, anche se noi sentiamo solo la voce della protagonista. Ecco. Questa poteva essere l'unica idea interessante della serata, anche alla luce della valrizzazione che il ruolo di Annina ottiene, ma la messa in pratica è quantomeno discutibile, perché Violetta pare invasata (o drogata...) e Annina non interagisce poi molto con lei.
Il primo quadro del secondo atto mi ha fatto cadere le braccia. Speravate in un grazioso giardino e in una villa di campagna? Dimenticatevelo. La scena si svolge in un agriturismo. Vediamo addirittura il povero Alfredo intento a stendere la pasta fatta in casa e a tagliare zucchine. E io che pensavo di aver visto tutto, quando a Kaufmann fecero aggiustare un tagliaerba in questa scena...
La seconda parte, col ritorno a Parigi, dovrebbe mostrarci uno stacco evidente tra la "misera" vita di campagna e il lusso della città, invece questo manca, perché la casa di Flora non è particolarmente sfarzosa, anzi, appare vuota, salvo un tavolo e qualche poltrona. Ah sì, Alfredo lancia in aria i soldi: avanguardia pura!
Il terzo atto si svolge in una stanza vuota (noooo! mai visto!) con una sedia al centro. Violetta si avvolge ripetutamente in un piumone. No. Non su un letto. A terra. Dove si rotola tra bottiglie, vetri infranti e polveri imprecisate. Poi arriva Alfredo, che non si capisce bene se è lì di sua volontà o se lo hanno obbligato. Evita il più possibile il contato fisico con Violetta, che invece lo cerca, e ad un certo punto guarda pure l'orologio con apparente impazienza. E dove muore Violetta? A terra? No, banale. Muore sulla sedia! 

Tutte queste trovate si traducono, per me, in una sola parola: noia. Ormai sapete che non amo Traviata, ma arrivare ad annoiarmi durante una sua rappresentazione non mi era ancora mai capitato. E' stata una Traviata pallida, non solo per la solita tisi, ma anche a causa di uno spettacolo pallido; brutto, ma nemmeno così carico di brutte idee da attirare l'attenzione.  

Passiamo ora alla musica.
Daniele Gatti mi è parso a corto di idee. Non ci sono guizzi, non ci sono sussulti. Qualche tempo un filino più lento o più rapido della tradizione in alcuni frangenti, ma per il resto niente di rilevante. Anzi, in alcuni casi si perde pure per strada i cantanti... Aggiungo una piccola nota personale (di quelle che mi piacciono tanto). Ma Gatti, vista l'importanza dell'occasione, non poteva fare lo sforzo di farsi la barba?
Il coro non entusiasma. Pur non commettendo errori clamorosi, pare privo di mordente. Un peccato, perché dovrebbero essere proprio i momenti corali a "movimentare" la situazione.
Passando ai solisti, Željko Lučić possiede un timbro che io amo molto e, pur con qualche imperfezione, riesce a tratteggiare un Giorgio Germont credibile: signorile quanto serve, paterno, inflessibile e infine pentito. Peccato per l'orrendo completo gessato azzurrino dei primi due atti: sembrava in pigiama.
Diana Damrau è stata la trionfatrice della serata. La voce, bella e presente in tutti i registri, pare adattissima al complesso ruolo di Violetta. Quando poi, soprattutto nell'ultimo atto, riesce a cantare la Traviata di Verdi, e non quella di Tcherniakov, può anche conferire la giusta intensità al personaggio.
Alla luce di questa considerazione si capisce perché il suo Addio del passato sia stato più "efficace" del Sempre libera in cui, visto che lei nasce come soprano leggero, ci sia aspettava di trovare l'apice della sua prestazione. Questo invece non è avvenuto proprio perché la regia, imponendole un'atteggiamento sopra le righe, l'ha portata anche fuori strada dal punto di vista dell'interpretazione vocale. Un peccato, perché l'esecuzione era stata di livello, salvo il mi bemolle finale, preso maluccio e chiuso fisso e non perfettamente intonato. Tremendo il costume marrone dell'inizio secondo atto e la parrucca bionda che indossa per la festa. Poverina... Molto sentito il duetto con Germont padre, dove evita il rischio di replicare scene da Rigoletto/Gilda, che pur ha già cantato in diverse occasioni, proprio con Lucic. 
Serata no per Piotr Beczala, che di solito è un tenore valido ed affidabile. Fin dal primo atto la voce pare poco a fuoco, opaca e con problemi d'intonazione. Nel secondo inizia benino De' miei bollenti spiriti, ma rovina tutto con una cadenza sciagurata nella cabaletta (dove l'orchestra suona come se si stesse eseguendo la Pira), che conclude senza la puntatura acuta. Nel terzo atto fa il suo, ma senza brillare. Per lui alla fine sono stati fischi. Sono dispiaciuta, perché conosco il valore di questo cantante, ma devo dire che erano meritati: un tenore così noto che canta così ad una prima alla Scala DEVE essere fischiato. Detto questo, mi auguro che si riprenda e che trionfi nelle prossime recite.
Comprimari validi, salvo Flora, che sarebbe da abbattere non appena apre bocca e Gastone, che era un po' troppo manierato per i mie gusti (ma cantava bene).
Menzione a parte per l'Annina di Mara Zampieri, chiamata qui a fare un cammeo di lusso in questa particina. Il regista le fa fare... ehm... partiamo dal fatto che pone Annina più in evidenza del solito, lasciandola in scena anche in momenti in cui, solitamente, non c'è. A tratti sembra un'Annina normale. In altri pare una macchietta, a momenti guarda Violetta inebetita, in altri sembra una nonna che guarda condiscendente un nipotino che racconta storielle strampalate. Il tutto conciata con palandrane che la fanno sembrare un incrocio tra Vanna Marchi e il mago Otelma...

Chiudo con due parole sulla Rai. L'audio era INASCOLTABILE! Ci sono registrazioni pirata degli anni '50 che si sentono infinitamente meglio! A tratti le voci sembravano sdoppiate, come se si sentisse un eco. E il video... A tratti faceva venire il mal di mare. Non si può...

Avendo deciso di proporvi una recensione quasi in tempo reale, mi scuso per eventuali errori e dimenticanze, che mi riservo di correggere anche dopo la pubblicazione. Lo stesso vale per il corredo di immaginei. Al momento della pubblicazione non sono disponibili in rete fotografie dalla prima. Le aggiungerò non appena troverò qualcosa di mio gusto.

Poi un giorno qualcuno mi spiegherà perché tutti vanno matti per Traviata...

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