sabato 8 dicembre 2012

Il grammofono: Lo Hobbit... ehm... Lohengrin

Apriamo con una nota di colore (perché oggi mi manca la fantasia e temo che questa recensione sarà noiosa come poche, quindi cercherò di essere breve... Chissà se ci riuscirò...):  a metà primo atto, la cara Armida mi ha spedito il seguente sms: "pensa che strano vedere un'opera in diretta sulla rai. Per quello nevica!" (aggiornamento meteo, Casa Aspasia e dintorni sono ricoperti da un soffice strato di neve fresca e non sembra che la nevicata dia segno di volersi fermare a breve: le magie dell'opera).




Prima di tutto vi spiego il titolo del post, altrimenti pensate che io sia del tutto suonata (che poi sarebbe anche vero, ma ancora mi sforzo di salvare le apparenze e fingo di essere una persona vagamente sensata). Chi ha un minimo di dimestichezza con Tolkien (in questo caso basta aver visto i film, però i libri sono sempre meglio) sa che gli Hobbit se ne vanno in giro sempre scalzi. Ecco. Io, vedendo Kaufmann scalzo per tre quarti d'opera, non ho potuto fare a meno di pensare a queste simpatiche creature (inoltre la presenza di Quirino Principe, noto per aver curato l'edizione italiana del Signore degli anelli, non ha fatto altro che ricordarmi quest'immagine). Che poi l'idea di ambientare Lohengrin nella Terra di Mezzo non sarebbe neanche male (se qualche regista passa di qui e mi copia l'idea, pretendo che mi paghi i diritti!!!): Lohengrin che arriva dalla bucolica contea nelle terre degli uomini straziate dal conflitto, salva una donzella in pericolo... No. Manca l'anello. Guth e compagnia si sono accontentati del protagonista scalzo.
Vi dirò. Visto come sono stata traumatizzata dal signor Guth qualche anno or sono a Salisburgo, temevo peggio. Ok. Ha cambiato l'epoca in cui si svolge l'azione. Non sia mai che si dia ragione a quell'imbecille del librettista (che, in questo caso, è anche quell'imbecille di compositore), che notoriamente non capisce che ha ambientato la storia in questione negli anni sbagliati, di far svolgere l'azione nell'epoca prevista. Però almeno la vicenda è stata rispettata (correggetemi se mi è sfuggito qualcosa). Certo, questa Elsa nevrotica non è proprio il massimo (ho capito che, secondo Guth, ha subito un trauma infantile, ma allora Lohengrin non si innamora di lei, gli fa solo pena)... Anche questo Lohengrin depresso e un po' sfigato non mi va tanto a genio. Lohengrin è un eroe, arriva da Elsa come un salvatore. Farlo comparire in scena disteso in posizione fetale, spalle al pubblico, è assurdo (a meno che l'obiettivo non fosse dare il maggior risalto possibile al fondoschiena di Herr Kaufmann (un attimo, quello dei sederi, possibilmente all'aria, non era Bieito?). Ma il massimo, a mio avviso, è stato il terzo atto. Vediamo un laghetto in mezzo ad un campo di grano e un bel pontile. Sul suddetto pontile troviamo i due neosposini. E, pensate un pò, Lohengrin è scalzo, con i pantaloni arrotolati al ginocchio, e le eroiche zampe in ammollo nelle acque del laghetto. Da oggi per me questa scena sarà "la scena del pediluvio.
E poi abbiamo i classici che il nostro regista si propone sempre: delle scale, dei doppi (quei due bambini che ogni tanto comparivano; presumo siano dei doppi di Lohengrin ed Elsa), e un ragazzino che si aggira per la scena (questa volto munito di ala, perché abbiamo fatto a meno del cigno, ma non si può rinunciare alle piume).
Quindi, se qualcuno di voi avesse ancora dei dubbi, no, questo allestimento non mi è piaciuto. Mancava quell'aura di epica che dovrebbe rivestire questa storia cavalleresca. Ho visto di peggio, molto peggio, e da Guth mi aspettavo ben altri orrori, ma non in una sola occasione ho pensato "bello".
Veniamo ora alla musica, che è meglio.
Purtroppo Sant'Ambrogio è in dicembre. Questo significa che il rischio che qualcuno dei solisti sia colpito da un malanno di stagione è tutt'altro che remoto.
Quest'anno è stata la povera Elsa, già piena di disgrazie di suo, a farne le spese. Anja Harteros salta l'anteprima giovani lasciando la scena ad Ann Petersen. La Harteros non si riprende in tempo nemmeno per la sera della prima e... colpo di scena! Anche la Petersen si ammala (cos'è? Un virus che ama i soprani?). Due Else su due fuori gioco. Cosa fare? La sera del 6 si fa arrivare di corsa da casa sua l'Elsa numero tre: Annette Dasch.
Pensare di criticare una arrivata a Milano neanche 24 ore prima di andare in scena è peggio che sparare sulla croce rossa (o sul presepio, come diceva il mio professore di filosofia del liceo). Ma siccome io sono una blogger diabolica, qualche parolina vorrei spenderla, e quindi vi dico che, se non ha fatto un miracolo, poco ci manca. Certo, si è notata qualche nota fissa e in certi casi l'intonazione non era ineccepibile, ma ha portato a casa la recita con onore, mettendo in mostra un buon fraseggio e una caratterizzazione del personaggio rifinita (certo, la regia la fa sembrare un'isterica, ma la colpa non è sua).
Al suo fianco, come Lohengrin, abbiamo la star della serata, Jonas Kaufmann. La stella ha brillato, eccome! La voce è bella, rotonda, calda e il tenore tedesco la usa con maestria al fine di tratteggiare un personaggio complesso ed affascinate. Elegante nella sortita, coinvolgente nel duetto del terzo atto col Elsa, solenne e fiero in In fernem Land (anche se la direzione, a mio avviso, non l'ha aiutato nel rendere al meglio l'epicità del momento), toccante in Mein lieber Schwan. A questo si aggiunge l'essere un attore del tutto calato nella parte e un fraseggiatore sempre vario ed intenso. Cosa chiedere di meglio? Qualcuno potrebbe obiettare che qualche volta la voce andava indietro o che qualche piano pareva falsetteggiante ma, nel contesto generale di una prestazione, a mio avviso, semplicemente fantastica, chi se ne frega!
Interessante la Ortrud di Evelyn Herlitzius, "strega" quanto basta, ma anche perfida e insinuante. Bisogna dire però che ogni tanto la voce balla, qualche volta il forte diventa un grido e che il legato non è propriamente il suo forte. Prestazione comunque più che positiva, giustamente apprezzata dal pubblico in sala.
Non mi ha convinto il Telramund di Tómas Tómasson. Se la cava nel primo atto, ma cola a picco nel secondo. Peccato, perché come personaggio c'eravamo, e aveva anche la faccia da "cattivo", ma non si può crollare in quel modo...
Molto buono l'Heinrich di René Pape, che ha il giusto contegno nobile, fraseggia con gusto e si muove bene in scena. Peccato solo per qualche acuto troppo "duro", ma niente di grave.
Anche Zeljko Lucic (Araldo del Re) fa un'ottima figura.
Su ottimi livelli il coro preparato dal Bruno Casoni, mentre l'orchestra non è stata perfetta, con qualche magagna nella sezione dei fiati. Non sono entusiasta della direzione di Daniel Barenboim. A parte il preludio del terzo atto, è mancata l'ispirazione.
E così concludiamo la nostra disamina dell'inaugurazione della stagione 2012/13 del teatro alla Scala, non prima di avervi reso partecipi della notizia che il titolo inaugurale del prossimo anno sarà.... TRAVIATA! (e adesso vado a buttarmi dalla finestra, tanto cado sulla neve...)

Ps. Per chi volesse leggere il parere di qualcuno che Wagner lo mastica decisamente di più e meglio di me, vi consiglio di passare da Amfortas

5 commenti:

  1. Oh là, ottimo...finito tardi di scrivere :D Comunque, Kaufmann, come lo metti lo metti, fa la sua porca figura!!!!! Commento tecnico ;)

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    1. Quanto e' vero....Sottoscrivo! Certo questa regia ha i suoi limiti, soprattutto se la immagini con un tenore brutto, grasso, e magari modesto attore. Ve le immaginate le convulsioni a terra?
      Ma grazie a Dio ieri sera c'era il Signor Kaufmann, che come sempre mi ha resa felice.Il terzo atto a dire poco meraviglioso! Anche il Signor Pape mi piace molto (sempre molto adatto a fare il re o l'imperatore, o giu' di li'.)In buona sostanza pero' ci terrei a dire che la regia di Carsen dell'anno scorso mi era sembrato un freddo esercizio di stile, mentre quest'anno regnava l'emozione, magari a volte un po' a sproposito....ma non sempre.
      Ciao! Un caro saluto.
      Irina

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  2. Ringrazio per la citazione [ :) ] e sottoscrivo in pieno la recensione (anche se mi manca una parte di spettacolo per interferenze domestiche, ma sono comunque riuscita a farmi un'idea).

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